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    PANICO A SINISTRA PER LA (POTENZIALE) DISCESA DI MARINA: “L’UNITÀ” PROPONE UN’ALTRA LEGGE SUL CONFLITTO D’INTERESSI


     
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    Stefano Filippi per "il Giornale"

    SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINASILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA


    «Dalla parte delle donne», strillava ieri in prima pagina l'Unità. Tutte le donne meno una, Marina Berlusconi, la figlia del Caimano. A sinistra sono già ossessionati. Nella futura Forza Italia la questione della discesa in campo è apertissima, tutt'altro che decisa, ma nel partito di Enrico Letta e Matteo Renzi la preoccupazione è già altissima e cresce giorno dopo giorno.

    Ancora un Berlusconi, sia pure in formato quote rosa? Ancora un «fattore B» contro cui sbattere? Meglio mettere le mani avanti. Così sul giornale fondato da Antonio Gramsci scatta la controffensiva. E si rilancia l'idea di varare una legge anti-Marina. Che impedisca alla presidente di Fininvest e di Mondadori di candidarsi.

    francesca pascale e marina berlusconifrancesca pascale e marina berlusconi

    Due articoli dell'Unità lanciano il grido di dolore e il segnale di allarme. Dimenticando l'incapacità della sinistra di approvare una legge nei molti anni in cui fu al governo, Luca Landò risfodera il conflitto di interessi. Ci sono la sentenza Mediaset e una legge, la Frattini, ritenuta inadeguata. Ma c'è di più. Si pone «una questione di opportunità». Nel passato si era detto che «non era elegante fare una legge sul conflitto di interessi dopo la discesa in campo di Berlusconi»: stavolta allora facciamola subito, prima che si candidi Marina, così si eliminano anche questi scrupoli da sepolcri imbiancati.

    Carlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele ConfalonieriCarlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele Confalonieri

    Il problema è che la legge sul conflitto c'è, e l'ha fatta approvare il centrodestra. Essa dispone l'incompatibilità tra ruoli ministeriali e cariche managerial-imprenditoriali, fino al divieto di votare nelle assemblee societarie. Ma per la sinistra non basta davanti alla minaccia che va profilandosi: «La primogenita del Cavaliere, citata da Forbes come una delle donne più ricche e potenti del mondo, presidente del gruppo Mondadori e della Fininvest, che a sua volta controlla Mediaset». Orrore.

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    «Con la legge attuale, se Marina volesse occuparsi di politica non dovrebbe fare altro che affidare le proprie cariche a parenti, amici o manager di fiducia, ripetendo quello che il padre fece con lei». E cosa dovrebbe fare Marina, violare la legge?

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    «Siamo tornati al 1994», ribadisce in un altro articolo Osvaldo Sabato. È un'ossessione, quell'anno drammatico in cui la «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto fu sbaragliata dalle truppe berlusconiane; una ferita ancora aperta, un lutto che dopo vent'anni non è stato ancora elaborato. Il conflitto d'interessi ritorna come una «muleta» rossa da agitare nella corrida politica. «Se fino adesso si è potuto candidare Silvio, lo potrà fare anche Marina». Inaccettabile, per l'Unità. Che vorrebbe regolare il conflitto d'interessi non quando si verifica, ma prima.

    Ed ecco che viene riesumata la vecchia proposta del senatore fiorentino Stefano Passigli, anch'essa datata 1994. Passato dal Pri ai Ds, costituzionalista allievo di Giovanni Sartori, Passigli ha combattuto allo stremo per introdurre una legge severa. Tentativo che, come egli stesso ha scritto nel libro «Democrazia e conflitto d'interessi. Il caso italiano», è stato osteggiato più a sinistra che a destra.

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    L'Unità non ricorda che furono i suoi ad affossare tre proposte di legge di Passigli: la prima nel '94, troppo intransigente; la seconda, nel '98, troppo blanda; la terza, nel 2001, che rasentava l'esproprio. E dimentica pure, l'Unità, che in quel fatidico 1994 Passigli fu eletto in Senato nella Sinistra Democratica a fianco di Bruno Visentini, il padre della riforma fiscale e societaria, il quale negli Anni 70 fu contemporaneamente deputato, titolare di ministeri finanziari, presidente dell'Olivetti, vicepresidente di Confindustria e numero 2 dell'Iri. Ma senza i Berlusconi, di conflitto di interessi non si era mai parlato.

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    Secondo la legge Frattini, «Marina è eleggibile». Può sedere in Parlamento come ogni cittadino. Scandalo. Intollerabile. Perciò si deve puntare a una nuova legge, basata sull'ineleggibilità e non sull'incompatibilità. Lo strumento è già pronto, è il disegno di legge Zanda-Mucchetti presentato lo scorso luglio, magari con l'asse Sel-M5S. Ma bisogna fare presto, accelerare, correre contro il tempo. Altrimenti il tema del conflitto d'interessi rimarrà quello che è sempre stato per la sinistra: uno spauracchio da agitare contro Berlusconi. E adesso anche contro sua figlia.

     

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