Estratto dell'articolo di Nina Verdelli per www.vanityfair.it
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A quattro anni ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso.
Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: “Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!”. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia».
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Italiana di Cittadella, in provincia di Padova, figlia di genitori nigeriani, pallavolista di punta della squadra turca Vak?fBank e, forse, pallavolista più forte al mondo, la 24enne Paola Egonu sceglie con cura le cose da evitare, nel linguaggio e nella vita. Con il razzismo, però, non sempre ci riesce: non vuole nominarlo, perché «quando ne parli qualsiasi cosa dici ti si ritorce contro», ma poi in quella parola inciampa e finisce per snocciolare aneddoti di crudeltà.
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Come quello capitato l’estate scorsa quando, al termine di una partita con la Nazionale, si è sfogata con il procuratore minacciando di lasciare le Azzurre: «Mi hanno chiesto perché sono italiana. Sono stanca». Potrebbe succedere ancora a Sanremo, dove sarà co-conduttrice insieme a Chiara Ferragni, Chiara Francini e Francesca Fagnani, qualora sul palco dell’Ariston decidesse di alzare la voce.
Ci sta pensando?
«Preferisco usare quello spazio per parlare di sensibilità, di empatia, per raccontare chi sono fuori dal campo».
E non subisce atti di razzismo fuori dal campo?
«A noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetterò di giocare potrò dire tutta la verità».
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Quando smetterà di giocare, qualsiasi cosa dirà farà meno rumore.
«Lo so».
Vuole provare a dirla ora la verità? Per esempio, rispetto a quando è stata maltrattata all’asilo, oggi c’è meno razzismo in Italia?
«No. Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei».
Come è possibile, scusi?
«Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: “È normale”, mi dice».
Qualche anno fa ha raccontato che i suoi genitori raccomandavano a lei e ai suoi fratelli: «Vi diranno che i neri puzzano, voi fatevi trovare puliti».
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«Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire».
Mai una reazione impulsiva?
«Alle medie una ragazzina continuava a prendermi in giro perché ero nera. Un giorno l’ho afferrata per i capelli e le ho urlato: “Dillo un’altra volta e ti metto le mani addosso, non ho paura di te”».
Di questo governo ha paura?
«Più che altro mi suscita una domanda: perché all’apice ci sono persone insensibili che agiscono per il proprio interesse e non per quello del popolo? Quando ho letto alcune dichiarazioni dei sodali di Giorgia Meloni sull’aborto non ci potevo credere. Se un partito guidato da una donna non hai il coraggio di difendere le altre donne, allora non ci sono speranze».
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Se la incontrasse, che cosa le vorrebbe dire?
«La stessa cosa che direi a tanti potenti: quando vedete la vostra gente soffrire, come fate ad andare a dormire sereni?».
Lei ci va a dormire serena?
«Più o meno».
[...]
Chi non apprezza?
«Per esempio quelli che mi insultano chiedendo perché sono italiana. Non sanno niente di me, di noi atlete. Non sanno quanto fatichiamo, quanto siamo stanche, quanto non ci sentiamo all’altezza, quanto a volte vorremmo solo prenderci una pausa da tutto, ma non possiamo. Non ho nemmeno il tempo per godermi una vittoria che arriva la sfida successiva: dopo lo scudetto c’è la Champions, e l’Europeo, la Super Coppa, le Olimpiadi. Allora poi succede che qualcuno mi dice la frase sbagliata e io mi domando: perché mai dovrei rappresentare voi?».
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[...]
Si vede anche mamma, un giorno?
«Assolutamente sì. Il desiderio ce l’ho da quando sono piccola, ma solo recentemente ho capito che è realizzabile».
In che senso?
«Prima non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse volere un figlio con me: non mi vedevo attraente».
Prego?
«Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo».
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Ora invece?
«Sto imparando che diverso non vuol dire brutto e che, sì, sono un’atleta ma sono anche una donna e che, come tale, posso essere sensuale. Me lo sono persino tatuata sulla coscia, guardi».
[...]
E del suo fidanzato, il pallavolista polacco Michal Filip, è innamorata?
«Non è il mio fidanzato: ci siamo frequentati per un po’. È già finita».
Adesso è single?
«Sì. Spesso le persone con cui esco mi dicono: “Non sono abbastanza per te”. Ma come, scusa, secondo te io sprecherei il mio poco tempo libero con qualcuno che non è abbastanza? Sarei scema».
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[...]
Che cosa cerca in amore?
«Una persona sicura di sé, che mi sappia stare accanto senza paura. Possibilmente non uno sportivo».
Perché?
«Perché gli sportivi tradiscono. Sono tutti sposati con figli, poi vai in trasferta e li becchi a fare serata con altre ragazze. Inconcepibile: investi del tempo per creare un legame con una persona, poi ti viene voglia di sc...re e butti tutto nel cesso? È un inferno per noi donne».
Anni fa aveva trovato conforto proprio tra le braccia di una donna, la pallavolista Katarzyna Skorupa. I suoi come l’avevano presa?
«Malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta».
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Dalla società, invece, si è sentita più accettata?
«Mica tanto: io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? È un mondo di m...da, me lo lasci dire. Spero che presto arrivi l’Apocalisse».
Non le sembra di essere un po’ catastrofica?
«Sa che a volte con mia sorella ci chiediamo se sia opportuno per noi mettere al mondo dei bambini?».
Che cosa intende?
«Io so già che, se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?».
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“A noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetterò di giocare potrò dire tutta la verità“. Paola Egonu tra pochi giorni co-condurrà il Festival di Sanremo. E’ è una delle più forti giocatrici di pallavolo del mondo, è nera, è italiana ed è “diversa da quando avevo 4 anni, da quando l’ho capito”. Egonu parla di razzismo (anche) in una lunga intervista concessa a Vanity Fair.
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“Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei. Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: è normale, mi dice. Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire”.
“Prima non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse volere un figlio con me: non mi vedevo attraente. Non mi vedevo attraente in un contesto in cui lo standard di bellezza è essere bianca. Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo”.
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“Mi chiedo a volte se sia il caso di mettere al mondo dei bambini. Se mio figlio sarà di pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”.
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Enogu qualche anno fa ha avuto una relazione con la pallavolista Katarzyna Skorupa. Racconta che i suoi l’hanno presa “malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta. Io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? È un mondo di merda, me lo lasci dire. Spero che presto arrivi l’Apocalisse”.
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