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    LA APPENDINO NON APPENDE LA FASCIA AL CHIODO! “PARLANO SEMPRE COME SE FOSSERO IN PIZZERIA”, LO SFOGO DELLA SINDACA CONTRO I RIBELLI 5 STELLE DI CUI SI SENTE SEMPRE PIU’ OSTAGGIO – SI ALLONTANA L’IPOTESI DIMISSIONI, LEI DICE CHE "STERILIZZERÀ" IL SUO VICE MONTANARI… - LUIGINO SI SCHIERA CON APPENDINO: “NO ALLE MINORANZE RANCOROSE”. MA TRA GLI OPPOSITORI INTERNI C’E’ CHI LO IRRIDE: “LE PAROLE DI DI MAIO? ME LE TATUERO’ IN FACCIA”


     
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    Gabriele Guccione e Giulia Ricci per il Corriere della Sera

     

    appendino di maio appendino di maio

    Più ancora che una strenua difesa dal fuoco amico, quella di Luigi Di Maio nei confronti della sindaca di Torino suona come un' investitura: «Chiara Appendino rappresenta il futuro del Movimento».

     

    Non è solo una questione locale, di beghe interne a una litigiosa pattuglia di grillini duri e puri - i torinesi nati e cresciuti all' ombra della lotta No Tav -, quella che si sta consumando sotto la Mole con la crisi di maggioranza di questi giorni.

     

    Il pretesto è il trasferimento del Salone dell' auto a Milano e all' autodromo di Monza - perdita dolorosa per i torinesi, al pari dell' infrangersi del sogno delle Olimpiadi invernali del 2026 e dell' arroccamento del M5S, non condiviso da gran parte della città, sull' Alta velocità.

     

    CHIARA APPENDINO LUIGI DI MAIO NO TAV CHIARA APPENDINO LUIGI DI MAIO NO TAV

    Ma la posta in gioco, per i vertici nazionali dei 5 Stelle, è molto più alta, questa volta: non solo la tenuta della giunta Appendino, ma l' immagine di un Movimento con «una visione di governo». Come quella che ieri, prima con un lungo post su Facebook e poi, in serata, dal palco dell' assemblea degli attivisti torinesi, Di Maio ha riconosciuto pubblicamente ad Appendino.

     

    Una sindaca (e un Movimento) capace, ha sottolineato il vicepremier, di guardare «oltre un simbolo o un gruppo ristretto di persone». E che «ha sempre mirato a governare non per vendicarsi, per attaccare qualcuno o per bloccare qualcosa». Tutto il contrario della fotografia che, ancora ieri, commentando il «no» dei 5 Stelle torinesi al Salone dell' auto, vorrebbe restituire l' alleato Matteo Salvini.

     

    «Basta - ha tagliato corto il leader della Lega -, non si governa solo con i no». Del resto, ammette candidamente il senatore torinese Alberto Airola «i veri casini non sono qua, a Torino, ma a Roma».

     

    Le dimissioni ventilate da una «furiosa» sindaca Appendino - più come arma di persuasione per i suoi consiglieri ribelli che come reale desiderio di desistenza - per ora sono archiviate. Di Maio libera il campo: «Qualsiasi decisione Chiara prenderà - assicura -, io starò sempre dalla sua parte». Il leader prospetta per la prima cittadina un destino da esponente nazionale del Movimento.

    APPENDINO DI MAIO APPENDINO DI MAIO

     

    E dà una sonora strigliata ai 5 Stelle torinesi, che con le loro «prese di posizione autolesionistiche» (così le ha definite Appendino) hanno contribuito all' addio del Salone dell' auto. «Esiste sempre una piccola minoranza (in realtà, a Torino, tutt' altro che minoritaria, ndr), che io definisco "i nemici della contentezza" - ha rilevato il capo politico dei 5 Stelle -, quella rappresentata da chi preferisce chiudersi e alimentare rancori e tensioni, credendosi portatori della conoscenza divina su cosa significhi "essere del Movimento"».

     

    Il nuovo corso del M5S non è fatto per loro, se non sapranno adeguarsi. I «nemici della contentezza», come li chiama Di Maio, almeno sotto la Mole, sembrano prenderla con filosofia e rispediscono al mittente la scomunica. Alcuni, come la No Tav dura e pura Maura Paoli, se la ridono: «Me lo tatuerò in faccia».

     

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    La compagna di battaglie Daniela Albano ironizza: «Posterò una foto delle mie vacanze». D' altronde, i «nemici» lo sanno: senza di loro, Appendino non avrebbe più i numeri per governare. Dato che a rimanerle fedelissimi sono meno di una decina. L' addio del Salone dell' auto non è altro che una loro vittoria, in fondo. E dalla parte dell' ala ortodossa si mette, inaspettatamente, anche l' ex presidente del Consiglio comunale, Fabio Versaci: «Ricominciamo a mandare a fanculo chi se lo merita».

