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    "PER LUI NON CI SARÀ MAI PERDONO, COSA C'ENTRAVAMO NOI BAMBINI?" - NICOLA DI MATTEO, FRATELLO DEL BAMBINO SCIOLTO NELL'ACIDO: "ACCETTIAMO LE SENTENZE E IL FATTO CHE ABBIA FINITO DI SCONTARE LA PENA. MA PERDONARE NO, MAI. A NOI NON HA MAI CHIESTO SCUSA, MA ANCHE SE LO FACESSE SE LA POTEVANO PRENDERE DIRETTAMENTE CON MIO PADRE, NON LE PARE? I BAMBINI CHE NE SANNO?”


     
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    Riccardo Arena per “la Stampa”

     

     

    santino giuseppe di matteo santino giuseppe di matteo

     «Non può perdonare lei, figuriamoci se possiamo farlo noi familiari». La domanda, un po' banale in verità, sul perdono possibile per Giovanni Brusca da parte delle sue vittime, incontra la risposta decisa, affilata, dritta al cuore, di Nicola Di Matteo. Non è più un bambino e nemmeno un ragazzino: è un uomo di 40 anni, sposato, ha due figlie.

     

    Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

    «Avessi avuto il maschietto si sarebbe chiamato Giuseppe»: come Giuseppe Di Matteo, il fratello che il cosiddetto "Verru", il porco, il boss di San Giuseppe Jato da 150 fra stragi e omicidi, gli fece uccidere nel gennaio del 1996. «Eravamo insieme a pranzo, quel giorno, poi Giuseppe è uscito e non è tornato più. Sparito nel nulla. Se ci siamo allarmati? Certo, subito. Io ero piccolo ma ricordo tutto bene: con Giuseppe stavamo sempre insieme, avvertivamo quel clima pesante, quella brutta situazione, sapevamo che volevano vendicarsi di nostro padre..».

     

    Era il 23 novembre 1993, quel giorno, il giorno in cui il piccolo Di Matteo, uscito per andare al maneggio di Villagrazia in cui si esercitava con la passione della sua brevissima vita, i cavalli, fu rapito da un gruppo di mafiosi capeggiati dai fratelli Graviano. Loro erano palermitani, il figlio tredicenne del pentito Santino Di Matteo era di un paese poco sopra il capoluogo siciliano, Altofonte: i rapitori andarono a colpo sicuro. Dopo due anni e due mesi di prigionia inumana, Giuseppe fu ucciso e poi sciolto nell' acido.

     

    brusca brusca

    Su ordine di Brusca, dal fratello di lui, Enzo Salvatore, da Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo. Tutti pentiti, tutti liberi. Da lunedì lo è anche Giovanni. «Erano persone, i Brusca, che venivano regolarmente a casa nostra. A Giovanni, a Enzo abbiamo dato da mangiare, me lo ricordo bene anche se eravamo piccolini: io ho un anno meno di Giuseppe, allora ne avevo 12. Noi bambini non sapevano cosa facessero, che avessero attività illecite con nostro padre. Ma come hanno potuto farci quello che hanno fatto? Non ci aspettavamo certamente che Brusca ci avrebbe fatto questo regalo. Del resto il giudice Falcone ha voluto la legge sui pentiti e anche a lui ha fatto questo regalo».

     

    Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

    Però la legge è legge, dice ancora Nicola Di Matteo, impiegato regionale, assunto perché vittima di Cosa nostra: «Ma io quel posto non lo volevo, ho un' azienda agricola per i fatti miei, io avrei voluto mio fratello con me. E sì, la legge è servita per colpire Cosa nostra e arrestare un sacco di gente, accettiamo che le cose vadano così, accettiamo le sentenze e il fatto che Brusca abbia finito di scontare la pena. Ma perdonare no, mai. A noi non ha mai chiesto scusa, ma anche se lo facesse Se la potevano prendere direttamente con l' interessato, non le pare? Che c' entravamo noi? I bambini che ne sanno?».

    Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

     

    L' interessato, cioè il pentito Mario Santo Di Matteo, cioè il padre di Giuseppe e Nicola. Traspare una presa di distanze da Santino, detto Mezzanasca, mezzo naso: «In effetti con mio padre non riesco a parlare di quei fatti. Ho avuto un po' di rabbia verso di lui, perché frequentava queste persone, commetteva reati e grazie anche a lui è successo quello che è successo.

     

    GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

    Abbiamo un rapporto normale, con mio padre, ma non posso perdonare né da una parte né dall' altra». Né Brusca né Di Matteo padre: «Ha sbagliato anche lui, ma ha collaborato, ha svelato i responsabili della strage di Capaci, è stato uno dei primi a parlare». Però pure Brusca ha dato un contributo ritenuto importante: «E sì, e lo Stato gli ha fatto questo regalo. Io conosco il figlio di Brusca, è poco più piccolo di me. Non ho nulla contro di lui. Purtroppo il padre, i mafiosi, sono gente che non ragiona. E noi non perdoneremo mai».

    intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

    GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

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