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Paolo Isotta per il “Fatto Quotidiano”
Una tradizione del Natale napoletano, risalente al Settecento, vive tuttavia rigogliosa. Si tratta della Sacra Rappresentazione chiamata La Cantata dei pastori con grandi ingegnj scenici, musica, coro e attori.
L' erudito gesuita palermitano Andrea Perrucci, morto a Napoli, scrisse, sul modello del teatro gesuitico spagnuolo, avente fini esortativi e di politica religiosa, quelli di sradicare le tradizioni pagane dalle feste religiose che le plebi rurali conservavano e conservano, Il vero lume tra le ombre ossia la nascita del Verbo umanato, rappresentato nel 1698. È una quintessenza dell' arte del Barocco.
La Sacra Rappresentazione si svolge in una Palestina che assomiglia a una Napoli perenne. Narra e manifesta, ricorrendo a temi provenienti pure dai Vangeli gnostici, di tutto ciò che Cielo ed Inferno apparecchiano attorno all'evento capitale della Storia, la Natività. Maria e Giuseppe, che come l'Angelo Gabriele e il Principe dell'Inferno e persino il pastore e il pastorello, si esprimono in pura favella toscana, errano in un mondo ostile alla ricerca di un ricovero per dare alla luce il Bambinello.
Peppe Barra
L'Inferno vuole per la coppia la morte: la nascita del Messia gli apporterà definitiva sconfitta. Morte ogni volta sventata da Gabriele di che il Principe ha terrore all' incontro: l'ultima fiata prepara la rovina della grotta di Betlemme producendosi la quale finalmente appare il Presepe.
La Sacra Rappresentazione, intesa come genere, sin dal Medio Evo, destinata com'è a folle non alfabetizzate, contiene un elemento comico che finisce col predominare.
Così nella Cantata dei pastori, ed ecco la sua specificità. Due personaggi buffi che si esprimono in strettissima lingua - non dialetto - napoletana, sono il nerbo dell' opera. Uno dei due, vestito come Giambattista Vico, si chiama Razzullo: è uno scrivano napoletano assillato da terribile fame che Augusto ha inviato in Palestina per effettuare il censimento.
CANTATA DEI PASTORI
L'altro si chiama Sarchiapone: è gobbo e sciancato: barbiere dagli ispidissimi capelli, è vestito invece con abiti di fantasia grotteschi, la giacca a quadretti e la bombetta e un ombrello arcobaleno in mano: ha appena ucciso due uomini praticando l' arte sua e fugge.
Le loro parti lasciano ampio luogo all' improvvisazione e richiedono comici-cantanti consumati e infaticabili atteso che debbono stare in scena un tempo lunghissimo e Sarchiapone è costretto a recitare piegato in due. Sono uno scialo di equivoci dialettali, battute fulminanti, comicità scurrile, allusioni sozze alla vita sessuale, messa in berlina della vita e del mondo intero a cominciare dalla favella tosca.
CANTATA DEI PASTORI
E proprio uno spettacolo nato per sradicare il paganesimo dall' animo delle plebi lo reinstalla: il rapporto fra Sacro e oscenità è d'antichità immemoriale: le origini stesse del teatro greco, coi riti dionisiaci e il Dramma Satiresco, lo mostrano.
Dunque la Cantata dei Pastori, che possiede anche momenti delicatissimi come la canzone di Alfonso de' Liguori Quanno nascette ninno (Quando nacque il Bambinello), parole e musica di questo amabile fra i Santi, è il riemergere di strati antichissimi dell'umanità. Razzullo sembra Vico ma la filosofia della Storia di Vico aiuta a interpretare il capolavoro.
Anche quest' anno - ma non a Napoli, che per il secondo anno, horresco referens, non ha saputo offrirgli una sede, itinerando in Campania - esso viene interpretato da Peppe Barra: uno dei più grandi attori-cantanti viventi al mondo e oggi l'unico Razzullo possibile; qui anche regista.
CANTATA DEI PASTORI
Lo affiancano bravissimi comici dei quali mi piace ricordare Teresa Del Vecchio, classico Sarchiapone, e il giovane Fabio Fiorillo, destinato a grandi cose. La parola è impotente a descrivere ciò di che Peppe è capace recitando e improvvisando ogni sera, con una finezza, una cultura, un' attitudine teatrale e musicale, violenta, innata e coltissima. Basterebbe vederlo e ascoltarlo, anche senza capire una parola - la Cantata può rappresentarsi a Londra e a Mosca - per esser pieni della sua arte.
PEPPE BARRA NELLA CANTATA DEI PASTORI