Maria Rosa Tomasello per “la Stampa”
Dentro il rettangolo delimitato dalla staccionata di legno tre bambine in sella ai cavalli seguono gli ordini impartiti da Nadia. «Continuate così, non vi preoccupate degli angoli ora» dice, scandendo il ritmo. Con i piedi affondati nella sabbia e la rabbia nella voce, fa una pausa e si sfoga: «Io lavoro qui da 15 anni e questa è come una secchiata d' acqua gelata addosso: troppo fango su questa famiglia, perché non so, forse per invidia. Ma io sono qui da 15 anni, e posso dirlo, non ho mai visto cose fuori posto». Da oggi, ha comunicato ai genitori che ora osservano il suo lavoro dai bordi, sarà lei a occuparsi delle allieve. L' istruttore di equitazione che finora hanno trovato ogni giorno ad accoglierli non c'è, e la sua assenza sarà a tempo indeterminato.
molestie al maneggio
L'uomo, cinquant' anni, tre figli, presidente dimissionario dell' associazione sportiva che gestisce la struttura e titolare di una abilitazione come guida equestre ambientale, è agli arresti domiciliari con l' accusa infamante che gli è stata contestata dalla Procura dei minori di Santa Maria Capua Vetere: violenza sessuale pluriaggravata e continuata su sette allieve dai 6 ai 14 anni, abusi che si sarebbero protratti per quattro anni in un luogo in cui avrebbero dovuto essere al sicuro, affidate a chi avrebbe dovuto educarle e seguirle nel loro percorso di crescita.
Per gli inquirenti le testimonianze delle presunte vittime sono attendibili, concordanti e coerenti e dunque costituiscono prove: palpeggiamenti, strofinamenti con i genitali, baci rubati sarebbero avvenuti quando l' istruttore si trovava solo con le allieve e soprattutto lontano dall' occhio delle telecamere interne. Ma ci sono domande importanti a cui gli investigatori della squadra Mobile guidati da Davide Corazzini vogliono trovare risposte: qualcuno dentro il maneggio ha visto e non ha denunciato? E' possibile che qualcuno, tra i genitori, abbia ricevuto confidenze dalle bambine e abbia sottovalutato i loro racconti?
Il centro ippico sorge nella prima periferia urbana del Casertano, immersa tra villette basse con le facciate scrostate e ritagli di agrumeti polverosi recintati da muretti.
titolare del maneggio
All' ingresso una piccola insegna azzurra: ente affiliato a discipline olimpiche, e il simbolo della Federazione italiana sport equestri (Fise). Tre gli istruttori, di cui uno federale di secondo livello. «Il maneggio è stato creato circa 15 anni fa dal mio cliente perché una delle sue figlie stava male e aveva bisogno di riabilitazione con l' ippoterapia. Ecco, questo è il mostro: una persona che ha messo al centro della propria vita la famiglia, e che ha lasciato la sua attività nell' edilizia per occuparsi della sua bambina», spiega l' avvocato Giuseppe Dessì che, il giorno dopo l' interrogatorio di garanzia, si prepara a presentare ricorso al tribunale del Riesame e lavora sulle indagini difensive.
«All' origine di queste denunce ci sono fatti che non sono stati appurati che cercheremo di fare emergere - annuncia - lui non riconosce nulla degli addebiti della procura, che sono mille miglia lontani dalla sua persona e che gli sono arrivati come una valanga addosso».
MANEGGIO
A partire dalle 15, le lezioni si susseguono come ogni giorno, in un clima di normalità apparente. «Avevo immaginato che fosse qui quando l' istruttrice ci ha detto che oggi avrebbe fatto lei la lezione - commenta la mamma di Sara, 11 anni (i nomi sono di fantasia, ndr) - Abbiamo fatto alcune lezioni di prova, che ora scadono, e dobbiamo decidere se confermare.
Non so che fare, anche se io mia figlia non la lascio mai da sola.
Un giorno quel signore mi ha detto: lei è troppo apprensiva».
Dalle stalle, dove sono ospitati una ventina di cavalli, un raglio rompe la quiete del maneggio.
«C' è un asino, sì, perché questa struttura è stata messa su da una persona che ama gli animali - racconta un familiare dell' imprenditore arrestato - Siamo tutti sconcertati, è una situazione assurda». . I frequentatori oscillano tra sorpresa e sgomento. «Se fosse vero sarebbe spaventoso» dice una mamma correndo via con la bambina.
MANEGGIO
«Speravo proprio che non fosse questo, il centro» commenta preoccupato un padre che accompagna il bimbo di cinque anni. Una giovane mamma parcheggia un fuoristrada: «Mai notato niente, mi è sempre sembrata una persona normale, tranquilla». Giorgia entra a passo svelto con il figlio di 11 anni: «Veniamo qui da un anno: mio figlio fa lezione due volte a settimana, e trovo queste accuse incredibili. Lui magari è un po' burbero, riprende i ragazzi quando sbagliano, ma la verità emergerà, ne sono sicura. Qui siamo come una famiglia: ho suggerito questo centro anche ad alcuni amici, e nessuno di loro ha mai detto nulla su possibili molestie. Se ci fosse stato qualcosa sarebbe emerso».
