Dagoreport
paolo giordano
Fuori i nomi e fuori i fatti, se ci sono. Altrimenti lagnarsi è da bambini delle scuole medie che, per altro, sono i protagonisti del di lui unico libro riuscito, “La solitudine dei numeri primi”, grazie al titolo scelto dalla Mondadori del cattivo Berlusconi.
Il “Corriere della Sera”, giornale amicissimo di Paolo Giordano (perché è così amico? Ah saperlo!) dedica la prima pagina e un intero paginone al lamento dello scrittore, che aveva inviato il proprio curriculum (crediamo non obbligato con la pistola alla tempia) per dirigere il Salone del Libro di Torino e ora si ritira per “motivazioni chiare”, scrive l’estensore dell’articolo senza, però, farsi dire quali siano. Ascoltiamo cotanta chiarezza nelle dichiarazioni che lo scrittore dispensa al giornale amico.
Dopo premesse snobistiche (“sono allergico alle esternazioni”, “è passata una mia immagine di sdegnoso riserbo” ecc) dice di aver partecipato a un bando con regole giuste ma che, nel frattempo, “c’è stata un po’ di scompostezza, un processo che doveva essere lineare è stato adulterato da elementi che non definirei politici e neanche partitici ma, di convenienza specifiche, posizionamenti non so bene: questa cosa l'ho seguita anch'io dall'esterno”. E poi aggiunge, “sicuramente si è abusato moltissimo di metafore calcistiche; penso che la nostra cultura e la nostra editoria meritino di meglio che non brutte metafore legate al calciomercato”.
salone del libro
Scompostezza? Seguita da fuori? Calciomercato? Sebbene queste dichiarazioni siano fumus, le motivazioni di Giordano “sono chiare” scrive l'estensore. “Ciò che ho percepito – prosegue Giordano - è che non ci sia la situazione per una nomina di totale fiducia. Mi sembra che adesso l'unica soluzione cui si potrebbe arrivare sarebbe comunque parziale, quindi non completamente libera”. Eh, ma cosa è cambiato in questi giorni? “Ho capito che non sarebbe stato superabile il fatto di avere delle indicazioni editoriali, di presenze editoriali”. Ma anche su ciò ha avuto indicazioni “non dirette, mi sono state trasmesse”. In sostanza, ma lo deve scrivere l'estensore perché l’autore pecca di coraggio, sostiene che venivano imposte al comitato editoriale “persone dell'area di destra” (scritto dall’estensore).
paolo giordano
Se abbiamo capito, Giordano, in accordo con l’estensore e sul giornale amico ci vorrebbero dire che qualcuno di destra (ma chi? Sangiuliano? Sgarbi? Meloni? Berlusconi? Vien da ridere) ha telefonato o detto qualcosa ai responsabili della Associazione Torino Città del Libro per assicurarsi la presenza anche di case editrici e/o autori “di destra” (Che vuol dire? La Mondadori che ha pubblicato Giordano e Saviano è di destra? Il “Corriere” di Veltroni, Saviano e Giordano non è di sinistra?). A parte che non si capisce dove sia lo scandalo se al Salone del libro ci siano anche autori di destra, ma i nomi di chi ha fatto pressione? Chi? Niente.
Anche perché è tutto è per interposta persona: sarebbero i responsabili della Associazione Torino Città del Libro che avrebbero manifestato a Giordano l’opportunità che sia dato spazio anche a libri e /o case editrici di destra. Il che sarebbe ovvio in una visione democratica della Cultura. Ma non per Giordano che pensa che la Cultura sia solo quella dove è seduto lui, e pensa, come un bambino, che oggi un direttore di un museo, un salone, un teatro non solo possa, ma debba agire indipendentemente da ciò che lo circonda.
gennaro sangiuliano
E no, caro Giordano, non è questo il ruolo di un direttore! Questo, semmai, molto semmai, potrebbe essere la posizione di un critico della cultura indipendente, che si esprime su mezzi propri oppure su giornali che apparecchiano ciò che desideri (come è il caso di Giordano). Ogni rappresentante di istituzioni democratiche vive all’interno di dinamiche complesse, che sono quelle dei finanziatori, dei sindacati, della partecipazione, delle disponibilità, dei contesti.
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Il direttore è colui che, facendosi carico della complessità, riesce a definire un percorso convincente, nuovo. L’arte, diceva Lutero, “è libera servitù”. La Cultura è una pratica critica all’interno della società (leggi Schopenhauer, leggi Sartre!), non è faccio quel che mi pare come i ragazzini sui social.
Tutti vorrebbero andare a dirigere una azienda e partire da zero, scegliersi dipendenti, fornitori e siglare solo nuovi contratti; ma non è così! Uno fa il premier e si trova i funzionari che gli hanno messo prima (il deep state), i contratti già firmati, l’opposizione, i poteri e i contropoteri, le autonomie… La tua, Giordano, è una visione infantilissima di fare Cultura e di fare il direttore, di uno che pensa di avere un’idea e gli altri gliela pagano per realizzarla. E dire che Giordano ha fatto studi scientifici e dovrebbe sapere che tutti i corpi sono in un equilibrio instabile e complesso.
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