Sara Cariglia per "Gente"
loredana canò
«Era il 2 agosto 2012». Loredana Canò ricorda persino il giorno in cui conobbe Patrizia Reggiani, sua ex amica e mandante dell’omicidio del marito Maurizio, ultimo erede della dinastia Gucci, ucciso nel 1995 a Milano.
E così, senza fermarsi per due ore, seduta in un caffè all’ombra del Duomo, si lascia andare a confidenze che svelano i retroscena della storia di due vite che si sono intrecciate e che ora sono al centro di un’indagine giudiziaria costellata da buchi e contraddizioni.
Divenuta sua confidente nel carcere di San Vittore e assistente personale fuori, la Canò, già rinviata a giudizio con l’accusa di aver orchestrato la circonvenzione della “vedova nera”, tornerà di nuovo processo. «L’udienza preliminare è fissata al 4 ottobre. Sono convinta che emergerà la verità». Ecco la versione di Loredana.
LOREDANA CANo - patrizia reggiani
Come è stato l’incontro Reggiani-Canò?
«L’incontro con Patrizia Martinelli Reggiani avvenne nel 2012, durante la mia custodia cautelare (dal 2 agosto 2012 fino al 19 mar- zo 2013, ndr) a San Vittore. Lei venne verso di me e si presentò con queste parole: ‘Piacere, Patrizia’. Non sapevo chi fosse. Fu una delle tre ragazze in stanza con noi a spiegarmelo».
Che tipo di rapporto era il vostro?
«Fu di reciproco rispetto e stima. Ci chiamavamo per nome, ma dandoci del “lei”. Mi era stata descritta come persona molto diffidente, con la quale era difficile rapportarsi e che raramente dava confidenza o parlava di sé. Si comprendeva che era una donna con un carattere forte, che sapeva quello che voleva e come ottenerlo. Potrei raccontare tante cose di quei sette mesi ma, è una parentesi di vita che mi sono lasciata alle spalle.
Per me, contrariamente a Patrizia, l’esperienza carceraria non è un vanto. E visto che io in questa vicenda vengo chiamata da tutti la “pregiudicata”, guardando la realtà dalle giuste proporzioni, il mio reato è un granello di sabbia rispetto al suo: ha tolto la vita a un uomo per paura di perdere il proprio status sociale».
villa venduta da patrizia reggiani a milano 1
Le ha mai parlato dell’omicidio dell’ex marito Maurizio Gucci?
«Non ho mai fatto domande. Solo una sera quando rientrò dal giorno di permesso notai che era un molto agitata. Entrata in cella mi chiese se potesse sedersi sul mio letto. Aveva visibilmente bevuto, era molto arrabbiata. Io non chiesi nulla, tranne se stesse bene. Lei iniziò a confidare che aveva litigato con la sua famiglia e che, se si trovava in quella situazione, era solo perché voleva garantire un futuro alle sue figlie.
Compresi lo stato di alterazione e la fermai. Le dissi che forse era meglio che ci dormisse su e, se poi avesse avuto bisogno di parlarne, io ci sarei stata. Non era la prima volta che raccontava i dissapori familiari dopo essere rientrata».
patrizia reggiani - LOREDANA CANo
Non le disse altro?
«A parte questa frase, non mi disse quasi nulla. L’unica cosa che mi confidò una sera, dopo aver litigato con la sua famiglia, in particolare con una delle figlie, è che Alessandra e Allegra, nate dal matrimonio tra lei e Maurizio Gucci, avrebbero dovuto ringraziarla perché se non ci fosse stata lei non avrebbero potuto fare la bella vita, ma sarebbero dovute andare a lavorare.
La invitai a valutare il fatto che le figlie avrebbero preferito svolgere un lavoro e avere un papà, piuttosto che vivere con il ricordo di un padre trucidato dalla madre. Mi lanciò un’occhiata come a folgorarmi».
Quando si dichiarò invece non estranea al delitto?
