PAOLO BECCHI GIUSEPPE PALMA DEMOCRAZIA IN QUARANTENA PAOLO BECCHI
Gli eccessi di mortalità non sono un inedito in Italia
Testo di Paolo Becchi e Giovanni Maria Leotta. Un estratto è stato pubblicato su ''Libero Quotidiano'', questa la versione integrale
È vero che l’eccesso di mortalità del 2020 è un caso assolutamente eccezionale e inedito, mai avvenuto nella storia recente del nostro paese? Analizzando i dati disponibili proviamo a capire cosa è successo.
Il 4 giugno l’ISTAT ha rilasciato un poderoso dataset contenente i dati provvisori dei decessi avvenuti dal 1° gennaio al 30 aprile del 2020 in 7.270 comuni italiani: si tratta del 92% dei comuni, con una rappresentatività del 93,5% della popolazione residente. I dati sono stati confrontati con i decessi avvenuti, negli stessi comuni e durante gli stessi mesi, negli anni 2015-2019.
- GENNAIO
Il mese di gennaio 2020 ha segnato, a livello nazionale, un significativo decremento di mortalità del -9,73%, rispetto al valore medio degli anni 2015-2019: in tutte le Regioni italiane il dato dei decessi di gennaio 2020 è stato inferiore alla media. In particolare, in 17 Regioni il decremento è stato particolarmente evidente (Molise: -18,88%; Liguria: -17,47%; Valle d’Aosta: -17,37%; Piemonte: -15,03%; Basilicata: -13%; Umbria: -12,11%; Lombardia: -12,02%; Toscana: -10,74%; Emilia-Romagna -10,32%, Lazio: -9,98%; Abruzzo: -8,94%; Marche: -8,73% Trentino-Alto Adige: -8,64%; Calabria: -7,97%; Campania: -7,53%; Puglia: -7,35; Sicilia: -7,31%;), nelle restanti 3, invece, il decremento è stato modesto o minimo (Veneto: -4,83%; Friuli-Venezia Giulia: -2,36%; Sardegna: -2,04%).
Per trovare un decremento simile (ma comunque inferiore) a livello nazionale per il mese di gennaio bisogna tornare indietro nel tempo fino al 2010, anno nel quale il numero di decessi registrati nel primo mese dell’anno aveva rappresentato una variazione del -7,63% rispetto al valore medio degli anni 2005-2009. Anche il mese di gennaio 2011 era stato relativamente “clemente”, con una variazione del -2,81% rispetto al valore medio degli anni 2011-2015. Viceversa, i mesi di gennaio degli anni 2012, 2015 e 2017 avevano visto, rispettivamente, un incremento del 7,59%, del 20% e del 25,58% rispetto alla media dei decessi avvenuti, nello stesso mese, nei cinque anni precedenti.
- FEBBRAIO
Anche il mese di febbraio 2020 ha fatto registrare (in misura più ridotta) un nuovo decremento di mortalità, con una flessione del -3,28% rispetto alla media. In quasi tutto il paese la mortalità è calata: alcune Regioni hanno avuto un decremento superiore al valore medio nazionale (Liguria: -10,13%; Sicilia: -7,13%; Molise: -6,88%; Lazio: -6,25%; Friuli-Venezia Giulia: -5,93%; Calabria: -5,76%; Toscana: -5,22%; Piemonte: -4,75% e Umbria: -4,68%), mentre in 3 regioni la mortalità è aumentata (Trentino-Alto Adige: 7,34%; Basilicata: 5,72%; e Abruzzo: 0,76%).
Il decremento di febbraio 2020 rappresenta un valore simile, seppur inferiore, rispetto a quello che si era verificato nel mese di febbraio 2014, il cui numero di decessi rappresentava una variazione del -5,05% rispetto alla media dei decessi degli anni 2009-2013. Anche febbraio 2016 faceva registrare una variazione del -4,73% rispetto alla media degli anni 2011-2015.Viceversa, i mesi di febbraio degli anni 2012, 2015 e 2019 avevano visto un incremento, rispettivamente, del 22,6%, 13,09% e del 8,15% rispetto alla media dei decessi (per lo stesso mese) dei 5 anni precedenti.
- I BIMESTRE
A livello di I bimestre, l’anno in corso presenta a livello nazionale un decremento del -6,78% rispetto al valore medio degli anni 2015-2019, con una variazione negativa in tutte le Regioni italiane e flessioni particolarmente evidenti in alcune di esse (Liguria: -14,11%; Molise: -13,65%; Piemonte: -10,3%; Valle d’Aosta: -9,4%; Umbria: -8,76%; Lazio: -8,3%; Toscana; -8,22%; Sicilia: -7,23%; Calabria: -6,96%; Lombardia: -6,86; Emilia-Romagna: -6,38%).
