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    “NON HO RICORDI PRECISI. LA MIA AMICA MI HA DETTO CHE AVEVAMO DECISO DI ANDARCENE ANCHE PERCHÉ LUI AVEVA COMINCIATO AD ESSERE MOLESTO NEI NOSTRI CONFRONTI” - PARLA LA 18ENNE CHE HA DENUNCIATO ALBERTO GENOVESE PER STUPRO: “CI SEGUIVA, ERA COME SE CI STESSE PUNTANDO. CI SIAMO DETTE: ‘STIAMO SEMPRE INSIEME’. NON SO COME CI SONO ENTRATA NELLA CAMERA DA LETTO. ERO SVEGLIA, MA COMPLETAMENTE ANDATA. NON RICORDO NIENTE. HO CAPITO CHE ERO IN PERICOLO DI MORTE E HO MANDATO MESSAGGI ALLA MIA AMICA CON IL TELEFONINO CHE NON SO NEANCHE COME FOSSE FINITO VICINO AL LETTO - LA DROGA? C'ERANO DEI PIATTI DA CUI TUTTI POTEVANO PRENDERE COCA E COCAINA ROSA. LA TROVI OVUNQUE MA..."


     
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    Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”

     

    Le dita tormentano nervosamente la maglia, poi alza lo sguardo per combattere la sua battaglia. Fino in fondo. La conversazione con la modella di 18 anni che ha denunciato lo stupro brutale per il quale è stato arrestato il 6 novembre il ricco imprenditore Alberto Genovese, 43 anni, si svolge nello studio milanese del legale che la assiste, l' avvocato Luigi Liguori.

    ALBERTO GENOVESE DANIELE LEALI ALBERTO GENOVESE DANIELE LEALI

     

    Come è arrivata alle feste di Alberto Genovese?

    «La prima volta a giugno, invitata da un mio caro amico di 23 anni, a sua volta amico della fidanzata di Genovese. Siamo andati in cinque amici».

     

    C' era qualcosa di strano?

    «No. L' unica cosa sbagliata era l' eccesso di droga. C'erano dei piatti da cui tutti potevano prendere cocaina e cocaina rosa. In qualsiasi festa della notte a Milano la trovi, ma non così tanta».

     

    Che gente c'era?

    «Gente che conoscevo del mondo della moda e della musica, età dai 20 ai 30 anni.

    Un bell' ambiente che non mi appariva pericoloso».

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    C'è sempre tanta droga in giro.

    «Diciamo che è molto alla portata di tutti ed è sempre più accessibile. Nel mondo della moda e in quello dello spettacolo è normalissimo vedere gente che ne fa uso».

     

    Quante volte è stata a Terrazza sentimento?

    «Tre. Anche nella seconda, a settembre, c'era bella gente».

     

    Nell' ultima è avvenuta la violenza.

    «Io e una mia amica siamo arrivate alle 20,30. Eravamo indecise se andare o no perché nessuno dei nostri amici sapeva che c'era la festa e non eravamo amiche né del signor Genovese né del signor Leali. Poi sul tardi Leali scrive alla mia amica di venire ché là era figo e, visto che c' era un' altra festa alle 23, abbiamo deciso di passare».

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    Infatti alle 22,30 stavate andando via, eravate sulla porta.

    «Non ho ricordi precisi. La mia amica mi ha detto che avevamo deciso di andarcene anche perché lui aveva cominciato ad essere molto molesto nei nostri confronti, ci seguiva. Era come se ci stesse puntando. Infatti, ci siamo dette: "Stiamo sempre insieme, non ci separiamo mai " ».

     

    Quando ha cominciato?

    «Appena arrivate abbiamo capito che c' era un ambiente strano. Solo una ventina di persone, molte ragazze e non conoscevamo nessuno. Genovese non lo conoscevo. Per me era quello che faceva le feste in Terrazza sentimento, che aveva fondato Facile.it (ne è uscito da anni, ndr ), il fidanzato di Sara. Non ci avevo mai parlato, non ci eravamo neanche presentati. Era arrogante».

    alberto genovese alberto genovese

     

    Perché pensa vi stesse puntando?

    «Stava aspettando che qualcosa facesse effetto», commenta l' amico che l' ha accompagnata. «Ci ha passato qualcosa che solo io ho preso volontariamente. La mia amica ha detto che dopo mi comportavo in modo molto strano. Era intorno alle 22, credo. Poi ho perso la memoria».

     

    Questo prima di entrare con Genovese nella camera dove c' è stata la violenza?

    «Sì. Non so come ci sono entrata. Ero sveglia, ma completamente andata. Non ricordo niente».

     

    Dove riparte la memoria?

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    «Da quando mi sono svegliata sul letto. Credevo di aver avuto un incubo. Ricordo di avergli detto "Ma dove siamo andati ieri sera?". Solo dopo l' arresto ho saputo quello che era accaduto. Ho solo alcuni flash di quello che è accaduto. Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma era tutto talmente assurdo che ho pensato che fosse impossibile. Poi hanno cominciato a sovrapporsi i ricordi, i dolori, le manette, lui che si comportava in modo violento e voleva ancora costringermi ad assumere droga. "Pippa", diceva. Ho capito che ero in pericolo di morte e ho mandato messaggi alla mia amica con il telefonino».

