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    PASTICCI BANCARI. DOPO MONTEPASCHI, ARRIVANO LE BANCHE VENETE. ENTRO IL 22 MARZO SI DECIDE SE APPLICARE IL 'BAIL IN' (E PAGANO TUTTI) O SE LO STATO DOVRA’ RIPETERE L’OPERAZIONE DI SIENA – IL BANCO DI PROVA SARA’ LA CHIUSURA DEI CONTENZIOSI. LE ADESIONI DOVREBBERO ARRIVARE ALL’80%, OGGI SONO AL 34%


     
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    Claudio Antonelli per La Verità

     

    Veneto banca e Popolare di Vicenza non smettono di essere protagoniste e togliere il sonno a tanti italiani. Il 22 marzo scade la proposta fatta ai soci per chiudere i contenziosi legali in cambio di un rimborso. I due istituti hanno messo sul piatto circa 660 milioni, a fronte di perdite mastodontiche. Il titolo Pop Vicenza lo scorso anno valeva 60 euro, quello di Veneto Banca 40. Oggi entrambe quotano 10 centesimi.

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    Se le adesioni non riuscissero a superare l' 80% (siamo al momento al 34%) il rischio di bail in selvaggio è quasi certo. Con il risultato che chi aveva creduto nelle due banche venete finirà per pagare una «tassa» ancor più salata. Non saranno bastonati soltanto gli azionisti, ma anche i risparmiatori che avevano investito in obbligazioni e persino i correntisti con più di 100.000 euro. Una beffa amara che andrebbe a sommarsi a quella di Atlante.

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    IL FONDO ATLANTE

    Il fondo guidato da Alessandro Penati, nato lo scorso anno per salvare il sistema bancario dalle sofferenze, si ritrova ad aver buttato «nel buco nero delle venete» (parole di Penati) circa 3,5 miliardi di euro, con l' effetto di aver rimandato il bail in di pochi mesi. Il fondo, benedetto da Bce e da governo italiano, durante la conferenza di lancio promise ritorni del 6%. Lo scorso mese, i principali sottoscrittori hanno svalutato la quota anche del 35%. Se scattasse il bail in delle due banche, l' intero importo andrebbe in fumo. Un problema per gli istituti italiani, e pure per tutti i loro correntisti.

     

    ALESSANDRO PENATI ALESSANDRO PENATI

    Non dimentichiamo che alla fine del 2015 il sistema bancario sborsò complessivamente 3,8 miliardi per salvare banca Etruria e le altre popolari. Quest' inverno 4,5 milioni di correntisti si sono visti rincarare i costi fissi, e sono stati costretti a rifondere ai propri istituti un centinaio di milioni per partecipare al salvataggio delle quattro banche. Banco Popolare ha chiesto 25 euro una tantum ad alcuni clienti. Ubi a 3 milioni di correntisti ha alzato di 12 euro le spese. Unicredit ha ritoccato di 1 o 2 euro i canoni mensili di alcuni contratti. Giusto ieri Deutsche Bank, il cui esborso è stato di 25 milioni, ha annunciato che spalmerà i contributi ordinari sui propri correntisti: 24 euro e 32 centesimi, una tantum, da pagarsi a giugno.

     

    IL CASO SIENA

     

    L'iceberg della Monte dei Paschi di Siena L'iceberg della Monte dei Paschi di Siena

    Il metodo, insomma, è stato sdoganato. Non sappiamo se ai clienti verranno chiesti altri sforzi se Atlante si rivelasse un fallimento. Quello che è certo è che la situazione delle due venete è più complessa dal punto di vista legale di quella già intricata del Monte Paschi di Siena. Non solo Bce e Commissione Ue hanno punti di vista diversi, ma si sta creando un imbuto che rischia di mettere fuori gioco anche lo Stato. Nelle ultime settimane è uscita una serie di indiscrezioni su un probabile intervento del Tesoro sul modello Mps. In pratica, una ricapitalizzazione precauzionale dal valore spannometrico di 5 miliardi di euro. Ciò ha fatto pensare che, entrato in campo lo Stato, le garanzie per i risparmiatori sarebbero più ampie. In realtà, nessuno ne ha la certezza.

     

    mps mps

    Perché interventi a maggior tutela, al di là di un eventuale copertura del misselling (ovvero la vendita di prodotti finanziari impropri), e retroattivi potrebbero essere considerati aiuti di Stato. Ma il macigno più pesante che pende sugli istituti è quello della solvibilità. Se il bilancio del 2016 dovesse dimostrare il contrario, il burden sharing (la ricapitalizzazione precauzionale) non sarebbe ammesso. E tutti i costi del salvataggio ricadrebbero, come abbiamo scritto sopra, sui privati che hanno messo i soldi nei due istituti.

     

    La domanda è: chi sta pasticciando? Che gioco sta facendo lo Stato? Vuole diventare forse banchiere, come nel caso di Mps? Solo che qui si sta camminando su un filo sospeso sopra un burrone. È ammissibile che escano notizie così distorsive del mercato, esattamente come è successo con Mps? Lo scorso dicembre quando i vertici della banca più antica avevano chiuso tutti i contratti di conversione delle obbligazioni per una cifra record di 2,5 miliardi, gli investitori capirono che lo Stato era pronto a entrare nel salvataggio e ciò fece saltare il banco.

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    Se c' è il Tesoro, non c' è il mercato. Il sillogismo è semplice da comprendere. Il risultato è stato il fallimento dell' aumento di capitale, e a quel punto è stata necessaria la ricapitalizzazione precauzionale. Con le due venete nelle ultime due settimane si è clonato lo schema comunicativo. C' è o non c' è lo Stato? Solo l' odore di soldi pubblici taglia le gambe al mercato.

     

    GLI INDECISI

    Non a caso, tra i 169.000 azionisti (dei 206.500 totali) che potrebbero aderire al rimborso delle perdite subite, pari a 9 euro per azione nel caso della banca vicentina e al 15% del valore dell' azione al momento dell' acquisto nel caso dell' istituto di Montebelluna, gli indecisi sono tanti: più di 53.000 per la Vicenza (il 55%) e circa 39.000 (il 52%) per Veneto Banca.

     

    Le due banche apriranno al pubblico le filiali pure il sabato. Ma il marketing tipo «porte aperte alla concessionaria auto» non basta a creare un clima di fiducia. L' altro giorno Fabrizio Viola, l' ad chiamato da Atlante a gestire la fusione, ha incontrato il ministro Pier Carlo Padoan. Hanno sicuramente affrontato il tema dei conti e del fantasma delle perdite. E commentato la posizione della commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager. L' altro ieri, in una conferenza stampa, era sembrata aprire alla possibilità di accordare compensazioni per vendita abusiva non solo ai detentori di obbligazioni subordinate delle banche ma anche ai piccoli azionisti.

    Vestager Vestager

     

    Le dichiarazioni hanno scatenato una ridda di ipotesi, ammazzate ieri da una replica ufficiale. «La responsabilità di correggere casi di vendita abusiva», ha spiegato il portavoce, ricade sui venditori dei prodotti interessati, ovvero i singoli istituti. In pratica, il termine «piccoli obbligazionisti» (retail bondholders) indicato nell' ultima versione del comunicato ha sostituito il più ambiguo e generico «investitori al dettaglio» (retail investors). Scusate se ci siamo dilungati, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. Ed è bene cominciare a studiarli a fondo, visto che il 22 marzo si avvicina velocemente.

     

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