Stefano Landi per il ''Corriere della Sera''
luis fonsi
Scommettere sul tormentone è sempre un terno al lotto. Però se tre indizi (di Platino) fanno una prova, Luis Fonsi ha buone probabilità di far viaggiare trenini e balli di gruppo dell' estate alle porte.
Forse la sua è una partenza troppo intelligente: «Despacito», featuring Daddy Yankee, ha (già) quasi raggiunto il miliardo di clic (complice la presenza nel video di Zuleyka Rivera, ex Miss Universo portoricana), oltre che numero 1 della classifica dei singoli e di quella di Spotify. «Un successo impensabile anche in Paesi dove non capiscono lo spagnolo, in Russia, in Cina. La canzone ha ancora tanta vita davanti, il disco (il nono, ndr ) è pronto ma aspetteremo ancora un po' per farlo uscire», ammette Fonsi, nuova superstar della musica latina, mentre degusta uno Spritz con l' aria di uno che ha trovato le chiavi per aprire le porte del suo futuro musicale da questa parte dell' oceano.
despacito luis fonsi
«Un po' alla volta sto cambiando: ero uno da ballate romantiche, sentimentali, mi sto trasformando in un artista che fa ballare, la mia musica ormai è contaminata da reggaeton e nuove sonorità».
Qualcuno penserà al percorso di Enrique Iglesias: «Non sono in concorrenza con lui, è un amico speciale. Un gran lavoratore, capace di mescolare un sound più romantico al new pop. Che è un po' il senso di "Despacito"».
Trentanove anni, nato a Portorico ma trasferito ancora ragazzino in Florida, nella città di Topolino. Oltre che cantante, è anche conduttore televisivo e attore di telenovela (in Messico è una star).
luis fonsi daddy yankee
La sua passione per l' Italia non è solo una scusa per vendere qualche disco in più.
«Merito di Laura Pausini: nella mia vita ho fatto tante collaborazioni, ma con lei è stato speciale. Abbiamo registrato "Todo vuelve a empezar" in Italia dieci anni fa. Ho passato una settimana con la sua famiglia.
Ancora adesso ci sentiamo ogni settimana. È stata la prima a chiamarmi per il boom di "Despacito"». Qui torna volentieri, anche per via di quella sua passione per il vino: «Sono d' accordo con Sting, la vita è migliore dopo un bicchiere di rosso. A casa organizzo cene, barbecue e degustazioni di vini». Fonsi vive in faccia all' Oceano di Miami: «Sono un tipo sportivo, gioco a basket, vado a pescare. Il mare è il grande complice dell' energia che porto sul palco».
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La maglietta nera, il tatuaggio a vista, il bicipite scolpito e lo stivale da motociclista. Ma Lui Fonsi non è solo il re del tormentone tamarro che il video della sua hit, girato tra la gente a Portorico, lascia intuire.
«Nel 2000 ho suonato a Roma per papa Giovanni Paolo II davanti a un milione di persone per il Giubileo: ero un ragazzino, sento ancora addosso i brividi di quel momento. Nel 2009 mi hanno invitato a celebrare il Nobel per la Pace davanti a Barack Obama: nelle mie canzoni non entra la politica, ma questo non vuol dire che non senta addosso le paure dei latini per le scelte del presidente americano Donald Trump. Ora penso solo a consegnare il futuro migliore possibile nelle mani dei miei bambini».
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Fonsi ha due figli, Mikaela e Rocco, avuti dalla modella spagnola Agueda Lopez: «Prima volevo solo essere il numero uno, raggiungere il successo a tutti i costi. Oggi penso al plurale, voglio costruire quello che faccio per loro». L' intervista è finita. Luis ha un ultimo pensiero che lo tormenta: vuole consigli affidabili su dove andare a cena. «Anche in questo mi sento molto italiano».
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