LAGARDE - MERKEL - VON DER LEYEN
1. LAGARDE, PEPP PUÒ COMPRARE PIÙ BOND DEI PAESI COLPITI
(ANSA) - La flessibilità con cui la Bce può condurre gli acquisti di debito tramite il programma Pepp per l'emergenza pandemica "sarà mantenuta per tutta la durata del Pepp". ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, spiegando che "abbiamo usato e continueremo ad usare il Pepp per fronteggiare questi rischi di frammentazione". Il riferimento è alla possibilità di deviare gli acquisti di titoli di ciascun Paese dell'Eurozona rispetto alla quota di ciascun Paese nel capitale della Bce, come la Bce ha fatto per i titoli italiani.
2. LA BCE NON DELUDE: POTENZIA IL QE PANDEMICO CON ALTRI 600 MILIARDI E LO PROROGA DI ALMENO 6 MESI
Riccardo Sorrentino per www.ilsole24ore.com
Un quantitative easing ancora più intenso per sostenere la ripresa. La Banca centrale europea ha aumentato di 600 miliardi il suo Pepp, il piano pandemico di acquisto di titoli, portandolo a 1.350 miliardi. Durerà inoltre almeno fino a giugno 2021 - quando l’inflazione dovrebbe ricominciare a risalire, ha spiegato in conferenza stampa la presidente Christine Lagarde - e non più fino a dicembre 2020. I titoli in scadenza saranno inoltre reinvestiti almeno fino alla fine del 2022, senza interferire però con l’orientamento di politica monetaria.
christine lagarde
Sono invece rimasti invariati – malgrado le attese di alcuni analisti e investitori – i tassi di interesse: a quota zero il tasso di riferimento, e al -0,50% il tasso sui depositi presso la Bce. Potrebbe però abbassarli in futuro: resteranno al livello attuale «o più basso» fino a quando l’inflazione non si muoverà in modo sostenuto verso l’obiettivo del 2% nel medio periodo).
L’obiettivo è «migliorare le condizioni di finanziamento per l’economia reale e in particolare per le imprese e le famiglie». Gli acquisti del Pepp continueranno a essere realizzati «in modo flessibile», in modo da «ridurre in modo significativo i rischi a una trasmissione senza intoppi della politica monetaria», per esempio a causa di un eccessivo ampliarsi degli spread, che genererebbe una frammentazione del sistema finanziario di Eurolandia.
christine lagarde
Cade però ogni riferimento – nel comunicato ufficiale – ai rischi posti dalla pandemia , ma anche alla necessità di «assicurare un funzionamento senza intoppi dei mercati finanziari»: l’enfasi - come ha cautamente confermato Lagarde - è ora riservata alla ripresa e ai prezzi (all’«orientamento di politica monetaria», più che al meccanismo di trasmissione, che pure resta un elemento importante.
Il motivo della decisione è semplice: le condizioni finanziarie di Eurolandia sono troppo rigide rispetto alle necessità della politica monetaria. Qualche giorno fa Isabel Schnabel, che siede nel consiglio direttivo, aveva ricordato che in circostanze simili la Bce è chiamata a intervenire. Non a caso la decisione di rafforzare il Pepp è stata presa all’unanimità, anche se l’ammontare dei 600 miliardi ha ricevuto solo un «ampio consenso».
Le componenti delle condizioni finanziarie - cambio, Borse e soprattutto rendimenti - sono tutte insoddisfacenti. Il cambio effettivo dell’euro è in rialzo da qualche settimana, mentre gli indici di Borsa per quanto meno rilevanti in Eurolandia rispetto agli Usa sono sì in lenta ripresa, ma restano a livelli più bassi rispetto a quellli della prima metà di febbraio.
I rendimenti dei bond – la componente più importante – sono infine tutti superiori a quelli del 28 febbraio, quando la crisi del coronavirus era iniziata solo in Italia. Quelli a breve termine, che sentono immediatamente l’impatto della politica monetaria, sono addirittura superiori a quelli del 2 gennaio. Per i soli titoli con rating AAA la situazione è del tutto analoga (anche se i livelli della curva sono, evidentemente, più bassi).
CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA MERKEL
È vero che questi rendimenti segnalano anche l’aumentato rischio di default, ma la politica monetaria è ultraespansiva, e a ragione, e richiede un costo del credito più basso per essere efficiente: sembrano prevalere le pressioni al ribasso dei prezzi, anche se i dati sono ancora imprecisi, e il rischio di deflazione si ripresenta. Al momento, lo scenario di base delle proiezioni dello staff della Bce prevede un’inflazione molto bassa, ma non negativa, per il 2020: +0.3%, seguito da un 0,8% per il 2021 e l’1,3% per il 2022, un livello questo troppo lontano dall’obiettivo del 2%.
La domanda è ancora bassa, l’attività economica è piuttosto lenta e la ripresa potrebbe non essere sufficientemente forte da recuperare rapidamente i livelli precrisi. Lo staff della Bce prevede, come scenario di base, una flessione del pil dell’8,6% nel 2020 con una ripresa del 5,2% nel 2021, e del 3,3% nel 2022; indicazioni peraltro caratterizzate da un «elevato grado di incertezza». I prossimi due anni, dunque, non permetteranno di recuperare in pieno i livelli del 2019. Posto 100 il livello del 2019, il 2022 si chiuderà con un pil a quota 99,22.
corte costituzionale tedesca
Il forte rialzo dei prestiti degli ultimi due mesi segnala più che altro la necessità di liquidità, da parte delle imprese per superare la fase di “ibernazione” dell’economia. Non ancora si sono del tutto manifestati, inoltre, gli effetti sul mercato del lavoro (sul quale i dati restano imprecisi per gli effetti del lockdown).