- MARZO
Il mese di marzo 2020 presenta, invece, a livello nazionale, un eccesso di mortalità del 48,55% sulla media 2015-2019. Il terzo mese dell’anno 2015 aveva proposto un incremento di mortalità del 9,92% rispetto al valore medio 2010-2014 – con picchi anche del 19,58% in Valle d’Aosta, del 15,96% in Trentino-Alto Adige, del 13,4% in Calabria e del 13,23% in Basilicata – ma sono valori che non si avvicinano ai picchi di incremento che si sono, invece, verificati nell’anno corrente: 188,11% (Lombardia); 70,97% (Emilia-Romagna); 69,49% (Trentino-Alto Adige); 60,95% (Valle d’Aosta); 54,26% (Liguria); 51,58% (Piemonte). Alcune Regioni, in controtendenza, hanno presentato un decremento di mortalità anche per il mese di marzo (Lazio: -5,38%; Basilicata: -4,87%; e Sicilia: -0,74%) o un incremento minimo, o moderato (Campania: 0,47%; Calabria: 2,82%; Molise: 3,96%; Umbria: 7,43%).
Un valore che si avvicina all’eccesso di mortalità di marzo 2020 – ma non ai picchi di Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Liguria – è quello che si verificò a gennaio 2017: quel mese registrò, in 19 regioni italiane (su 20, a eccezione della Puglia), un eccesso di mortalità non modesto rispetto alla media dei decessi di gennaio 2012-2016, dal 15,77% della Basilicata al 45,88% del Molise.
- I TRIMESTRE
Prendendo in esame il I trimestre del 2020 riscontriamo che a livello nazionale l’eccesso di mortalità propone un incremento del 10,73% rispetto alla media dei decessi degli anni 2015-2019. Per 12 Regioni il valore dei decessi è percentualmente calato, o ha avuto un aumento poco significativo (Sardegna: 3,36%; Friuli-Venezia Giulia: 1,80%; Abruzzo: 1,29%; Puglia: 0,05%; Toscana: -1,30%; Campania: -3,30%; Umbria: -3,53%; Calabria: -3,85%; Basilicata: -4,42%; Sicilia: -5,14%; Lazio: -7,38%; Molise: -8,03%). Per 3 Regioni l’incremento è stato compreso tra il 5% e il 10% (Piemonte: 8,99%; Liguria: 7,53%; Veneto: 5,32%), mentre per 5 Regioni l’incremento è stato superiore al 10% (Lombardia: 53,84%; Trentino-Alto Adige: 21,34%; Emilia-Romagna: 18,41%; Valle d'Aosta: 13,02%; Marche: 11,92%).
Tale incremento di mortalità su base trimestrale non rappresenta un valore che non si sia già verificato nell’arco degli ultimi anni. Osservando le serie storiche dell’Istat sui decessi avvenuti nell’ultimo ventennio da gennaio a marzo in Italia si nota che il presentarsi, su scala nazionale, di un eccesso di mortalità anche superiore al 10% rispetto alla media degli anni precedenti non è un inedito: valori simili, e anche superiori, sono già occorsi diverse volte negli ultimi anni.
Se si confronta il dato dei decessi del I trimestre del 2015 con la media dei decessi del I trimestre degli anni 2010-2014 si nota un incremento del 14,41% e se si confronta il valore del I trimestre 2012 con la media degli anni 2007-2011 l’incremento è del 12,79%. Il I trimestre 2017, a sua volta, ha presentato un incremento dell’8,77% rispetto al valore medio degli anni 2012-2016.
- APRILE
Considerando la mortalità del mese di aprile 2020 si nota, a livello nazionale, un incremento del 33,64%. 7 Regioni, tuttavia, hanno segnato una variazione negativa, con percentuali anche significative (Molise: -10,58%, Lazio: -8,34%, Sicilia: -4,17%, Campania: -3,89% e Umbria: -3,59%), o un incremento minimo (Calabria: 0,88% e Basilicata: 1,69%). 2 Regioni hanno avuto un incremento dal 5 al 10% (Sardegna: 6,56% e Abruzzo: 9,17%), 5 Regioni un incremento dal 12 al 32% (Puglia: 11,89%, Friuli-Venezia Giulia: 16,58%, Toscana: 17,26%, Veneto: 28,4% e Marche: 32,41%) e 6 Regioni un incremento superiore al 50% (Emilia-Romagna: 51,52%, Piemonte: 56,26%, Liguria: 58,39%, Trentino-Alto Adige: 70,63%; Valle d’Aosta: 71,53% e Lombardia: 107,49%)
- I QUADRIMESTRE
Confrontando i dati dei decessi del I quadrimestre pubblicati per l’anno in corso con la media di quelli avvenuti negli ultimi 5 anni si riscontra un incremento di mortalità, a livello nazionale, del 15,77%. Per 7 Regioni il numero di decessi del I quadrimestre del 2020 è stato inferiore rispetto al valore medio degli anni 2015-2019 (Molise: -8,6%, Lazio: -7,59%, Sicilia: -4,93%, Umbria: -3,55%, Campania: -3,43%, Basilicata: -3,05% e Calabria: - 2,8%) e per altre 5 l’incremento è arrivato fino al 5% (Puglia: 2,66%, Toscana: 2,8%, Abruzzo: 3,01%, Sardegna: 4,08%, Friuli-Venezia Giulia: 5,03%). 8 Regioni hanno, invece, avuto un incremento superiore al 10% (Veneto: 10,43%; Marche: 16,45%; Liguria: 18,78%; Piemonte: 19,29%; Emilia-Romagna: 25,68%; Valle d’Aosta: 26,01%; Trentino-Alto Adige: 32,35%; Lombardia: 65,62%).
