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Estratto dell'articolo di Giacomo A. Dente per “il Messaggero”
La bruschetta piatto popolare? Sì, senza dubbio. Una refezione sostanziosa per lavoratori della campagna. Quattro ingredienti: pane, olio, aglio (senza smancerosi purismi d'alito), sale. Non a caso i toscani, icastici nell'uso della lingua, la chiamano fettunta'. Dagli esordi poveri ai nostri giorni la bruschetta ha saputo guadagnarsi una fascinosa trasversalità che passa dalle pizzerie ai ristoranti stellati, però, grazie alla sua natura di cibo e al tempo stesso di formato che convoca al primo morso.
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Ma la bruschetta presenta anche criticità sulle quali Paolo Borzatta, guru dell'olio, produttore a Canino è molto preciso: «deve essere morbida dentro, croccante fuori e non troppo fetta di pane». Lo spessore è chiave: non troppo sottile se no diventa secca, né grossa, per evitare l'effetto fetta di pane. Meglio farla alla griglia, cosparsa di un grande olio monovarietale, scegliendo quello che più si adatta ai sapori dominanti del pane: l'amaro del bruciato, l'affumicato di certi grani, il dolce delle farine più leggere, ecc. Per questo non vanno mai fatte sempre con lo stesso olio! Infine, i vari topping vanno messi solo all'ultimo (specie quelli con acqua dentro tipo il pomodoro), se no il pane si ammolla".
LA SFIDA
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Così il tema della bruschetta gourmet è diventato una piccola sfida per gli chef romani. Andrea Serena di Aventina Carne&Bottega, per il suo pan brioche tostato con mousse al caprino, salmone e olio al finocchietto, utilizza un caprino fresco e salmone Coda Nera, aggiungendo un twist al pan brioche, aromatizzato al finocchietto. Tradizioni diverse si intrecciano nel French toast di Simone Maddaleni del Madeleine in Prati, trionfo di mediterraneità e gusto che unisce l'idea del pan con tomate spagnolo al prosciutto e fichi romano.
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