«Ripeto: a me non ha mai riferito nulla. Ma so che nel 2014, nel corso di una intervista in tv, ammise di essere stata la mandante dell’omicidio del marito Maurizio e che non avrebbe potuto fare da sola perché non aveva una buona mira. Ho letto che Gucci voleva sposarsi con la sua compagna Paola Franchi e, se questo fosse avvenuto, Patrizia avrebbe perso lo status di “signora Gucci”.
patrizia reggiani gucci
Effettivamente Patrizia adora essere chiamata “signora Gucci” ma, per me, persona semplice, sembra impensabile uccidere una persona per una questione così frivola».
Com’era la vostra giornata tipo?
«In cella avevamo di comune interesse film e documentari su animali. Patrizia la mattina dormiva anche fino alle 11 poi, quando aveva voglia, scendeva in giardino.
Le era stato concesso questo spazio e non l’area comune, non per privilegio, ma solo per tutela, poiché in quegli anni a San Vittore “abitava” anche la sua coimputata (la “maga” Pina Auriemma, ndr). Per quanto riguarda invece me, in carcere lavoravo per mantenermi e partecipavo a vari corsi. Ero riuscita a coinvolgere Patrizia sia nel corso di teatro che in quello sulla violenza sulle donne».
La Reggiani, per molti sempre e solo «Lady Gucci», a Victor’s Residence, come ribattezzò il carcere di San Vittore, avanzava pretese nei vostri confronti?
«Qualche volta. Acquistava la cera e pretendeva che la passassimo a terra il giorno del suo permesso d’uscita. Il regolamento del carcere, però, prevedeva solo che tenessimo la cella pulita e non che stendessimo la cera.
patrizia reggiani gucci 8
Quindi le feci capire che se desiderava il pavimento lucido, la cera avrebbe dovuto passarsela da sola e che nessuno di noi era a suo servizio. Aveva quest’aria di comando soprattutto con una ragazza sudamericana, a cui chiedeva di prepararle da mangiare o lavarle la biancheria intima, in cambio di campioncini di crema o profumi che portava al suo rientro dal permesso-uscita.
Ci fu un momento in cui chiesi addirittura di farmi spostare in un’altra stanza. Non sopportavo questa sua arroganza e prepotenza. Era una provocatrice. Avrei preferito un po’ più di tranquillità: Patrizia litigava con tutti e il rischio di essere chiamate a rapporto a causa sua era sempre dietro l’angolo. Il cambio di cella poi non ci fu perché lei se ne era dispiaciuta ed ero rimasta in cambio della promessa di essere più rispettosa».
patrizia reggiani gucci 1
Che carattere ha? Si narra che sia una persona magnetica.
«È una donna che ama mettere in evidenza anche quello che non ha. Quando si accendono i riflettori non capisce più niente. E poi diciamo che sa quali “corde” toccare per ottenere le cose dalle persone: ne individua il punto debole e lo usa a proprio favore».
Se le avessero detto che sarebbe diventata l’assistente personale della donna interpretata da Lady Gaga nel film House of Gucci di Ridley Scott, ci avrebbe creduto?
«Diventare l’assistente di un ricercatore che ha scoperto la cura per il cancro sarebbe stato un vanto per me, non di Patrizia Reggiani, nota per un delitto, una donna che non avrebbe potuto permettersi neppure una colf a mezzo servizio. La realtà è che per lei non ero un’assistente personale, ma amica e ancora di salvezza».
Che cosa vuole dire?
«Prima che me ne andassi da San Vittore, Patrizia mi chiese se fossi sicura di tornare a casa perché, se avessi voluto, avrei potuto rinunciarvi e rimanere lì in carcere. Mi fece molta pena: era una persona disperata che preferiva rimanere in un istituto di pena perché fuori non aveva nessuno che l’aspettasse. Mi chiese il numero telefonico e l’indirizzo di casa».
patrizia reggiani
Glielo diede?
«All’inizio rimasi perplessa, ma poi mi sembrava scortese non darglielo. E sinceramente pensavo che, una volta all’esterno, difficilmente i nostri rapporti si sarebbero mantenuti. Fu un errore».
Poi cosa è accaduto?
