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    PD, ROTTAMAZIONE O SCISSIONE - FILIPPO ANDREATTA, “FRATELLO” POLITICO DI LETTA, METTE LA MANO NELLA PIAGA: “IL PD È IN CRISI PERCHÉ NON HA MAI RISOLTO IL VIZIO DELLE ORIGINI, CHE ERA L'AMBIGUITÀ TRA LA CONTINUITÀ CON LA "DITTA" COMUNISTA (EX DS) E UN NUOVO SENTIERO RIFORMISTA (EX MARGHERITA) - SI PRENDE ATTO DEL FALLIMENTO E CI SI SCINDE IN DUE PARTITI, UNO RIFORMISTA E L'ALTRO PIÙ MASSIMALISTA - IO VORREI UN PD PIÙ VICINO ALL'ESPERIENZA DEL GOVERNO DRAGHI CHE A QUELLA DI CONTE - ORA CHE LA DESTRA HA VINTO NETTAMENTE, IL PD HA IL TEMPO PER RICOSTRUIRE DALLE MACERIE; PERÒ DEVE FARE UNA SCELTA NETTA TRA LE DUE OPZIONI’’


     
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    Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

     

    filippo andreatta 2 filippo andreatta 2

    Professor Filippo Andreatta, lei è il figlio dell'inventore dell'Ulivo e il «fratello» politico del segretario dimissionario del Pd. Come spiega questa sconfitta storica?

    «Il problema non è di persone, ma dell'intero partito. Trovo ingiusto che si cerchi di fare di Letta il capro espiatorio. Enrico ha provato fino all'ultimo a rendere la coalizione competitiva con il campo largo, ma il narcisismo esasperato di Conte e Calenda, e la loro inaffidabilità, l'hanno reso impossibile. E poi si è speso in una campagna elettorale durissima, senza risparmiarsi. Ora con grande dignità si fa da parte».

    MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA MARIO DRAGHI - FILIPPO ANDREATTA - ENRICO LETTA

     

    Una persona, un leader, andrà pur trovato.

    «La semplice sostituzione del segretario è una soluzione gattopardesca. Ogni volta il Pd mette in scena un rito di cannibalismo che poi non risolve nulla».

     

    Qual è la soluzione allora?

    «Il Pd ha perso il rapporto con il popolo della sinistra. Rimane in sintonia con la borghesia delle Ztl, ma non fa più breccia tra i lavoratori delle periferie e dei piccoli centri. Si sta trasformando in una specie di partito radicale di massa, che è una contraddizione in termini. Non si è saputo adattare al cambiamento della società e ora non ci sono più rendite. Il centrodestra ha preso più voti persino in Toscana ed Emilia».

     

    Com' è avvenuto il divorzio tra sinistra e popolo?

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    «Il Pd è in crisi perché non ha mai risolto il vizio delle origini, che era l'ambiguità tra la continuità con la "Ditta" comunista e un nuovo sentiero riformista, attento ai bisogni sociali delle persone. Per usare l'espressione di Arturo Parisi, tra l'essere un partito autenticamente nuovo o soltanto un nuovo partito. Sin dall'inizio i posti venivano spartiti tra ex Margherita ed ex Ds, senza immaginare che si sarebbe invece dovuto far spazio a chi non era un ex qualcosa, ma si riconosceva davvero nel Pd. È per questo che si è parlato di "fusione fredda" o di "amalgama mal riuscita"».

     

    E adesso?

    «Manca un'identità ben definita, con le vecchie identità che col tempo evaporano, e la nuova che stenta ad emergere. Il Pd rischia di essere un partito senz' anima, proprio quando subisce la competizione di Conte da sinistra e di Calenda da destra. E senza identità e senz' anima si è destinati a morire».

    BONACCINI BONACCINI

     

    Ma ora ci sarà un congresso. Le primarie.

    «Persino le primarie, che avevano ispirato l'era dell'Ulivo, sono state trasformate in modo paradossale. Sono nate per legittimare una candidatura a una carica istituzionale in una elezione "secondaria", come dice il loro stesso nome, per proteggerla dalle nomenclature dei partiti. Invece sono diventate uno strumento di legittimazione di un segretario di partito scelto prima dalla nomenklatura, magari all'unanimità. Queste ipocrisie hanno portato a ulteriori paradossi: due segretari trionfatori alle cosiddette primarie, Renzi e Bersani, sono poi usciti dal Pd per fondare i loro partiti».

     

    E adesso cosa si deve fare per recuperare gli elettori?

    «Ci sono solo due strade per ritrovare un rapporto forte con l'elettorato. O si taglia con il passato, rottamando tutti, ma proprio tutti, i dirigenti che hanno avuto un legame organico con i partiti fondatori. Io credo che cambiare opinione sia una virtù.

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    Ma un conto è cambiare voto, un conto è rappresentare con la propria faccia due partiti che si narra dovrebbero essere diversi. Non si può essere segretari provinciali del Pd se si è stati segretari provinciali dei Ds o di qualsiasi altro partito».

     

    Oppure?

    LETTA BETTINI BONACCINI LETTA BETTINI BONACCINI

    «Oppure si prende atto del fallimento e ci si scinde in due partiti, uno riformista e l'altro più massimalista, rimanendo alleati alle elezioni. Dopotutto quest' ultimo è stato l'esito del suo alter ego, il Popolo della Libertà, fondato nel 2008 e sciolto nel 2013».

     

    Immagino che lei preferisca la prima soluzione, un Pd unito. Però usa lo stesso termine di Renzi: rottamazione.

    «Renzi voleva solo rottamare i suoi nemici. Quella formula non gli serviva a rinnovare il partito, ma a prenderselo. Al Pd serviva e serve molta più generosità».

     

    FILIPPO E BENIAMINO ANDREATTA FILIPPO E BENIAMINO ANDREATTA

    Il futuro è Bonaccini?

    «Bonaccini ha fatto politica nei Ds. La regola del partito nuovo, anziché del nuovo partito, dovrebbe valere pure per lui».

     

    Resta da capire che fare con i 5 Stelle.

    «Bisogna abbandonare la paura arcaica di non avere nemici a sinistra, anche perché ora il nemico massimalista c'è: è Conte e non sarà facile da gestire. Io vorrei un Pd più vicino all'esperienza del governo Draghi che a quella di Conte. Ora comunque che la destra ha vinto nettamente, il Pd se lo vuole ha il tempo per ricostruire dalle macerie; però deve fare una scelta netta tra le due opzioni che ho disegnato».

    GOFFREDO BETTINI GOFFREDO BETTINI

     

    Rottamazione o scissione.

    «Solo così potremo dire "Il Pd è morto. Evviva il Pd". Bisognerebbe poi riformare la legge elettorale. Le liste bloccate sono un'aberrazione, e le correzioni uninominali e maggioritarie spingono i partiti a finti matrimoni d'interesse, che poi si sciolgono dopo le elezioni».

     

    Quale sistema servirebbe?

    «Bisogna riavvicinare eletti ed elettori, con collegi uninominali o con le preferenze, e comunque in collegi più piccoli dove si possa creare un rapporto diretto tra eletto ed elettore».

     

    Filippo Andreatta Filippo Andreatta

    Quanto dura la Meloni secondo lei?

    «Spero che ci sia un governo stabile perché ne ha bisogno l'Italia. Al tempo stesso vedo che il centrodestra non è meno litigioso del centrosinistra su questioni centrali come la politica economica e quella estera».

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