     

    Di Maio cerca in questa cornice di indorare la pillola e dare, almeno a parole, un contentino all' ala No Tav. E così, davanti alla platea riunita ieri sera in salone dell' hotel Royal - appena trecento attivisti sul mezzo migliaio annunciato (con gran parte della maggioranza torinese assente) - rassicura: sull' Alta velocità il Movimento «resta contrario». Ma, ha aggiunto facendo intendere che difficilmente l' opera potrà essere bloccata, «tornare indietro adesso richiede il triplo delle energie». E miliardi di euro di penali.

     

     

     

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    «PARLANO COME IN PIZZERIA» LA STRETTOIA DELLA SINDACA, IN OSTAGGIO DEI RIBELLI

    Marco Imarisio per il Corriere della Sera

     

    «Parlano sempre come se fossero in pizzeria».Che brutto quel giovedì. Alla fine della sua giornata peggiore, una Chiara Appendino che nessuno aveva mai visto così abbattuta, ha lanciato questo anatema a voce così alta da essere udita dai suoi collaboratori. E per chi conosce la timidezza e i modi riservati della prima cittadina più amata da Luigi Di Maio, quella frase riferita alla sua maggioranza era un segno evidente della sua rabbia, oltre che una discreta sintesi politica.

     

    Non è solo Torino a sentirsi umiliata e offesa. Anche la sua sindaca. Al mattino aveva detto davanti al gotha cittadino di essere pronta a votare contro la mozione della sua vicepresidente del consiglio comunale Viviana Ferrero che voleva proibire eventi turistici come il Salone dell' auto all' interno del parco del Valentino.

     

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    Non lo aveva fatto in un posto qualunque, ma al quartier generale della Fiat. Si era anche spinta a ipotizzare una promozione congiunta tra quella manifestazione così invisa alla sua pattuglia pentastellata e le finali Atp del tennis, che Torino ospiterà a partire dal 2021, unico brodino caldo tra tante docce fredde incassate nei suoi tre anni di amministrazione cittadina. Al pomeriggio, la nota degli organizzatori con l' addio a Torino, motivato tra le righe e non solo con le «frasi da pizzeria» di alcuni suoi consiglieri comunali e soprattutto del vicesindaco Guido Montanari, in teoria il più stretto collaboratore di Appendino.

     

    La perdita del Salone dell' auto da parte della città un tempo capitale dell' auto, che ancora si sente tale, non era all' ordine del giorno dell' incontro di Luigi Di Maio con gli attivisti di M5S. Nel seminterrato dell' hotel Royal c' erano le truppe cammellate degli attivisti di Piemonte e Valle d' Aosta convocati dai parlamentari piemontesi che volevano evitare al loro capo politico l' umiliazione di una sala vuota.

     

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    Mancavano però i consiglieri comunali torinesi, che avevano già annunciato la loro assenza, per protesta contro le apparenti concessioni alla Tav fatte dal governo centrale vicepresieduto da Di Maio. Erano dovunque, in ogni bar attorno a Palazzo di città e in ogni social, a far sentire il loro giubilo per la dipartita del Salone dell' auto, rivendicando il successo della loro fiera opposizione a quell' evento.

     

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    Uno per tutti, solo a titolo di esempio per capire l' inscalfibile essenza dei Cinque Stelle torinesi. L' ex vicepresidente del Consiglio comunale Fabio Versaci, che conclude così un lungo post dove senza mai porsi il problema del valore simbolico dell' addio del Salone dell' auto, incolpa le opposizioni e i «giornaloni» dello scalpore sollevato dalla questione. «Per troppo tempo abbiamo fatto gli istituzionali rispettando tutti e ascoltando tutti. Ma siamo stati trattati da incapaci e sprovveduti. Qualcuno dice che dobbiamo tornare alle origini.Concordo. Ricominciamo a mandare a fanculo chi se lo merita».

     

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    Ieri Appendino ha rassicurato il suo capo politico, che in via ufficiale le aveva appena offerto copertura totale.

     

    Non intende dimettersi. Ha intenzione di sterilizzare, pare abbia usato proprio questo verbo, il vicesindaco Montanari, con il quale ha riconosciuto di avere una scarsa intesa. «Io non devo prendere nessuna decisione, tocca ad altri decidere» ha detto ieri il professore universitario prestato alla causa di M5S. Non sarà lui a dare le dimissioni, consapevole com' è di avere dalla sua parte i consiglieri pentastellati dei quali la sindaca si sente sempre più ostaggio.

     

    La sindaca non può andare con loro ma neppure senza di loro. L' ipotesi di cambiare maggioranza non è neppure presa in considerazione per semplici ragioni di real politik. Il Pd torinese rimane ancora a forte trazione renziana.

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    La riproposizione in piccola scala dell' attuale maggioranza di governo è impossibile perché la Lega ha un solo rappresentante in Comune. Il resto sono berlusconiani di stretta osservanza o derivati simili. Appendino si trova in un vicolo cieco. E così, nonostante l' agitazione e i proclami, l' unica via percorribile è quello dell' immobilismo, come richiesto anche da Di Maio. Al massimo ci sarà la garbata sterilizzazione del vicesindaco più di lotta che di governo. Sembra che stia per succedere di tutto e invece non accadrà nulla. Torino, Italia.

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