Luca Mastrantonio per https://www.corriere.it/sette/cultura-societa/22_giugno_10/scrittore-paul-auster-traumi-ed-errori-ci-rendono-umani-apriamo-occhi-adfaa80e-e49b-11ec-8929-c5ad2690e50c.shtml
Questa intervista compare sul numero 23 di 7, in edicola il 10 giugno 2022. La proponiamo online per i lettori di Corriere.it
paul auster
Parlare al telefono con Paul Auster è come ritrovarsi dentro una sua storia. Il libro autobiografico del 1982, L’invenzione della solitudine, inizia con la notizia inattesa della morte del padre: «Nessuno ti chiama alle 8 di domenica mattina se non per darti una notizia che non può aspettare» scriveva, «e a non poter aspettare sono sempre le brutte notizie».
Tre anni dopo, Città di vetro (Einaudi, suo editore italiano) parte con una telefonata che il protagonista Quinn riceve nel cuore della notte: cercano il detective Paul Auster. Un omonimo dell’autore. Strano? Non per un libro di Auster, la cui scrittura è sfida al caos della vita, attraverso giochi di specchi, scatole cinesi e porte girevoli che mescolano materiale autobiografico, finzionale, storico e controfattuale. Tranquilli.
Il numero che abbiamo fatto per chiamare Auster è corretto, ce l’ha dato l’assistente, contattata dalla direttrice del festival Taobuk, Antonella Ferrara (premia Auster il 18 giugno). Ma la telefonata può finire in qualsiasi momento: lui non ha mai commentato la morte del figlio avuto con la prima moglie, Daniel, stroncato da un overdose ad aprile (a breve distanza dalla morte di sua figlia Ruby, di dieci mesi, nipotina di Auster); e noi non possiamo non pensare a La notte dell’oracolo, libro del 2003, dove un uomo di nome Trause, anagramma di Auster, è alle prese con un figlio tossico. Impossibile eludere i cortocircuiti, improbabile voglia parlarne. Riavvolgiamo il nastro della conversazione.
paul auster e la moglie
Riceve ancora telefonate da persone che hanno sbagliato il numero, come in Città di vetro ?
«Sì, non ho uno smartphone, uso una linea telefonica fissa, come adesso. E sbaglio anche io a digitare i tasti sull’apparecchio. Ma sa che il romanzo si basa su un fatto che mi è accaduto realmente?».
No. Qualcuno cercava un suo omonimo?
«Stavo lavorando a L’invenzione della solitudine e un pomeriggio, seduto alla scrivania, squillò il telefono. Dall’altro capo mi chiesero se a rispondere fosse l’agenzia Pinkerton, la storica agenzia di investigatori privati americana, dove ha lavorato anche Dashiell Hammett, da giovane. Dissi che avevano sbagliato numero, riagganciai e tornai al lavoro. Il giorno dopo richiamò la stessa persona, o un’altra, fece la stessa domanda e io diedi la stessa risposta.
Ma dopo aver riagganciato mi chiesi perché lo avessi fatto. Spacciandomi per l’agenzia Pinkerton avrei potuto farmi dire qualcosa del caso in questione o perché la persona volesse un aiuto. Ho aspettato che il telefono squillasse per la terza volta, ma invano. Ecco, nel romanzo immagino che il protagonista, Quinn, riceve la terza chiamata e risponde: “Sì, sono Paul Auster, investigatore privato”. E da qui ha inizio tutta la storia».
paul auster
In L’invenzione della solitudine racconta di aver scoperto che sua nonna paterna, Anna Auster, uccise suo nonno, Harry Auster. Il primo caso del detective Paul Auster, quando l’ha scoperto?
«Avevo vent’anni, ma devo fare un passo indietro. Da bambino sentivo che qualcosa non quadrava: avevo un nonno e due nonne. mi mancava il nonno paterno. Dicevano che era mancato quando mio padre era piccolo, ma non avevamo fotografie sue in casa, nessuno parlava mai di lui...