PARLA LA RAGAZZA CHE HA DENUNCIATO PER PRIMA
Daniela Cotto per “la Stampa”
centro ippico abusi
Federica (nome di fantasia) è finita in prima pagina. Per la violenza subita e per il coraggio di combatterla. Dopo anni di rabbia e sofferenze ha chiamato il Telefono Azzurro e denunciato il proprietario del maneggio in provincia di Caserta dove si allenava. E ci racconta la sua storia che scatena il #metoo dello sport italiano.
Federica, dove ha trovato la forza per compiere un gesto così coraggioso?
«Dagli ostacoli che ho dovuto affrontare a soli 14 anni, quattro anni fa. Più trovavo difficoltà, più mi convincevo che era giusto fare questo passo. Tutti mi dicevano che avrei dovuto risolvere la questione per conto mio e che senza prove non avrei ottenuto nulla. Un giorno è esplosa la rabbia che covavo da anni. Così ho scritto sulla chat al Telefono Azzurro ed è iniziato tutto.
Poi il caso è passato alla Questura e la vicenda ha fatto il suo corso. Volevo dei consigli, avevo una paura terribile ma non ne potevo più di quelle attenzioni morbose, di quei palpeggiamenti e dell' arroganza di quell' uomo. Avevo imparato a sottrarmi ma lui pensava che io scherzassi e tornava all' attacco.
Poveretto. E poi temevo che le bambine di nove anni alle quali lui prestava le sue attenzioni facessero una brutta fine».
In che senso?
«Lui allungava le mani anche sulle piccole, che forse non si rendevano neppure conto.
Tutto questo mi faceva star male fisicamente. Era insopportabile, anche perché gli altri del maneggio facevano finta di non vedere: l' omertà è terribile. Questo silenzio nello sport va combattuto. C' è troppo egoismo. Siamo chiari: se uno di 60 anni spinge contro il muro una ragazzina di 15 anni e le stampa un bacio indesiderato sulla bocca è violenza».
MANEGGIO
Durante il percorso di denuncia ha incontrato persone scettiche?
«Sì. Mi vergogno per loro. Sono stati tutti superficiali. E ancora in tanti, al maneggio, non credono a ciò che è successo».
Che cosa ha provato in questi anni?
«Violenza psicologica. È stata dura sopportare tutto questo.Quando vivevo quelle situazioni stavo male, arrivavo a casa e rimanevo per ore sul letto con lo sguardo perso nel vuoto. E la scuola ne ha patito, non riuscivo a concentrami. Mi creda, è una sensazione orribile. Mi sono salvata perché ho avuto la comprensione delle mie amiche, con le quali abbiamo fatto gruppo, e dei miei genitori».
È stato difficile parlarne in famiglia?
molestie 1
«Sì. Ma i miei hanno capito».
A scuola gli insegnanti si sono accorti del suo disagio?
«No. E nessuno si è chiesto cosa mi passasse per la mente».
Racconti delle amiche.
«Sono state fondamentali. Alcune di loro stavano vivendo lo stesso dramma, stavamo ore e ore al telefono o a parlare fitto fitto, tutte insieme. Poi chiudevamo sempre con la stessa domanda. "Ma perché a 16 anni dobbiamo stare qui a discutere dell' orco e non di feste o vestiti come fanno le adolescenti normali?».
Adesso lei come sta?
«Meglio, mi viene tutto più facile e soprattutto quando incontro una difficoltà non mi abbatto. Quando ero più giovane invece sprofondavo, mi crollava il mondo addosso».
Lei ha sospeso gli allenamenti. Tornerà a cavallo?
«Sì, mai più in quel posto. L' equitazione è la mia passione».
Che messaggio vuole lanciare per dare forza al #metoo dello sport?
«Di cercare sempre un appoggio, di parlare, aprirsi e confrontarsi. Dopo il Telefono Azzurro ho scoperto il "Cavallo Rosa", l' associazione che lotta contro gli abusi, e ho trovato grande aiuto e conforto. Svolgono un ruolo fondamentale, ascoltano e aiutano. Con loro non sei più sola».
Ha ricevuto messaggi di solidarietà in questi giorni?
«Sì, molti. Da tutti quelli che sapevano. Qualcuno su Facebook ha scritto che si aspettava di leggere di violenza. Ma dove siamo finiti? Ripeto, l' importante è uscire allo scoperto. E se qualcuno vi critica andate oltre. Per una persona che vi è contro, ce ne sono mille altre che staranno dalla vostra parte. E ci sono tante ragazze disponibili a parlare».
Come definisce un abuso?
cavallo
«Anche uno strusciamento è violenza. Qualsiasi cosa che ti infastidisce lo è. Se hai 60 anni e ti avventi su una ragazza di 17 lo è di sicuro».
Che effetto le ha fatto leggere dell' arresto del suo ex istruttore?
«All' inizio ero in panico, non riuscivo a realizzare. Poi mi sono calmata, ero felice».
Che cosa prova nei suoi confronti?
«Profonda rabbia e schifo. Non so come possa svegliarsi tutte le mattine con questo peso sulla coscienza».
Che cosa si aspetta dallo sport?
«Che si prendano provvedimenti seri. Perché anche se uno è stato arrestato, il maneggio va avanti. E c' è ancora chi non crede a quello che è successo».