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Per la prima volta riconosciuta in Italia l'adozione di minori all'estero da parte di una coppia di uomini. «Il Tribunale per i minorenni di Firenze con decreto pubblicato ieri, ha accolto la richiesta di riconoscimento dell'adozione di due bambini, tra loro fratelli, pronunciata da parte di una Corte britannica a favore di una coppia di uomini». Lo rende noto Rete Lenford - Avvocatura per i diritti Lgbt.
I due papà, entrambi italiani, da tempo residenti nel Regno Unito, si sono rivolti a Rete Lenford per ottenere in Italia la trascrizione dei provvedimenti emessi dall'autorità straniera a cui consegue per i figli il riconoscimento della cittadinanza italiana e del medesimo status e dei medesimi diritti riconosciuti nel Regno Unito.
PADRI GAY
Il Tribunale di Firenze, con un'articolata motivazione, ha accolto integralmente le richieste dell'avvocata Susanna Lollini che li ha seguiti, compiendo una completa disamina della disciplina del riconoscimento in Italia dei provvedimenti stranieri che riguardano i minorenni e «ritenendo corretto l'inquadramento della fattispecie nell'ipotesi di cui all'art. 36 comma 4 della legge n. 184/83, in materia di adozioni».
Nella nota diffusa dalla Rete Lenford si legge: «La disposizione normativa prevede che l'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino di avere soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia purché "conforme ai principi della Convezione" (Convenzione dell'Aja 29 maggio 1993)».
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Si tratta di un'ipotesi che si differenzia dalla disciplina che riguarda l'adozione internazionale da parte di cittadini italiani che risiedono nel nostro paese e da quella prevista dal diritto internazionale privato che «impone il riconoscimento automatico di provvedimenti stranieri che riguardano genitori adottivi stranieri e minori stranieri o non in stato di abbandono (art. 41 L. n. 218/1995)».
Il Tribunale di Firenze ha quindi proceduto alla verifica della conformità alla Convenzione dell'Aja della sentenza britannica con la quale era stata disposta l'adozione di due fratellini, «chiarendo che la Convenzione non pone limiti allo status dei genitori adottivi, ma richiede unicamente la verifica che i futuri genitori adottivi siano qualificati e idonei all'adozione, esame che nel caso di specie è stato puntualmente effettuato dalle autorità inglesi, riservando l'eventuale rifiuto all'ipotesi che il riconoscimento sia manifestamente contrario all'ordine pubblico».
VENDOLA ED TESTA
In merito all'ordine pubblico internazionale, il Tribunale di Firenze - si legge nel comunicato diffuso dalla Rete Lenford - «fa propri i principi espressi dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19599/2016 in un caso di trascrivibilità in Italia dell'atto di nascita di un bambino nato da due donne in Spagna», una cittadina spagnola e l'altra italiana, ritenendo che esso «non è enucleabile esclusivamente sulla base dell'assetto ordinamentale interno, ma è da intendersi come complesso di principi ricavabili dalla nostra Costituzione e dai Trattati Internazionale cui l'Italia ha aderito e che hanno ai sensi dell'art. 117 Costituzione lo stesso rango nel sistema delle fonti della costituzione».
VENDOLA BATTESIMO FIGLIO
Nell'esaminare l'ulteriore parametro, rappresentato dall'«interesse superiore del minore», il Tribunale fiorentino chiarisce che deve essere salvaguardato il diritto dei minori a conservare lo status di figlio, riconosciutogli da un atto validamente formato in un altro paese dell'Unione europea (preceduto da una procedura di verifica), e che il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente nel Regno Unito, determinerebbe una «incertezza giuridica» che influirebbe negativamente sulla definizione dell'identità personale dei minori.
Peraltro, aggiungono i giudici fiorentini, la sussistenza dei requisiti ex art. 36 comma 4, esclude una valutazione discrezionale da parte dell'autorità giudiziaria italiana. Non di meno si sottolinea come dalla documentazione prodotta sia emerso che «si tratta di una vera e propria famiglia e di un rapporto di filiazione in pena regola che come tale va pienamente tutelato».