Antonello Piroso per La Verità
panatta villaggio
«Di colpo tutti si sono ricordati che Paolo ed io avevamo scritto un libro insieme, Lei non sa chi eravamo noi. Ometto di dire come lui avrebbe commentato la circostanza...».
Adriano Panatta alterna ironia e dolcezza nel ricordare l' amico di una vita, quel Paolo Villaggio che in tanti ieri si sono affrettati a omaggiare.
A cominciare dai politici.
Uno su Twitter ha scritto: «Sono cresciuto con i suoi film».
«Paolo avrebbe risposto: "L' ho capito da come usa il congiuntivo". Era così: per una battuta era pronto a tutto. Non risparmiava nessuno, a cominciare da sé stesso. Tutti questi messaggi da un lato gli avrebbero fatto piacere, dall' altro l' avrebbero disturbato perché vi avrebbe visto anche un bel tasso di ipocrisia, quella di chi si è ricordato di lui da morto».
Aveva fatto annunciare così tante volte il suo trapasso che alla fine ieri si faceva quasi fatica a credere alla notizia.
FANTOZZI FILINI
«Era il suo modo di esorcizzare l' idea della morte, prendersene gioco prendendosi gioco dei media, sempre alla ricerca del sensazionale, degli scoop. Userò un' immagine forse abusata ma rende l' idea: hai presente un iceberg? Ecco, quello che si vedeva di Paolo in fondo era solo la punta, la maschera, il personaggio, ma dietro c' era un uomo di rara sensibilità e intelligenza. E qui mi fermo, perché mi pare quasi di sentirlo, là dove si trova, che m' apostrofa: "Adriano, stai dicendo una cagata pazzesca"».
Una sera ricordo che vi siete messi a evocare tutte le vostre «zingarate», a cominciare da un mitico viaggio da Forte dei Marmi a Porto Rotondo nel 1982.
«Paolo era così, si alzava la mattina e diceva: "Partiamo!". Quella volta c' era anche Ugo Tognazzi, il pretesto era che aveva affittato per il mese d' agosto la villa in Costa Smeralda del proprietario della Volkswagen. Dove ci presentammo con macchine di lusso noleggiate, su indicazione di Paolo, apposta per indispettire il "tetesco di Cermania", come lo chiamava lui rifacendo la voce di uno dei suoi primi personaggi, il professor Kranz.
PANATTA VILLAGGIO
Quindi con Mercedes, Jaguar, Ferrari. Ma non ti dico cosa fu il viaggio per arrivare lì. Trasferta in auto dal Forte all' aeroporto di Pisa. Volo su un Cessna 172 che sembrava essere sopravvissuto alla campagna di Russia, pilotato dall' improbabile comandante Leonzu Ventura in mezzo alla tormenta. Atterraggio a Ficari, Corsica del sud. Quindi traversata. Insomma, un' epopea».
Domanda inevitabile: l' imperituro dialogo tra il ragionier Filini e Fantozzi, a colpi di «Che fa, batti lei?», è una tua idea?
«No, sua, com' è ovvio. Ma c' è un retroscena: voleva prendessi parte alla sequenza, lui tirava la palla nella nebbia, da cui tornava indietro come una saetta perché poi dalla nebbia sarei dovuto emergere io. Non gli riuscì di convincermi».
PANATTA VILLAGGIO LEI NON SA CHI ERAVAMO NOI
Un vostro comune amico, l' ingegner Wolf Chitis (con la sua impresa ha realizzato la tangenziale e la linea 1 della metropolitana di Napoli), nella sua autobiografia Sotto una buona stella ha parlato di voi come del «clan dei sognatori»: tu, lui, Villaggio, Peppino Di Capri, Aurelio De Laurentiis.
«Abbiamo spesso passato momenti di puro divertimento goliardico, con Paolo impegnato a distruggere l' egocentrismo altrui sbottando "lei è una merdaccia". Una volta dovetti intervenire io con Renato Salvatori, il protagonista di Poveri ma belli, che voleva mettergli le mani addosso: aveva saputo che Paolo, riferendosi alle sue doti d' attore, lo chiamava Kong, non proprio un complimento. Un' altra volta, a casa di Chitis, fece arrabbiare Zucchero perché lo interruppe dicendogli: "Invece di 'sta roba non potresti farci Con le pinne fucili ed occhiali?".
ZUCCHERO
A Capri andammo in un locale, alla comitiva si unì il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, che prima di andar via disse ai gestori di mettere tutto sul suo conto. Quando Paolo lo seppe, perfidamente si mise a ordinare di tutto, champagne a fiumi, "tanto paga Ferlaino". Con Tognazzi, poi, la scena era sempre quella.
Ugo, che si vantava di essere un grande chef, gli chiedeva di assaggiare un suo nuovo piatto: "Prova e dimmi com' è". Paolo assaggiava, si portava la mano con le dita piegate alle labbra mimando un bacio, lasciando intendere che era squisito, per poi sbottare fantozzianamente: "È una merdaaaa".
Infine, c' era la gag al telefono, chiamava e ti domandava: "Ma tu ci senti ancora?", "Sì, io ci sento, e tu?". Allora continuava: "Ma sei vivo?". E io: "Sì, sono vivo, e tu?", "Sì, sono vivo. Almeno credo". Ed è così che mi piace crederlo: ancora vivo».
Villaggio e Panatta PANATTA BERTOLUCCI PANATTA BERTOLUCCI PIETRANGELI PANATTA PIETRANGELI ADRIANO PANATTA