Giuseppe Scaraffia per il Venerdì-la Repubblica
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Che gran libro sarebbe la vera storia di Ernest Hemingway, non le confessioni che scrive, ma quelle del vero Ernest. Sarebbero per un pubblico molto diverso dal suo, ma che cosa stupenda!» diceva la sua maestra, Gertrude Stein. Quando si era accorta di avere inconsapevolmente allevato uno dei più grandi narcisi dell' epoca, gli aveva chiuso la porta. Ma era troppo tardi; Hemingway era ormai lanciato.
Non era certo il primo degli scrittori-personaggio. Un secolo prima, lord Byron aveva intuito che abbinare alla propria opera un' immagine in sintonia avrebbe moltiplicato la forza del messaggio, e aveva scelto di incarnare un personaggio molto vicino agli eroi dei suoi libri: il bel tenebroso, irresistibile e fatale, estraneo alla vita comune, attratto solo dalle sfide e dal rischio.
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La necessità di posare di fronte al pubblico nasceva dall' ampliamento dello strato sociale dei lettori e dalla necessità, nel declino della religione insidiata dal progresso, di crearsi dei nuovi miti. Non a caso l' elegante nero in cui si avvolgeva un altro protagonista dell' Ottocento, il dandy satanista Charles Baudelaire, aveva un che di clericale: l' arte, in fondo, era un' altra forma di sacerdozio.
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Ancora più lucido, Oscar Wilde aveva intuito che stava tramontando l' epoca in cui bisognava posare per l' aristocrazia o per la bohème: il vero pubblico erano le masse che la rivoluzione industriale stava portando alla ribalta. Un pubblico insensibile alle eccessive raffinatezze, ma avido di eccentricità e di scandali, a cui Wilde sacrificò persino la sua libertà, immolandosi a una condanna per omosessualità a cui avrebbe potuto facilmente sottrarsi.
d'annunzio
Ma il più grande esempio di scrittore personaggio è senza dubbio Gabriele d' Annunzio. Ben più di Wilde, d' Annunzio aveva messo il suo ingegno nelle sue opere e il suo genio nella vita. E la vita per lui, come per il grande pubblico, che seguiva avidamente le sue varie avventure amorose e tentava goffamente di imitarlo, era la realizzazione dei sogni delle masse: un'esistenza lussuosa, farcita di erotismo, illuminata da una fama inarrestabile. Nessuno dei molteplici amori l'aveva mai travolto, il seduttore doveva rimanere non solo il protagonista, ma anche il regista della propria vita.
d'annunzio
Piccolo e bruttino, non poteva, a differenza dei suoi predecessori, contare su un aspetto attraente, ma aveva risolto il problema creandosi un corpo artificiale grazie a un immenso guardaroba e a una voce suadente. Ma soprattutto D' Annunzio fu il primo, tra gli autori-personaggio, a ricalcare le orme di Byron che era morto combattendo per la libertà della Grecia, atteggiandosi a eroe per l' eternità. Combattè valorosamente nella Prima guerra mondiale e nella straordinaria, paradossale impresa di Fiume, prima di chiudersi a Gardone, nel mausoleo che si era preparato.
Andre Malraux
«Non preoccuparti, cara, vedrai che riuscirò a diventare Gabriele d' Annunzio», avrebbe detto alla moglie André Malraux, detenuto in Cambogia per il tentato furto di antiche statue khmer. Dandy, romanziere, avventuriero, prima rivoluzionario e poi ministro gollista, Malraux aveva ben chiaro il suo obiettivo.
Lo stesso non si può dire per T. E.Lawrence, più noto come Lawrence d' Arabia, che, al comando di alcune tribù nomadi, aveva tenuto in scacco il temuto esercito turco nella prima guerra mondiale. Certo, aveva fatto clamore presentandosi alla Conferenza sul Medio Oriente del 1919 in costume arabo, spiegando: «Quando un uomo serve due padroni ed è costretto a scontentare uno dei due, tanto vale che offenda il più potente». Ma poi aveva fatto perdere le sue tracce, anche se la sua morte in motocicletta, forse per mano dei servizi segreti inglesi, avrebbe suggellato la sua leggenda.
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Molto più lieve, in questo scontro tra titani, è la leggenda di Jean Cocteau che, visto irrimediabilmente occupato da Proust il ruolo del grande artista, aveva scelto un campo solo in apparenza più facile, quello della frivolezza. Sfuggendo agli schemi, a costo di farsi accusare di superficialità, fu scrittore, poeta, ceramista, disegnatore, pittore, scultore, regista, mondano e molto altro.
Cocteau soffriva di essere sottovalutato per la volubilità della sua ispirazione, ma non sottovalutava il valore di una cattiva fama.
«M' hanno creato questa fama di avventuriero. Che motivo ci sarebbe di non profittarne? Tutte le sere, prima di coricarmi, su questa fama ci fo pipì, ché la mattina possa ritrovarla più rigogliosa», scherzava Malaparte, che invece l' aveva accuratamente coltivata. Viaggiatore, inviato, dandy e voltagabbana, sapeva che la fama di seduttore era preziosa, ma le donne non gli interessavano davvero e si concedeva malvolentieri solo una volta la settimana.
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L' ultimo, esangue esemplare di questi pavoni letterari è Bruce Chatwin, lo scrittore viaggiatore per eccellenza che, malgrado lo zaino su misura, adibiva vari portatori al trasporto dei bagagli. Non voleva infatti rinunciare ai libri preferiti, né agli indispensabili pigiami di seta.
Memorabile resta però il match Hemingway-Malraux al Ritz liberato di fresco dai tedeschi. Hemingway, appena arrivato, è scalzo e sporco. Malraux, pallido e teso, ha un' uniforme impeccabile e stivali splendenti. «Quanti uomini hai comandato, Ernest?», «Forse duecento». «Io, duemila». «Peccato» ritorce Hemingway, «che non abbiamo potuto contare su di te quando abbiamo preso quella cittadina di Parigi».
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