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    "TEMEVO DI FINIRE SUI GIORNALI. LAVORO IN RAI DA UNA VITA E ADINA MANOLACHE SAPEVA CHE SONO UN PERSONAGGIO PUBBLICO"PARLA IL DIRIGENTE DELLA RAI CHE È STATO SPOLPATO DALLA ESCORT 30ENNE (ORA AI DOMICILIARI CON L’ACCUSA DI ESTORISIONE). ALLA DONNA HA ELARGITO 100 MILA EURO: PRIMA ERA AMABILE POI È DIVENTATA AGGRESSIVA. ALTRE PERSONE SONO CADUTE NELLA SUA RETE. ALL’INIZIO HO ASSECONDATO LE SUE RICHIESTE SPERANDO CHE SAREBBE SCOMPARSA, POI...”


     
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    Estratto dell'articolo di Alessia Marani, Antonio Crispino per “Il Messaggero”

     

    adina manolache adina manolache

    Caduto nella rete, intrappolato dai presunti ricatti della giovane donna conosciuta sul web e alla quale aveva aperto il suo cuore. Chiunque può finire irretito in una brutta vicenda estorsiva che mai avrebbe pensato lo potesse riguardare. Soprattutto se si è abituati a gestire persone e mansioni sul posto di lavoro con senso di responsabilità e lungimiranza e se si occupano posizioni sociali e di livello culturale di un certo rilievo.

     

    Invece, basta un momento di debolezza per scoprirsi fragili e, improvvisamente, facili prede. «E, purtroppo non sono stato l'unico, anzi». Ad accettare di parlare al Messaggero è il dirigente della Rai ricattato da una escort conosciuta su "bakecaincontri", un sito di appuntamenti per adulti.

     

    Adina Manolache, 30 anni, arrestata per una presunta estorsione, è stata il suo tormento per circa sei mesi. Lui ha trovato la forza di denunciare, di liberarsi dall'incubo e di risalire il baratro in cui stava per sprofondare, pur sapendo che la sua storia potesse uscire sui giornali.

     

    adina manolache adina manolache

    «So per certo - racconta il sessantenne - che anche altre persone sono cadute nella rete di Adina, l'ho riferito anche alla polizia. Lei sapeva costruire molto bene le storie da raccontare. Ha architettato tutto alla perfezione, sapendo carpire la fiducia del suo interlocutore.

     

    All'inizio - prosegue - era amabile, faceva tenerezza quando parlava dei suoi familiari in gravi difficoltà. Poi la modalità passava gradualmente in una fase più aggressiva fino al punto di esercitare una certa violenza e così le richieste diventavano delle autentiche pretese».

     

    Adina riempie il funzionario pubblico di una serie crescente di bugie: «Mio figlio sta male», «Mi hanno notificato lo sfratto e non abbiamo più il denaro per pagare l'affitto», «C'è gente che mi vuole fare del male, dei criminali», chiedendo denaro. La prima tranche sostanziosa è di quindicimila euro, una cifra che la vittima comincia a sottrarre ai risparmi di una vita di lavoro con prelievi di volta in volta. Ma i soldi non le bastano mai ed ecco allora nuove richieste.

     

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    «In realtà è bastato poco tempo - spiega - per capire che quella di Adina era una truffa. Certo che me ne sono reso conto, ma temevo che la storia sarebbe finita sui giornali, come è stato. […] Lavoro in Rai da una vita, lei sapeva bene che ero un personaggio pubblico, un top manager fa sempre notizia in questi casi e così, sulle prime, non ho voluto correre quel rischio assecondando le sue richieste, sperando che sarebbe arrivato un punto in cui si sarebbe fermata, scomparendo nel nulla, così velocemente come si era palesata nella mia esistenza».

     

    Invece dalle poche centinaia di euro consegnate nelle sue mani all'inizio, ecco che le donazioni salgono continuamente. «Ma solamente una volta in realtà - tiene a sottolineare i dirigente - è capitato io le abbia dato la mia carta di credito poiché capitò una giornata in cui non potevo uscire e ho mandato lei a prelevare la somma. Ma non ha mai avuto accesso a tutti i miei conti in banca». In sei mesi Adina, che ora si trova ai domiciliari con l'accusa di estorsione, gli avrebbe sottratto circa centomila euro.  […]

     

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    «Ha provato a ricattarmi ma sono a un punto della mia vita che non mi è importato. Sono single, non ho una famiglia, questo ha rappresentato un vantaggio adesso che la storia è uscita e uno svantaggio nel periodo in cui sono stato sotto ricatto perché magari la presenza di una famiglia mi avrebbe aiutato e evitare questo imbarazzo. […]».

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