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    "DOPO IL DRAMMA DEL PICCOLO AYLAN HO CAPITO CHE DEVO AIUTARE CHI FUGGE", PARLA MARC GASOL, LA STAR NBA CHE HA SALVATO LA MIGRANTE NELLE ACQUE DEL MEDITERRANEO: "L’IMMAGINE DEL BAMBINO SIRIANO MORTO MI HA PROVOCATO UN SENSO DI RABBIA. NOI CHE SIAMO ATLETI CONOSCIUTI DOBBIAMO DARE L'ESEMPIO"


     
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    marc gasol marc gasol

    Robert Alvarez per El Pais pubblicato da la Repubblica

     

    Marc Gasol, uno dei migliori giocatori della Nba, è uno dei protagonisti del salvataggio di Josefa, la donna camerunense abbandonata al suo destino nelle acque del Mediterraneo. Il pivot dei Memphis Grizzlies, che risponde per telefono dalla nave Astral, ha vissuto in prima persona la tragedia quotidiana delle migliaia di migranti che rischiano e spesso perdono la vita nel tentativo di fuggire dalle guerre e dalla miseria dei loro paesi.

     

    Che ci faceva a bordo dell' Astral, con i membri della ong Open Arms?

    «Poco più di un anno fa ho conosciuto Óscar Camps, fondatore e direttore della ong Proactiva Open Arms. Avevo seguito le sue iniziative e mi interessava quello che diceva. Lo invitammo a fare un discorso nel campus della mia squadra di pallacanestro, la Basket Girona. Mi piacque molto quello che diceva. L' anno scorso non potei imbarcarmi perché dovevo giocare nell' Eurobasket. Questa volta ce l' ho fatta».

     

    Che cosa è successo?

    josephine gasol josephine gasol

    «Abbiamo ascoltato una conversazione tra una motovedetta libica e una nave mercantile nella quale chiedevano che quest' ultima impostasse la rotta verso un punto preciso dove si trovava una barca in pericolo. Abbiamo poi appreso che la motovedetta libica ha riportato i naufraghi indietro dopo aver distrutto la barca su cui erano rimasti per due notti. Tre persone almeno, però, le hanno abbandonate».

     

    E voi, che cosa avete fatto?

    «Abbiamo seguito un protocollo di ricerca. Di buon mattino, verso le sei e mezzo o le sette, abbiamo individuato un gommone semi-sommerso. Ci siamo diretti sul posto. Un soccorritore, Javier Filgueira, è stato il primo a tuffarsi.

    L' acqua era piena di benzina e con il sale diventa molto corrosiva.

    All' inizio sembrava che non ci fosse nessun sopravvissuto. Ma avvicinandoci di più, abbiamo visto che c' era una donna. Si aggrappava con un solo braccio a un pezzo di legno lungo circa mezzo metro, non di più. C' erano anche un' altra donna e un bambino morti».

     

    Che avete fatto?

    marc gasol marc gasol

    «Li abbiamo portati a bordo della nostra scialuppa e poi della nave. Lì la donna è stata affidata ai medici.Era in stato di shock. Le abbiamo detto che l' avremmo aiutata.

    Abbiamo appreso che si chiama Josefa e che è del Camerun».

     

    Perché fa tutto questo?

    «La situazione è tale che è al di sopra dei miei sentimenti personali. Stiamo parlando di atti disumani, criminali. Queste persone avrebbero dovuto essere salvate. La guardia costiera afferma di aver salvato 158 persone. E se non fossimo arrivati noi, la cosa sarebbe finita lì. Nessuno avrebbe saputo nulla. Ma ci siamo resi conto che lì c' erano dei corpi, che avevano lasciato diverse persone in una situazione impossibile».

     

    Che cosa prova?

    PROACTIVA OPEN ARMS PROACTIVA OPEN ARMS

    «Un senso di frustrazione. Provo rabbia, impotenza. È la sensazione di aver contribuito a salvare una vita. Se non fosse stato per la nostra squadra, nessuno avrebbe saputo che cosa era successo. Si sarebbe detto che avevano salvato 150 persone e la realtà è che hanno lasciato delle persone vive in mezzo al mare. So come stava quella gente.

    Se fossimo arrivati prima, forse avremmo potuto salvare più persone. E se fossimo arrivati quindici o venti minuti dopo, Josefa sarebbe morta».

     

    Che cosa l' ha spinta a partecipare a queste iniziative?

    AYLAN AYLAN

    «La fotografia di Aylan, il bambino siriano morto sulla costa turca nel 2015 ha provocato in me un senso di rabbia e allo stesso tempo mi ha fatto capire che ciascuno di noi deve fare la sua parte perché certe cose non accadano più. Fu allora che conobbi Óscar Camps. Rimasi colpito dalla sua convinzione, da come abbia messo a disposizione di questa causa tutte le sue risorse economiche, logistiche e personali per aiutare queste persone.Ammiro chi fa qualcosa e non aspetta che lo facciano altri».

     

    C' entrano qualcosa i suoi figli con questo aspetto della sua vita?

    « Ne ho due, Julia e Luca. Voglio essere un esempio per loro. Immagino la situazione di un padre che deve affrontare viaggi in cui abbondano le estorsioni, gli omicidi, pericoli di ogni genere in cui rischiano tutto per raggiungere un paese dove poter vivere in pace e con dignità. Mi metto nei loro panni e penso che vorrei che qualcuno mi aiutasse con il suo tempo, con i suoi soldi, che mi desse una mano.

     

    PROACTIVA OPEN ARMS PROACTIVA OPEN ARMS

    Penso che dovremmo tutti contribuire mettendoci il nostro granello di sabbia. È molto diverso sentire o leggere che c' è un certo numero di morti qui o là. Ma quando vedi quella persona morta, sai che era il centro del mondo nella vita di qualcuno. E non c' è più. Si vuole sminuire e disprezzare il lavoro delle organizzazioni umanitarie che si dedicano a questo. Lo trovo incredibile, una mancanza di umanità inaudita».

     

    Lei è un professionista della Nba, un giocatore molto importante per i Memphis Grizzlies. Rischia il doppio dedicandosi a questa impresa.

    «Dobbiamo dare l' esempio, mostrare quanto sia grave ciò che sta accadendo. Voglio essere un testimone diretto e salvare delle persone. Il rischio che posso correre per il fatto di essere un giocatore della Nba passa in terzo piano. Non c' è miglior esempio dei volontari che sono qui, con i quali sto convivendo. Sono una squadra eccezionale e vedi che fanno tutto per il bene comune».

    pau e marc gasol pau e marc gasol

    - traduzione Luis E. Moriones

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