La cosa mi incuriosiva. Percepivo in mio padre disagio se facevo certe domande, ad esempio come fosse morto il nonno. Mi rispose che il nonno, e la cosa era vera, aveva lavorato come impresario edile e un giorno cadde dal tetto di un edificio. Un incidente, plausibile. Mesi dopo gli rifeci la domanda, mi erano sfuggiti dei particolari, e in quell’occasione disse che il nonno era morto in un incidente di caccia. La cosa era strana. Successivamente, mi venne propinata addirittura una terza versione... mi confuse molto. Quindi chiesi nuovamente a mio padre come fosse morto suo padre e la risposta fu che aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale ed era morto da soldato».
paul auster
Le troppe morti di Harry Auster...
«Pur essendo ancora un ragazzino, sapevo che le persone muoiono una sola volta, non più volte, e in modi diversi! Qualcosa non quadrava. Ma la storia vera l’ho scoperta a ventitré anni, nel 1970, quando una mia cugina in viaggio per l’Europa in aereo si trovò vicino a un uomo che viveva a Kenosha in Winsconsin, dove i nostri genitori erano cresciuti; quando lui sentì il cognome di mia cugina impallidì, poi le chiese se sua nonna fosse per caso un donnino tutto matto dai capelli rossi...
Mia cugina rispose di sì e da quel giorno iniziò a raccogliere informazioni, articoli di quell’evento accaduto nel 1919... Condivise il materiale con me, ma non ne parlammo mai con i nostri padri. Era un segreto che avevano custodito per tutta la vita, nessuno di noi si sentì autorizzato a confrontarsi con loro dopo così tanto tempo.
paul auster
A che pro? Io non ritenevo di avere il diritto di mettere alle corde mio padre facendogli notare che mi stava mentendo. Questa storia ha confermato la mia percezione di quanto il mondo sia complesso e la vita misteriosa, piena di segreti anche inconfessabili».
Suo padre è morto facendo l’amore. C’è chi vorrebbe morire così.
«Ritengo sia la morte peggiore. Non riesco a capire perché la si ritenga una bella morte. Penso a quella povera donna, la sua compagna... è stato un evento così terribilmente traumatizzante per lei, oltre a essere grottesco».
C’è qualche evento traumatico della sua vita che vorrebbe rimuovere o dimenticare?
«Si tratta di un argomento molto, molto importante sul quale vale la pena di soffermarsi brevemente. Quando si verificano eventi terribili, soprattutto se riguardano la morte di persone care o fatti profondamente sconvolgenti, d’impulso tendiamo a mettere l’evento da parte, a dimenticarlo perché non vogliamo soffrire. Se rimuginiamo su quanto accaduto, la nostra vita si fa più difficile, si crea un’interferenza con il nostro presente e con il nostro futuro, andare avanti diventa arduo.
paul auster
D’altro canto, negare completamente queste cose, i traumi che ci colpiscono tutti, nessuno escluso, ci pone in una posizione falsata rispetto alla propria vita. Questi eventi oscuri vanno affrontati quanto più apertamente possibile per poi assorbirli, renderli parte integrante di noi stessi, comprendendo infine che la vita ci porrà sempre di fronte a sfide molto serie e la modalità con cui affrontiamo queste sfide, assieme ai nostri errori, ci definisce in quanto esseri umani. Ecco perché dobbiamo assorbire queste cose pienamente e poi trovare la forza per andare avanti, senza vivere in uno stato di cecità, ma piuttosto di connessione assoluta con tutto ciò che ci circonda, che incontriamo nel nostro cammino, senza mai negare questa esperienza oscura. Non so se sono stato chiaro».
paul auster Siri Hustvedt
Sì. Immagino la recente morte di suo figlio sullo sfondo del suo ragionamento.
«In questo momento, non mi sento di parlarne con lei. È un argomento troppo delicato. Mi scusi».
Lei è stato amico di Philip Roth, entrambi nati a Newark. Che ricordo ha di lui?
«Sapeva essere un uomo molto spiritoso; uno degli ultimi scambi riguarda il fatto che avesse usato il titolo di un mio saggio per un suo libro. Glielo feci notare, era divertente, magari era stata una scelta inconscia e lui disse che se ne era dimenticato, ma che lo avrebbe scelto comunque, anche se si fosse ricordato che era mio! Era al contempo molto divertente e molto arrabbiato per le ingiustizie che riteneva di aver subito, come il non aver ricevuto il Nobel. Una delle sue ossessioni».
paul auster e la moglie paul auster daniel auster
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