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    PARMALAT, CONFERMATE CONDANNE A GERONZI E ARPE. RISPETTIVAMENTE CINQUE ANNI, E 3 ANNI E 7 MESI


     
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    La Stampa.it

    CESARE GERONZI E MATTEO ARPECESARE GERONZI E MATTEO ARPE

    La prima sezione penale della Corte d'appello di Bologna, con collegio presieduto da Michele Massari ha confermato integralmente la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Parma il 29 novembre 2011. Oltre a Geronzi e Arpe, le altre condanne confermate, tutte per episodi di bancarotta, hanno riguardato Alberto Giordano (all'epoca dei fatti vicepresidente della Banca di Roma) a quattro anni, Alberto Monza (direttore generale Banca di Roma) a tre anni e tre mesi, Riccardo Tristano (ex cda Fineco Group) a tre anni e quattro mesi, Antonio Muto (dirigente area funzione crediti Banca di Roma) a tre anni e tre mesi, Luigi Giove (responsabile recupero crediti Mediocredito Centrale) a tre anni, e Eugenio Favale (dirigente Area grandi clienti Banca di Roma) a tre anni e tre mesi.

    capi18 arpe geronzicapi18 arpe geronzi

    Anche per loro la procura generale di Bologna aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado. Per gli imputati sono state confermate le pene accessorie, che erano l'interdizione per 10 anni dall'esercizio di impresa e l'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e insieme ai responsabili civili (tutte società del gruppo Unicredit) sono stati condannati anche al pagamento delle spese sostenute per il giudizio da alcune parti civili (ex obbligazionisti di Parmalat). Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate tra 90 giorni.

    «Siamo delusi del risultato, sicuramente faremo ricorso in Cassazione». Con queste parole l'avvocato Riccardo Olivo, legale di Geronzi, ha commentato conferma della sentenza di primo grado. «È una decisione che consideriamo profondamente errata», ha aggiunto il legale, spiegando che comunque «prima leggeremo le motivazioni».

    capi01 cesare geronzi matteo arpecapi01 cesare geronzi matteo arpe

    «Nei nostri motivi d'appello c'erano molti punti su questioni di diritto con cui dimostravamo l'inconsistenza di gran parte delle accuse», ha continuato precisando che «qui si parla del concorso di esterni alla bancarotta di una società» e con le argomentazioni presentate, «che la Corte d'appello non sembra aver accolto, siamo persuasi e fiduciosi che verranno apprezzate in Cassazione».

     

     

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