«Neppure il tempo di godermi la mia nuova vita che mi arrivò una telefonata sul cellulare da un numero sconosciuto. ‘Sono Patrizia, ti sei già dimenticata?’. Notai che mi dava del “tu” e mi invitò a fare altrettanto. Da quel momento quando usciva in permesso mi chiamava per salutarmi. Questo fino a settembre 2013».
patrizia reggiani
A quel punto, la Reggiani torna libera. Che cosa ricorda?
«Mi chiamò per avvisarmi un venerdì. Tornò in libertà dopo 17 anni. Se solo avesse accettato di lavorare, sarebbe potuta uscire molto prima, ma diceva di non aver mai lavorato in vita sua. Rimasi meravigliata delle sue continue telefonate.
Quando la sentivo non avvertivo in lei gioia, ma quasi il rimpianto di essere tornata a casa. Anzi, mi disse che stava meglio a “Victor’s Residence”. Le risposi che era pazza a dire così, ma lei molto seccamente replicò precisando che non conoscevo la sua famiglia, specialmente sua mamma. Non feci altre domande».
maurizio gucci 1
Come divenne la sua assistente?
«La domanda non rende giustizia alla grande amicizia che mi legava a Patrizia. Mi sono occupata di lei anche materialmente perché mi faceva tenerezza. Il lavoro è venuto molto dopo».
Racconti.
«L’incontro di persona avvenne casualmente. In quel periodo lavoravo presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Milano e, un giorno, mentre ero in centro con mia figlia, sentii una voce: «Ciao, come stai?». Mi girai e la vidi. Era in macchina con l’autista e la figlia Alessandra. Era molto contenta di vedermi, così ci invitò subito a prendere un aperitivo al bar Cimmino».
Andiamo avanti.
patrizia reggiani con madre e figlie
«Da quel momento Patrizia, avendo saputo che io lavoravo dal Giudice di Pace in via Guastalla, a due passi da casa di sua madre dove veniva ospitata per scontare l’affidamento prova al servizio sociale, mi chiamava per invitarmi a prendere un aperitivo o andare a pranzo con altre sue amiche. Ci teneva a presentarmele, una cosa che non ho mai compreso.
Giorno dopo giorno tra di noi si instaurò una profonda amicizia e mi feci carico di lei, anche economicamente. Ho numerose prove che ho fornito ai miei avvocati penalisti Alessandro Sacca e Renato Musella, nonché al mio civilista, Raffaello Fabbri, che dimostrano esborsi per quasi 100mila euro per Patrizia, anche per spese mediche. Tutte spese documentabili».
Ovviamente non erano donazioni!
maurizio gucci
«Non scherziamo, io ho una figlia da mantenere che per me è la priorità assoluta. Patrizia per poter stare bene aveva bisogno di spendere, io avevo dei risparmi. Lei non aveva nulla e, nel frattempo aveva anche perso l’affetto di figlie e amicizie. Viveva ospite dell’anziana madre Silvana Barbieri. Non aveva il becco di un quattrino all’epoca, ma diceva che sarebbe tornata ricca. E mi convinse a prestarle i soldi o, meglio, a garantirle che avrei pagato i suoi vizi. Mi assicurava che mi avrebbe restituito tutto e che, quando fosse stata in grado, mi avrebbe offerto un lavoro come sua assistente e…».
E?
«Non dimentichiamoci che Patrizia aveva in corso una causa milionaria con le figlie per il pagamento del vitalizio concordato in sede di divorzio con l’ex marito e che era erede della anziana madre. Dall’altro canto, a dimostrazione del fatto che Patrizia avesse bisogno dei miei soldi per condurre uno stile di vita agiato, vi è la procedura di ammi- nistrazione di sostegno avviata da sua madre, che non la riteneva in grado di gestire neppure un euro».
PATRIZIA REGGIANI
E quindi, come è diventata l’assistente personale di Patrizia Reggiani?
«Patrizia mantenne la sua promessa e, ad aprile 2019, dopo la morte della madre, mi chiese di trasferirmi da lei e di assisterla come executive assistant e autista, visto che quello di sua madre si era tirato indietro e i collaboratori domestici non guidavano. Il giudice tutelare approvò la mia assunzione».
Con quale contratto fu assunta?
