Eleonora Lanzetti per il "Corriere della Sera"
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Nebbia nel piccolo bosco di via Vistarino, popolato da gigantesche nutrie, luogo della scoperta della macchina di Luigi Criscuolo detto «Gigi Bici», che qui venne nel suo ultimo giorno in vita, l'8 novembre, forse attirato in trappola e finito con modalità da esecuzione. Nebbia lungo i settecento metri da questo punto all'ex convento residenza di Barbara Pasetti, l'unica personaindagata per omicidio e occultamento di cadavere, e in prigione per tentata estorsione.
Nebbia nei vasti terreni intorno alla medesima magione, compresa la zona vicina al cancello posteriore dove quel cadavere è stato scoperto il 20 dicembre, sepolto da rovi e arbusti, un buco alla tempia destra. Ovvero il foro d'entrata del proiettile letale, forse un calibro 22 esploso nell'abitacolo, dal sedile lato passeggero, e infatti il finestrino alla sinistra di Criscuolo, alla guida, fu bucato. Questa, in località Calignano, frazione di 500 abitanti, l'ancora parziale geografia del gran mistero sulla morte di «Gigi Bici», 60enne non senza ombre, noto commerciante, uomo che conosceva il mondo; ma è anche il mistero di lei, Barbara, da giovedì in carcere, sfibrata ma non travolta dalla detenzione: ha negato dapprincipio e ha negato ieri nell'interrogatorio.
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Con la storia sanguinaria, un caso per nulla agevole e condotto di logica e pazienza dalla Squadra Mobile di Pavia, ripete di non avere legami, senza però che abbia confutato le non leggere prove in possesso degli inquirenti. Non è vero che ignorava Criscuolo poiché i due si conobbero in estate forse avviando una relazione.
E non aleggiano dubbi intorno all'autrice delle lettere, delle quali una diretta a se stessa, scritte da Barbara al computer di una copisteria e recapitate alle figlie di «Gigi Bici» le quali, oltre a condannare le bugie di Pasetti («Confessi»), oltre a ripetere che era sua la voce alterata al telefono («Si spacciò per uno straniero dell'Est») nella conversazione in cui chiedeva il riscatto, aggiungono: «Dica il parente che l'ha aiutata». Come da convinzione della Procura, Pasetti potrebbe aver agito da sola ma anche no, e allora, in questa seconda ipotesi, forse il complice sarebbe l'uomo (ignoto) ripreso da una telecamera al volante dell'auto di Criscuolo l'8 novembre, che appunto venne infine abbandonata nel piccolo bosco, in un'area distante dalle case e perfetta per attutire il rumore di uno sparo o collegarlo a quello di un cacciatore.
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Sempre dal bosco, Pasetti sarebbe tornata nella magione a piedi lasciandosi dietro il corpo sulla macchina. Corpo che sarebbe presto sparito venendo trasferito all'interno dell'ex convento e custodito all'aperto, fino allo spostamento davanti al cancello, a trentadue passi dalla strada. Ai cronisti della Provincia pavese , il padre di Barbara - la cui collezione di armi è stata sequestrata per esaminare eventuali pistole assenti oppure «calde» -, ha escluso colpe della donna; padre che, imprenditore del settore caseario, nell'immediatezza dell'arresto avrebbe organizzato un frettolosa riunione con l'ex marito di Pasetti, mai amato dai suoceri forse anche per un licenziamento causa presunti ammanchi di soldi sul posto di lavoro, una concessionaria d'auto, che aveva fatto parlare il paese. Dubitare d'ognuno è dovere investigativo, sia pur nel rispetto profondo per un genitore devastato da una tragedia, ed estraneo ad addebiti, e senza dimenticare che sull'ex marito, nei progetti di Barbara condivisi con Criscuolo, gravava il piano di un omicidio come punizione di imprecisate violenze.
barbara pasetti
Non esistono ulteriori indagati ma questo non esclude, al contrario, l'identificazione del complice o dei complici di Pasetti, descritta quale ossessiva, guardinga e paranoica, la magione riempita di telecamere, la macchina blindata, la capacità di scovare subito il Gps installato dagli agenti, un'esistenza gravata dal decesso del più che adorato fratellino in un incidente che l'aveva scavata dentro.
All'avvocato Irene Anrò, che si batte per i domiciliari, Pasetti ha domandato le condizioni del figlio di 8 anni affidato ai nonni. La strategia difensiva potrebbe puntare sull'infermità mentale di una donna presunta fisioterapista - lo dichiara ma non avrebbe mai esercitato -, che non risulta aver dimestichezza con le pistole nè allenamenti al poligono, ma che a detta di un detective potrebbe trasformarsi in figura iconica della narrazione criminale d'Italia. E dell'ascesa, o del baratro, degli assoluti insospettabili di provincia.
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