Estratto dell’articolo di Sara Scarafia per www.repubblica.it
MICHELA MURGIA E LORENZO TERENZI
E dire che a fare quello spettacolo a Nuoro, nel 2017, Lorenzo Terenzi non doveva nemmeno andarci. «Mi hanno chiamato all’ultimo momento come aiuto regista perché la persona che doveva farlo non poteva più». Michela se la ritrova davanti in hotel, in ascensore. «Sono patito di musica, come lei del resto, e avevo su una maglietta dei The Kills e lei mi fa: “Che hai addosso, così colorata”. […] Lorenzo Terenzi, 35 anni il 19 agosto, è appena tornato dal funerale […] Lui di Murgia è il marito: l’ha sposata in articulo mortis il 15 luglio. […]
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[…] Lorenzo, perché Michela Murgia ha scelto proprio lei?
«Diceva sempre che ero saggio, “Lollo è saggio, è Zen”. […] Sapeva che per mestiere riesco a essere centrato anche sotto stress. […] A ciascuno di noi, Michi ha lasciato un compito da portare avanti. Ha organizzato tutto».
Riavvolgiamo il nastro. 2017, “Quasi Grazia”, di Gabriele Lavia e Veronica Cruciani con Murgia nella parte di Grazia Deledda.
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«Ci siamo conosciuti così, per un caso. Abbiamo passato insieme poco più di un mese, ma le barriere tra di noi sono saltate subito. Facevo il training agli artisti prima dello spettacolo: ci vuole fiducia, un rapporto con il corpo. Diciamo che col teatro vai subito in profondità».
E poi?
«Siamo diventati grandi amici, migliori amici. Io a Roma abitavo a Testaccio, lei a Trastevere, quartieri vicini, e abbiamo cominciato a vederci spesso per cene e chiacchiere infinite: dalla filosofia alla musica, dalla religione alla cucina».
Chi è Lorenzo Terenzi?
«Sono un attore, regista e musicista. Sono nato nella periferia di Firenze. Ho studiato da perito informatico ma a 12 anni ho scoperto il teatro, la mia vocazione, il mio Daimon».
MICHELA MURGIA E LORENZO TERENZI
Cresciuto in una famiglia tradizionale?
«Tradizionalissima, pochissimi libri in casa. I miei sono andati a teatro la prima volta quando ho cominciato a farlo io».
[…] Cene, chiacchiere, spensieratezza. Poi la malattia.
«Ero a casa sua, tra Natale e Capodanno. Non si sentiva bene. Era stanca, aveva l’affanno, ma aveva fatto una tournée e pensava che il malessere fosse psicosomatico. Parliamo tanto, dopo un po’ mi dice che sta meglio e mi chiede di andare in farmacia. Invece poi finisce in ospedale».
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[…] Nasce così la famiglia queer?
«Direi di sì, ci conoscevamo già tutti ma la malattia di Michi ci ha uniti in un modo indescrivibile. Era quella che voleva: trasformarla in comunione».
Quando le ha chiesto di sposarla?
«Pasqua scorsa, dopo la diagnosi. Le avevano dato quattro anni. Eravamo in un club in cui nemmeno voleva andare. Mi chiede: “Te la senti?”».
E lei?
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«Io le dico che sono riservato e lei mi dice che non potevamo farlo di nascosto. Io capisco e accetto. Poi le cose si sono evolute velocemente. Mi ha detto: “Dobbiamo farlo prima”. E così è stato».
Mai un dubbio?
«Mai. Finora ho messo la politica in quello che facevo, adesso dovrò fare di più. Non so ancora cosa, ma lo farò».
Un ricordo da condividere?
Lorenzo ride. «Uno? Ma cosa posso raccontare? Di quando a Gavoi, ci conoscevamo da poco, ho vomitato dal finestrino della macchina - lei era alla guida, io ero dietro - senza che nessuno se ne accorgesse e arrivati all’hotel le ho chiesto di darmi le chiavi dell’auto per pulirgliela? […]».
Litigate?
«Tante, ma mai con violenza. L’ironia ci ha sempre legati. Ci mandavamo a quel paese ma poi ci ridevamo su».
[…]