Alla luce dei dati proposti si possono proporre alcune considerazioni, mentre lo stesso Sergio Venturi, ex Commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus per la Regione Emilia-Romagna ha recentemente affermato che non riproporrebbe il lockdown completo, così come, invece, è stato fatto (cfr. https://www.ilrestodelcarlino.it/cronaca/coronavirus-1.5191404). Appare, infatti, più che doveroso domandarsi se la chiusura completa del paese (e il suo protrarsi per 55 giorni, dal 10 marzo al 4 maggio) per tutte le Regioni e per oltre 60,2 milioni di abitanti, senza alcuna differenziazione territoriale che rispecchiasse la realtà epidemiologica locale, sia stata proporzionata rispetto alla situazione del contagio o se non abbia, piuttosto, determinato una sproporzionata e, pertanto, ingiustificabile “ingessatura” dell’intero paese, con future pesantissime ripercussioni a livello economico.
Dai dati a disposizione sulla mortalità si può osservare che, a livello nazionale, ciò che è avvenuto in Italia nel II bimestre del 2020 sembra costituire un concentrato (sia a livello di periodo temporale sia in termini di localizzazione territoriale del fenomeno) di ciò che in altre occasioni si è presentato distribuito su tutto il territorio nazionale e in maniera diluita su un periodo temporale più esteso.
In particolare, sembra che nel 2020 si sia condensato in poche settimane e in 8 Regioni (di cui 7 nella parte settentrionale del paese) qualcosa di simile a ciò che è avvenuto nel 2015, ma in un quadrimestre e in maniera distribuita su tutto il territorio nazionale. Il 2015, infatti, ha avuto un esubero di oltre 29.000 decessi nei primi quattro mesi dell’anno, rispetto alla media degli anni 2010-2014: in quell’anno, in tutte le Regioni italiane, per ben quattro mesi consecutivi, c’è stato un livello di mortalità significativamente superiore rispetto alla media dei decessi mensili dei cinque anni precedenti: gennaio, 20% (32,89% in Molise); febbraio, 13,09% (23,48% in Valle d’Aosta); marzo, 9,92% (19,58% in Valle d’Aosta); aprile, 10,56% (34,94% in Valle d’Aosta).
Il dato aggregato, a livello nazionale, della mortalità del I quadrimestre del 2015 ha, così, rappresentato un incremento del 13,54% rispetto alla media dei 5 anni precedenti: si tratta di un valore, in verità, non molto dissimile da quello del I quadrimestre 2020 (15,77%).
In conclusione, se si osserva (v. grafici) l’andamento dei decessi in Italia negli ultimi anni a livello di I quadrimestre (ma anche a livello annuale) si può affermare che, a fianco a un oggettivo trend di crescita della mortalità (che si evince dalla crescente percentuale di decessi nel periodo gennaio-aprile rispetto alla popolazione residente al 1° gennaio di ciascun anno), si riscontra una ciclicità di picchi di mortalità che si sono già verificati nei primi quattro mesi degli anni 2005 (8,67% rispetto all’anno precedente), 2012 (+9,77%, rispetto al 2007-2011), 2015 (+13,54% rispetto al 2010-2014), e 2017 (+7,1%, rispetto al 2012-2016). Tale picco si è tristemente verificato, in maniera evidente, anche quest’anno. Ed è più che verosimile che si potrà verificare nuovamente, in futuro.
In previsione di quando (e non di se) ciò accadrà, per evitare di chiudere nuovamente l’intero paese in maniera indiscriminata per mesi e assumere gravose misure sospensive o derogatorie dei più preziosi diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione italiana, sarà opportuno, e maggiormente proficuo, approntare delle misure organizzative e sanitarie in grado di far fronte a un evento luttuoso ricorrente, e non inedito nella storia del nostro paese.
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