Estratto dell'articolo di Gian Guido Vecchi per www.corriere.it
BERGOGLIO CON SCIARPA GAY
Papa Francesco non esclude la possibilità che ci possano essere «forme di benedizioni» per le coppie omosessuali, seppure distinte dal matrimonio tra uomo e donna. Spiega che il «no» alle donne prete formulato da Giovanni Paolo II è una «dichiarazione definitiva» ma non una «definizione dogmatica» e «può essere oggetto di studio». Spiega che il pentimento è sì necessario per l’assoluzione, ma vi sono «molti modi di esprimere il pentimento», «non c’è matematica» e «il confessionale non è una dogana».
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Ma soprattutto risponde ai «dubbi» che cinque cardinali ultraconservatori (Brandmüller, Burke, Sandoval Íñiguez, Sarah e Zen Ze-kiun), tra gli oppositori più determinati delle sue riforme anche durante i Sinodi sulla Famiglia e sull’Amazzonia, gli avevano mandato in vista del Sinodo sulla «sinodalità» nella Chiesa che inizia mercoledì.
È un segnale importante, e anche una mossa per evitare che il Sinodo si spacchi prima di cominciare e lasciare aperto il dibattito al «discernimento». Se i «Dubbi» intendevano chiudere alcune proposte, non raggiungono lo scopo. Ma le risposte di Bergoglio sono un invito al dialogo per tutti.
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Perché ora Francesco rintuzza le obiezioni dei tradizionalisti e insieme mette in guarda gli ultrariformatori da fughe in avanti. Ha già spiegato tempo fa che «indietrismo» e «progressismo» ideologici sono «prove di infedeltà» e che il Sinodo «non è un parlamento» né «un dibattito televisivo», anche domenica ha pregato perché lo Spirito «purifichi la Chiesa da chiacchiere, ideologie e polarizzazioni».
Per questo tutti i partecipanti (464 persone e 365 «membri» votanti, sacerdoti e laici, non si dice più «padri sinodali» perché per la prima volta le donne, 54 in tutto, hanno diritto di voto) sono nel frattempo in ritiro spirituale per tre giorni. Si tratta di trovare nuove strade, «non bisogna fare un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa». Quando nel 2016 uscì Amoris Letitia, il testo in cui tirava le somme dei Sinodi sulla Famiglia, non rispose ai «dubbi» che alcuni dei cardinali gli rivolsero.
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E invece ora lo fa, con un lungo testo pubblicato sul sito del Dicastreo per la Dottrina della fede: «Benché non sempre mi sembri prudente rispondere alle domande rivoltemi direttamente, e sarebbe impossibile rispondere a tutte, in questo caso ho ritenuto opportuno farlo data la vicinanza del Sinodo».
Il primo «dubbio» dei cinque cardinali chiede, in generale, se la «Divina Rivelazione» si debba «reinterpretare» in base «ai cambiamenti culturali e antropologici in voga». Domanda insidiosa, cui Francesco risponde semplicemente che «dipende dal significato che attribuite alla parola “reinterpretare": se è intesa come "interpretare meglio", l'espressione è valida».
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Perché «se è vero che la divina Rivelazione è immutabile e sempre vincolante, la Chiesa deve essere umile e riconoscere di non esaurire mai la sua insondabile ricchezza e di avere bisogno di crescere nella sua comprensione». D'altra parte, «è vero che il Magistero non è superiore alla Parola di Dio, ma è anche vero che sia i testi delle Scritture che le testimonianze della Tradizione necessitano di un'interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali».
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Il secondo «dubbio» riguarda la «diffusa pratica della benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso». Francesco conferma che «la Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un'unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli. Solo a questa unione si può chiamare "matrimonio".
Altre forme di unione lo realizzano solo "in modo parziale e analogico", per cui non possono essere chiamate strettamente “matrimonio”». Per questo «la Chiesa evita qualsiasi tipo di rito o sacramentale che possa contraddire questa convinzione e far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è». Però, aggiunge, «nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale, che deve permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti. […]».
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E così non chiude ad altre forme di benedizioni: «La prudenza pastorale deve discernere adeguatamente se ci sono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano un concetto errato del matrimonio. Perché quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio». […]
Il terzo «dubbio» ha a che fare con la «sinodalità» della Chiesa, il «camminare insieme» di tutti i fedeli, i cardinali si chiedono se non contrasti con le prerogative e l’autorità del Papa. Bergoglio spiega che non è così […]
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Il quarto «dubbio» riguarda «il sostegno di pastori e teologi alla teoria che "la teologia della Chiesa è cambiata" e quindi che l'ordinazione sacerdotale possa essere conferita alle donne». Qui la risposta del Papa è sottile. Premette che «quando san Giovanni Paolo II insegnò che bisogna affermare "in modo definitivo" l'impossibilità di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne, in nessun modo stava denigrando le donne e conferendo un potere supremo agli uomini: San Giovanni Paolo II affermò anche altre cose, ad esempio, che quando parliamo della potestà sacerdotale “siamo nell'ambito della funzione, non della dignità e della santità».
Ma aggiunge anche che «d'altra parte, per essere rigorosi, riconosciamo che non è stata ancora sviluppata esaustivamente una dottrina chiara e autorevole sulla natura esatta di una "dichiarazione definitiva». […]
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Infine, il quinto «dubbio» riguarda direttamente il Papa: «L'affermazione che "il perdono è un diritto umano" e l'insistere del Santo Padre sul dovere di assolvere tutti e sempre, per cui il pentimento non sarebbe condizione necessaria per l'assoluzione sacramentale». Qui Francesco risponde riassumendo ciò che ha sempre spiegato: «Il pentimento è necessario per la validità dell'assoluzione sacramentale e implica l'intenzione di non peccare. Ma qui non c’è matematica e devo ricordare ancora una volta che il confessionale non è una dogana […] ».
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