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    "QUELLE RAGAZZE MI HANNO ACCUSATO DI MOLESTIE DOPO IL SEQUESTRO DI UNO SMARTPHONE" - PARLA GIOVANNI DI PRESA, PROFESSORE DI SOSTEGNO DI UNA SCUOLA MEDIA DI ANCONA DOPO L'ASSOLUZIONE IN TRIBUNALE DALLE ACCUSE DI VIOLENZA SESSUALE E MALTRATTAMENTI DA PARTE DI 4 ALUNNE: "QUEST’ODISSEA MI HA FATTO PERDERE 30 CHILI. QUELLE ADOLESCENTI SI COALIZZARONO CONTRO DI ME. CON GLI STUDENTI ERO QUASI UN AMICO, MA POI SONO DIVENTATO IL NEMICO DA COLPIRE. NON ESCLUDO CHE QUALCUNO MI ABBIA DENUNCIATO SPERANDO DI..."


     
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    Estratto dell'articolo Enea Conti per il “Corriere della Sera”

     

    GIOVANNI DI PRESA GIOVANNI DI PRESA

    «Sono innocente, lo dico da sei anni, e ora la giustizia mi ha dato ragione». A parlare è Giovanni Di Presa, 65 anni, fino al 2018 professore di sostegno a tempo determinato nella scuola media «Soprani» di Castelfidardo (Ancona). Fu accusato di violenza sessuale e maltrattamenti su quattro alunne: assolto in primo grado nel 2021 (dal reato di violenza sessuale), fu poi condannato per maltrattamenti (un altro primo grado) e infine assolto per tutti e due i reati in Corte D’Appello ad Ancona.[…]

     

    GIOVANNI DI PRESA GIOVANNI DI PRESA

    Giovanni Di Presa quando cominciò la sua odissea?

    «Iniziò tutto nel novembre del 2018 con una convocazione da parte della professoressa fiduciaria del plesso e le accuse di violenza sessuale. Alcune alunne, ed è solo un esempio, mi avevano accusato di aver toccato loro il fondoschiena. Accadde dopo il sequestro di uno smartphone, […] quattro adolescenti si coalizzarono contro di me».

     

    Fu l’insegnante fiduciaria a informarla. Nessun avvertimento prima?

    «No. Io ero un insegnante di sostegno e nel mondo della scuola ci sono entrato tardi, avevo più di cinquant’anni e un passato da fisioterapista. […]  Avevo impostato con loro un rapporto amichevole, mi facevo chiamare “Gianni”, avevo rinunciato a mettere un muro tra me e loro, un confine, ero quasi un amico. Forse a pensarci ora sarebbe stato più conveniente comportarsi diversamente».

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    Si spieghi.

    «Nel senso che quando sequestrai il telefono “Gianni” si trasformò nel nemico da colpire. Venivo guardato male se toccavo il ginocchio di un ragazzo che si era fatto male: ma io lo facevo perché sono un fisioterapista, per essere utile. Secondo queste ragazze io avrei commesso violenze in pubblico. Nessuno mi aveva denunciato per essermi appartato in un posto nascosto. Già questo doveva far comprendere che fossi innocente. E non escludo che qualcuno mi abbia denunciato sperando di guadagnare con i risarcimenti».

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    Lei incontrerebbe le ragazze che l’hanno denunciata?

    «[…] Credo debbano essere le famiglie […] a chiedere conto di vicende come questa: perché la scuola a mio avviso funziona ancora, ma sono le famiglie a rinunciare spesso al loro ruolo. Pesavo 120 chili, poi quest’odissea me ne fece perdere trenta. Ma vorrei tornare a insegnare. Anche in quella scuola, senza rancore».

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