    ALBERTO GENOVESE ALBERTO GENOVESE

     

    Non l' aveva lasciato all' ingresso come imponeva Genovese ai suoi ospiti?

    «Sì. Non so come ci sia finito vicino al letto. Lui era sempre intorno a me, avevo paura della sua reazione. Non sapevo cosa fare, ho pensato: "Aspetto un attimo, capisco in che situazione mi trovo, magari mi sto solo facendo delle paranoie". Dopo un po' ho capito che davvero ero in pericolo, ma mi sentivo più sicura chiamando la mia amica che è venuta immediatamente sotto casa. Ho detto: "O mi fai scendere o lei chiama qualcuno. Appena sono arrivata in strada ho fermato una Volante della polizia che passava e ho detto che c' era stata la violenza».

     

    AUDIO DELLA RAGAZZA VIOLENTATA DA ALBERTO GENOVESE INVIATO A DANIELE LEALI AUDIO DELLA RAGAZZA VIOLENTATA DA ALBERTO GENOVESE INVIATO A DANIELE LEALI

    Genovese ha bruciato delle banconote che erano nella sua borsa. Perché lo ha fatto?

    «Non erano soldi miei, non ho alcuna idea del perché ce li abbia messi. Quando ho aperto la borsa, ho visto che dentro c' era un rotolo di banconote. Non so quante fossero.

    Qualcuno ha detto che ci siamo accordati per quel denaro. Non è vero. Poi le ha bruciate, ma questo l' ho saputo dopo».

     

    Dopo l' arresto, lui ha detto che eravate innamorati.

    «Assolutamente no. Non lo conoscevo nemmeno».

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    Più di venti ore sequestrata in una stanza. I suoi genitori l'avranno cercata.

    «Ovviamente sì. Mi vogliono molto bene. Nonostante la mia giovane età sono molto indipendente, sanno che faccio la mia vita. È capitato altre volte che non rispondessi per un intero pomeriggio, ma sapevano che ero andata ad una festa e pensavano che dormissi. Appena mi sono svegliata gli ho scritto dicendo che stavo bene per non farli preoccupare. Dopo che ho denunciato la violenza li ho avvisati.

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    Accade puntualmente che qualcuno dipinga le vittime come delle poco di buono. È successo anche a lei?

    «Certo. Hanno detto che sono una escort. Io non ho mai fatto niente del genere, non mi hanno mai offerto dei soldi per andare a queste feste. Erano feste normali, non erano orge. Tutto questo mi sta facendo soffrire molto perché non lo trovo giusto. È come se volessero farmi pentire di essermi esposta e di aver denunciato. Io ho fatto una cosa giusta, non capisco perché mi debbano trattare così. Mi aspetto di essere appoggiata».

     

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    Denuncerebbe di nuovo?

    «Assolutamente sì. Non c' è soddisfazione maggiore per me di vedere quell'uomo a San Vittore per causa mia. Da quanto sta emergendo, ha fatto queste cose per anni a tantissime ragazze».

     

    Dicono adesso i testimoni che con lui bisognava fare attenzione.

    «No. Magari giravano voci tra chi lo conosceva meglio. Io andavo a Terrazza sentimento quando c' era una festa. Non andrei mai a casa di una persona di cui si dice che violenta le ragazze».

     

    Ha letto le carte dell' indagine? Cosa ha provato?

    «Un po' di tenerezza per me stessa. Con me c'è stato un accanimento eccessivo».

     

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    Si parla di un pranzo con amici di Genovese prima che cambiasse avvocato e di una ipotesi di risarcimento.

    «Abbiamo preso solo un caffè con delle persone tra cui alcune che tempo fa hanno avuto rapporti con lui. Ho cambiato avvocato tramite conoscenti che non hanno alcun collegamento con Genovese. Volevo un professionista esperto e stimato. Non ci sono trattative in corso per un risarcimento».

     

    Daniele Leali, l'organizzatore delle feste, ha detto che l'ha incontrata.

    «È venuto a parlarmi per Alberto tre giorni prima dell' arresto. Come portavoce, ha detto».

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    Gli era giunta voce di quello che era accaduto?

    «Sì. La prima cosa che ho fatto è stato dirlo subito a tutti i miei amici che mi chiedevano perché ero in ospedale. Quando sono uscita sono stata sempre con loro in casa o al massimo a prendere una pizza. Non mi vergognavo e volevo che sapessero quello che aveva fatto quell' uomo».

     

    Cosa direbbe alle altre ragazze dopo quanto accaduto?

    «Che queste cose possono essere più comuni di quanto pensiamo. Se potessi tornare indietro, ci sono alcuni comportamenti che cambierei».

     

    Cosa desidera di più in questo momento?

    «Che la gente parlasse meno di tutto questo. Che mi aiutasse a voltare pagina. Vorrei pensare un po' a me stessa e anche diplomarmi».

     

    Verrà in aula se ci sarà un processo?

    «Non lo so. Vorrei solo guardarlo in faccia per vedere come mi guarda».

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