«Con un regolare contratto di lavoro che doveva riportare livello e mansione di assistente personale, ma che invece fu stipulato con l’incarico di dama di compagnia, con uno stipendio di 1.500 euro al mese. Mi accorsi solo l’anno successivo, con la dichiarazione dei redditi, che in base a quel contratto l’Irpef era tutta a carico mio e che quindi quei 1.500 euro sarebbero diventati circa 1.200».
PATRIZIA REGGIANI
Svolgeva solo quella mansione?
«No. Patrizia ereditò anche delle partecipazioni societarie e propose all’amministratore di sostegno e agli amministratori delle società, in virtù della mia esperien- za professionale precedente in varie aziende, che io seguissi la gestione ammi- nistrativa delle società. Accettai e, avendo già un contratto di 40 ore, (anche se le ore lavorate erano molte di più, perché per Patrizia l’assistenza era h24 per 7 giorni), mi fu consigliato di aprirmi la partita Iva».
Come passavate le giornate?
«Prima della morte della madre io lavoravo, vedevo Patrizia nel pomeriggio. Ma appena si svegliava mi chiamava per darmi il buongiorno e continuava a telefonarmi per tutto l’arco della giornata. Mi contattava per chiedermi di cercare su internet negozi che vendevano vestiti visti sulle varie riviste che leggeva. Dopo il lavoro andavo a prenderla e siccome non voleva stare in casa con la madre, organiz- zava sempre qualcosa da fare: cinema, teatro, shopping, mostre e viaggi. Tutto a mie spese. Molte volte il suo cercarmi di- ventata quasi ossessivo».
MAURIZIO GUCCI E PATRIZIA REGGIANI
Non solo mamma e figlia, ma anche nonna e nipoti pare che fossero ai ferri corti.
«Non mi piace entrare in vicende familiari di cui non conosco le dinamiche, ma il problema sembra che fosse solo uno: i soldi. Questa disputa era talmente forte, che la stessa signora Barbieri diede disposizione al suo avvocato di fiducia che alla sua mor- te, alla divisione ereditaria, non dovessero assolutamente parteciparvi le nipoti. Anzi, non le voleva neppure al funerale, al punto che diede “ordine” al proprio legale e all’autista Antonio Pavesi di chiamare i carabinieri se si fossero presentate».
[...] Alziamo il sipario su Patrizia Reggiani e sull’eredità milionaria della madre Silvana.
«Eredità milionaria? Patrizia ha ereditato non solo molti soldi, ma anche tanti debiti dovuti al mancato pagamento di tasse delle società. Tirate le somme tra il dare e l’avere, non si parla più di un’eredità milionaria».
MAURIZIO GUCCI E PATRIZIA REGGIANI
Le cronache ventilano altro, però. Parlano di un patrimonio da capogiro “spolpato” e prosciugato da avvocati e consulenti. Tra i protagonisti dell’intrigo per i pm ci sarebbe anche lei, la quale avrebbe convinto Reggiani, due volte ereditiera, a “fare la guerra alle figlie” per gestire anche il vitalizio ot- tenuto dal marito Maurizio Gucci. Cosa è accaduto?
«La giustizia farà il suo corso, ma io sono vittima in questa vicenda».
Eppure a sentire la Procura lei «condizionò pienamente» Patrizia Reggiani, convincendola che fosse necessario «fare la guerra alle figlie».
«Ma quale guerra alle figlie? Quale isolamento? Ma come si fa a pensare che Loredana Canò abbia rotto il rapporto tra una madre e due figlie che si fanno causa per milioni di euro? È dalla scarcerazione di Patrizia che i giornali riportano i conflitti tra lei e le figlie. Dopotutto, la loro madre ha ucciso il loro padre ed è anche andata a dirlo in tv a settembre 2014. Nel 2014 è iniziata pure la disputa fra nonna e nipoti e ci fu anche da parte della Barbieri verso le nipoti un’esecuzione di sfratto dalla villa in via Andreani. Poi fu il turno di Patrizia.
