Piero Negri per “la Stampa”
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È la tarda adolescenza o sono gli Anni 80? Per me è difficile rispondere, perché i due fenomeni nella mia esperienza coincisero perfettamente e quasi perfettamente coincidono con ciò che racconta la quarta stagione di Stranger Things, disponibile su Netflix da fine maggio.
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Quel che è certo, però, è che chi oggi ha circa 50 anni e segue la serie horror-sentimentale, vi troverà una rappresentazione di quel tempo così precisa da risultare commovente (il che, per inciso, avviene anche nella prima metà del film di Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio, ma in questo caso siamo nella provincia americana, luogo dell'immaginario che in quell'epoca abbiamo abitato tutti): è la primavera del 1986, un gruppo di liceali deve combattere un terrificante demonio che sceglie la sue vittime tra i ragazzi più soli e tormentati - ma chi non lo è, in un modo o nell'altro, a quell'età? - nell'atmosfera a metà strada tra un romanzo di Stephen King e Stand by Me, il film, peraltro tratto da un racconto di King.
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Non ci sono gli smartphone, ovviamente, ma ci sono i primi personal computer, c'è un po' di tv e c'è il mondo prima dell'egemonia dei marchi da centro commerciale, quando il negozio che noleggia le VHS non è ancora un Blockbuster. Ci sono soprattutto le canzoni. Ce n'erano di più nelle prime stagioni, che avevano però anche più episodi: 153 nella prima, 140 nella seconda, 183 nella terza. Questa volta sono solo 62, ma sono il centro della storia.
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Le canzoni servono a caratterizzare i personaggi: il metallaro Eddie, un ribelle dal cuore d'oro, appare sulle note I was a Teenage Werewolf del gruppo psychobilly The Cramps, i campioncini del basket che gli daranno la caccia sono accompagnati dalla perturbante Psycho Killer dei Talking Heads, la scena cruciale del secondo episodio alla pista di pattinaggio si compie sulla tripletta di successoni usciti nell'85 You Spin Me Round dei Dead or Alive, Rock Me Amadeus di Falco, Tarzan Boy dei Baltimora.
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Che è l'unico brano della colonna sonora composto in Italia o comunque da un italiano, Maurizio Bassi, che poi scriverà per e con Eros Ramazzotti ed Enzo Jannacci, fulgido esempio di quel pop da ballare che in quegli anni esportavamo un po' ovunque. Il fatto è che le canzoni sono al centro della narrazione. Salvano la vita, non diremo come, per non turbare le aspettative di chi deve ancora seguire la serie, e la condannano. Soprattutto, la salvano. La scena più poetica di Stranger Things 4 ha a che fare con una canzone ascoltata al walkman che strappa una ragazza alla solitudine della morte e la riporta sulla terra, tra gli amici. La più spaventosa con una canzone alla radio che non si può ascoltare, viene interrotta, gracchia.
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La prima è Running Up That Hill, che la sua autrice, Kate Bush, ha sempre chiamato A Deal with God, «Un patto con Dio». Quando uscì, nel 1985, le fu chiesto di cambiare titolo perché si riteneva che menzionare Dio così apertamente potesse nuocere al suo successo. Il patto con Dio invocato dal testo è quello che permetterebbe a un uomo e una donna di scambiarsi i punti di vista in una relazione, in modo da comprendere di più e meglio le ragioni dell'altro/a. Tema di eterna attualità, che in una storia di adolescenti acquista il senso dell'uscita da se stessi e del sentirsi parte di una comunità, o almeno di un gruppo di amici con cui condividere il dolore e la difficoltà di crescere, che poi è ciò di cui sono fatti i fantasmi di Stranger Things.
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Dream a Little Dream of Me, qui nella versione in duetto di Ella Fitzgerald e Louis Armstrong, è l'inno di una felicità familiare e sentimentale che si rivelerà impossibile. La canzone fu scritta nel 1931, fu rilanciata da una cover dei Mamas and Papas nel 1968, è stata reinterpretata decine, forse centinaia di volte, anche da Louis Jordan, Nat King Cole, Doris Day, Sylvie Vartan, Henry Mancini, Beautiful South, Erasure, Michael Bublé, Eddie Vedder.
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Forse la più grande invenzione di Stranger Things è proprio questa, la rievocazione di un'epoca in cui sulle canzoni ci si divideva ma anche ci si univa: Tarzan Boy o Rock Me Amadeus rimandano a quel tempo anche chi non ha mai neppure lontanamente immaginato di poter acquistare il 45 giri.
Quando il walkman, demonizzato come strumento di sicuro e irreparabile isolamento, diventava invece un mezzo di definizione di sé (potevi finalmente portare ovunque la musica che amavi) e di comunicazione.
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Un'epoca finita, di cui però sembra esserci una certa nostalgia, se Running Up That Hill, che ha quasi 40 anni, grazie a Stranger Things 4 è oggi una delle più ascoltate nel mondo. «Sono felicissima», ha scritto Kate Bush sui social. «Grazie a tutti quelli che hanno amato la canzone e ai più giovani che le stanno dando nuova vita. Attendo con impazienza la seconda parte della stagione di Stranger Things 4, che uscirà a luglio».
piero negri
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