Alessandra Longo per la Repubblica
IVANO MARESCOTTI
E se si arrivasse ad un governo Di Maio/Salvini, se i pentastellati «né di destra né di sinistra» si insediassero a Palazzo Chigi traghettati dalle ruspe dei lepenisti d' Italia, se davvero partisse l' inedito esperimento di laboratorio del grillismo più sovranismo più putinismo?
Come si sentirebbero quelli che se ne sono andati dal Pd e dintorni, per "dare una lezione", o meglio ancora per «rovesciare il tavolo», come diceva, per esempio, Ivano Marescotti, attore con salde radici nella sinistra. «Ho votato Cinque Stelle», aveva rivelato a «Il Fatto», le urne ancora calde.
«Voto tattico», per punire il partito di Renzi. «Io e tanti altri dice ora Marescotti - abbiamo pensato: "Succeda quel che succeda". Ci provi, salti il muro. E poi rischi di finire nel burrone, ti ritrovi a due passi da un governo con la Lega dei muri e della "razza bianca", del network con le formazioni più becere d' Europa. Va bene lo stesso? Mica tanto.
TOMASO MONTANARI
L' attore prevede sfracelli: «I Cinque Stelle hanno incassato più o meno 5 milioni di voti in libera uscita dal Pd e da altre sinistre. Gente che non li ha votati pensando che andassero con la Lega, che è un partito in sintonia con la destra europea più razzista. Si spaccheranno, penso». Pentito? «Ma no, il tavolo andava comunque rovesciato. E l' errore fatale lo ha fatto la sinistra spingendo il Movimento nelle braccia della destra». Così almeno pensa lui.
Però, insomma, trovarsi "fascisti" per caso (l' espressione è un po' brutale ma è cronaca l' interesse leghista per CasaPound, ndr), essendo stati per una vita dall' altra parte, non deve essere piacevole. A Tomaso Montanari, che ha votato Cinque Stelle, roviniamo la grigliata festiva con gli amici: «Se dovesse andare in porto un accordo Di Maio/Salvini si produrrebbe un drammatico arretramento. I Cinque Stelle perderanno milioni di voti a sinistra».
anna falcone tomaso montanari
A Di Maio Montanari piaceva molto, avrebbe voluto inserirlo nella lista dei suoi candidati ministri «ma io dissi di no per due ragioni. La prima è che non ero d' accordo con la modifica dell' articolo 67 della Costituzione e l' introduzione del vincolo di mandato, La seconda era proprio l' alleanza con la Lega. Non posso dimenticare l' immagine del terrorista fascista di Macerata, quello che sparava ai neri che incontrava sulla sua strada, quello fotografato con la celtica tatuata assieme a Salvini. La Lega è un partito lepenista, contiguo al neofascismo».
Messa così, se l' alleanza va in porto, Di Maio può archiviare Montanari tra i suoi elettori. Un paradosso doloroso di queste ore. «Le due forze anti-sistema si trovano sullo stesso versante. Archiviata la dicotomia destra/sinistra - ragiona Montanari - ne viene fuori un' altra: sistema/antisistema».
DOMENICO DE MASI A IVREA
Dove il sistema, secondo questa lettura, è rappresentato dal Pd di Renzi e da ciò che resta di Forza Italia. Uno può anche dire: grazie, l' antisistema con Salvini anche no... Integra Montanari, il sabato di sole rovinato: «C' è da considerare un aspetto drammatico per la sinistra . La Lega è stata votata anche dagli operai della Fiom e dai diseredati del Paese. Non può finire che le ragioni degli ultimi siano affidate al fascismo».
«Colpa anche vostra», sibila il sociologo Domenico De Masi, da tempo vicino al Movimento, mettendo insieme, nell' accusa, il Pd e i media: «È stato fatto un grande regalo alla destra italiana. I Cinque Stelle sono stati votati dalle periferie, dagli arrabbiati, da quello che un tempo si sarebbe chiamato il proletariato, cioè la base del Pci di Berlinguer. I Cinque Stelle sono una specie di Pci senza Berlinguer e senza Gramsci». Un ircocervo plasmabile (il che non depone a favore della loro personalità) .
DOMENICO DE MASI E ANTONIO BASSOLINO
«Se andavano con il Pd - è la teoria di De Masi - avrebbero esaltato la loro dimensione proletaria, se ora accettano «il patto contro natura» con Salvini diventerebbero un partito di destra con il rischio «di venir cannibalizzati dal più furbo e dal più demagogico». Cioè da Matteo Salvini.
De Masi si rammarica e azzarda: «Ho votato Cinque Stelle. C' era la possibilità remota di creare la prima seria socialdemocrazia del Mediterraneo. L' hanno avuta i tedeschi, gli scandinavi, noi mai. Ma i neoliberisti del Pd non hanno voluto». Difficile mantenere l' entusiasmo di qualche mese fa. Persino il sociologo è attraversato da un brivido: «Se lo vede lei Matteo Salvini ministro dell' Interno?».