PATRIZIA REGGIANI A MILANO COL PAPPAGALLO FOTO LAPRESSE
I motivi sono sempre economici: Paola Franchi iniziò l’azione legale di risarci- mento nei confronti di Alessandra e Allegra Gucci, le quali erano debitrici verso Patrizia Reggiani del famoso vitalizio. Da questo momento cominciò la lotta fra lei e le figlie. Patrizia a seguito di cadute e pro- blemi di salute ha subito vari interventi.
Nel 2015 fu operata due volte all’omero sinistro, le figlie furono avvisate, ma nes suno venne (neanche le amiche). Nel 2016 Patrizia si sottopose a un intervento alla schiena, le figlie furono avvisate, nes- suno venne (neanche le amiche). Nel 2017 Patrizia dopo aver terminato il pe- riodo di affidamento fa la valigia e con l’autista va a Sankt Moritz per trascorrere qualche giorno con la figlia.
Qui trova Allegra che invece di accoglierla con un ab- braccio chiama le guardie svizzere e la fa buttare fuori dalla proprietà. E fino al 2020-2021 ci sono le interviste delle fi- glie dove si vantano di questi episodi ed esaltano il proprio conflitto con la madre e la causa in essere per il vitalizio. Quindi cosa c’entro io?».
PATRIZIA REGGIANI A MILANO COL PAPPAGALLO FOTO LAPRESSE
Lei è nel mirino della Procura per aver indotto la Reggiani a firmare una polizza vita da 6,5 milioni indicandosi tra i beneficiari di un terzo della somma. Come si è arrivati a questo?
«Io sono stata a mia insaputa nominata beneficiaria di una polizza stipulata per non pagare una cartella esattoriale lega- ta a una tassa di registro per la causa del vitalizio di oltre 6 milioni di euro. Quindi, la famosa polizza di cui io sarei benefi- ciaria del 34%, è in realtà un escamotage deciso per evitare che l’Agenzia dell’Entrate potesse pignorare l’importo di cui Patrizia Reggiani era debitrice. Questo tipo di assicurazioni sono impignorabili.
Tale polizza è stata autorizzata sia dall’amministratore di sostegno sia dal giudice tutelare. Ma che nessuna eredità milionaria sia stata spolpata lo si capisce dalla costituzione di parte civile di Patrizia Reggiani».
Chiarisca.
«Mi chiedono indietro importi per prestazioni rese nell’interesse delle società e spese legali dovute per le cause di lavoro intentate e purtroppo perse. Il giudice del lavoro, pur dandomi torto, ha riconosciu- to che il lavoro per le società è stato fatto. Quando Patrizia ha ereditato nessuno poteva portarle via un euro, perché il tut- to veniva autorizzato dal giudice tutelare. Questo non lo dico io, lo dicono i fatti e anche le prove».
PATRIZIA REGGIANI A MILANO COL PAPPAGALLO FOTO LAPRESSE
Quindi di chi è la colpa?
«Chi è stata frodata sono io. La signora Pa- trizia Reggiani dalla fine del 2014 fino alla morte della madre si è fatta prestare dei soldi che a oggi non ha mai restituito. Parliamo di viaggi, vestiti, visite mediche, parrucchieri, trattamenti di bellezza, ristoranti, cinema e teatro. Eppure, ho letto sui giornali di averle portato via una pa- lazzina del valore di 18 milioni e di essermi impossessata di una cifra di 3 milioni di euro. Non è così. Io credo che il tutto sia dovuto anche a un pregiudizio strabi- co: i titoli di alcuni quotidiani mi defini- scono “ex-detenuta”. E la Reggiani, non è anche lei una ex-detenuta?».
Cosa le pesa di più?
«Innanzitutto il coinvolgimento da parte della stampa di mia figlia. Questo non lo posso accettare. lo a processo mi diten-derò ed è per questo che ho scelto di andare a dibattimento. E poi sono stanca di vedere il mio nome accostato a quello della signora Pina Auriemma (condannata insieme a Patrizia Reggiani in via definitiva per l'omicidio di Gucci, ndr).
Io non c'entro nulla con quella vicenda accaduta 20 anni prima di conoscere Patrizia». Sempre secondo la ricostruzione della Procura lei avrebbe convinto Patrizia Reggiani a far subentrare come amministratore di sostegno l'avvocato Daniele Pizzi (che ha poi patteggiato), il quale avrebbe autorizzato operazioni non per l'interesse della vedova Gucci "bensì proprio e dei sodali".
PATRIZIA REGGIANI
Tra i presunti sodali, compare anche il suo nome. Cosa è successo?
«Assolutamente falso. Confermo di aver presentato io l'avvocato Pizzi a Patrizia, ma come avvocato. Me lo chiese lei, che non andava d'accordo con il precedente amministratore. Pizzi lo incontrai prima io per spiegargli la situazione economica di nullatenente di Patrizia. E poi anche la mia: non volevo essere coinvolta in nessun modo perché non potevo permettermi una spesa del genere».
Nel procedimento le “denunce” che vengono mosse contro di lei sono a vario titolo. Per l’accusa lei avrebbe rubato dei gioielli.
«In quella casa se hanno rubato, hanno rubato gli altri, non di certo io. Il furto l’ho subito io. Mi è stato rubato un bracciale che la signora Patrizia Reggiani ha detto essere suo, quando sapeva benissimo che mi fu regalato dai miei genitori 35 anni fa quando mi sposai, (ci sono foto che lo provano).
Addirittura è stato sequestrato nella sua custodia originaria, che riportava il nome della gioielleria che lo vendette, guarda caso di Napoli, la mia città! In più occasioni Patrizia mi aveva chiesto se glielo regalassi. Il bracciale oggi mi è stato restituito, ma, a causa del pregiudizio e della campagna mediati- ca-giudiziaria di cui sono vittima dal 2021, ci sono volute molte cause civili e penali per riaverlo indietro. Cause che mi hanno provata sotto tutti i punti di vista».
PATRIZIA REGGIANI A MILANO COL PAPPAGALLO FOTO LAPRESSE
E gli altri tre oggetti di cui si parla, una collana di bigiotteria e due anelli d’oro?
«La collanina di bigiotteria e il primo anello furono dei regali che ricevetti dalla signora Silvana Barbieri. Desidera- va scusarsi per come si era comportata nei miei riguardi, ma soprattutto erano il dono per una promessa che voleva che io mantenessi dopo la sua morte. Mi chiese di occuparmi della sua maltesina Neve e di sua figlia Patrizia. Il secondo anello, invece, mi fu donato da Patrizia a Natale 2019. Doveva essere della madre e, non avendomi comprato nessun rega- lo, pensò di regalarmelo. Proprio in me- rito a quest’ultimo anello, c’è una sen- tenza che lo riconosce come oggetto di mia proprietà».
Perché allora è stata rinviata a giudizio?
«Non mi piace commentare i provvedimenti giudiziari, sono convinta che a processo la verità verrà fuori». Qual è l’accusa che l’ha ferita di più di tutte? «Tutte, perché non veritiere e basate so- prattutto su pregiudizi. Dimostrerò che sono infondate. Ma quello che più mi ha ferita è continuare a essere definita “pre- giudicata”, “condannata”, “l’ex-compagna di cella”.
Lo trovo diffamatorio e lesivo della mia immagine. Il mio incidente di percorso è avvenuto 12 anni fa. Ho tra- scorso solo sette mesi a San Vittore in cu- stodia cautelare (all’epoca facilmente ap- plicata) e ho pagato il mio debito sia con la società che economicamente».
patrizia reggiani
Ha mai più rivisto la sua ex-amica?
«No. Però ho sentito dire che la signora Reggiani non sta bene fisicamente. Non auguro il male a nessuno, mi piacerebbe fare un confronto con il suo stato di salu- te psicofisico attuale e quello di quando ero io a occuparmi di lei».
Come si dice: ai posteri la sentenza. Pentita di qualcosa?
«No. Quello che ho fatto in questi anni l’ho fatto credendo in un valore molto im- portante: l’amicizia. Patrizia Reggiani dopo essere stata abbandonata da tutti ha chiesto aiuto e io non ho saputo girarle le spalle. La prova della mia buona fede sta qua, nel non aver accettato nessun pat- teggiamento. Se c’è una persona che è stata offesa, usata, raggirata ma, soprat- tutto derubata, questa persona sono io!».