Andrea Ossino per “la Repubblica”
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Per avere i gioielli della corona, la monarchia si rivolge alla repubblica, o meglio alla sua carta costituzionale. La vicenda è piuttosto surreale, ma certificata dagli atti che i reali esiliati hanno depositato al tribunale civile di Roma: i Savoia vogliono indietro i loro preziosi e così non gli è rimasto altro da fare che invocare i principi di quella Costituzione nata dalle ceneri del regno dei loro avi.
l fatto è noto: gli eredi dell'ultimo re d'Italia, Umberto II, chiedono la restituzione di un tesoretto da 300 milioni che la famiglia lasciò nel 1946, all'indomani del referendum con cui gli italiani votarono per la soluzione repubblicana. Si tratta di gioielli, monili e preziosi vari che i fratelli Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice di Savoia adesso chiedono indietro. Ci sono ritratti della regina Margherita e della regina Elena, un diadema con brillanti, perle e diamanti.
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Un bottino niente male. Per questo i reali hanno citato in giudizio lo Stato chiedendo la restituzione delle "gioie di dotazione della Corona del Regno d'Italia". In realtà gli eredi di casa Savoia hanno chiamato in causa anche la presidenza del Consiglio, il ministero dell'Economia e la Banca d'Italia, che da 75 anni conserva il tesoretto in un caveau.
Fallita l'iniziale mediazione, ne è nato un processo civile appena terminato. E sfogliando le motivazioni con cui i Savoia, tramite l'avvocato romano Sergio Orlandi, cercano di far valere le proprie ragioni, si nota come i quattro fratelli si appellino particolarmente alla Costituzione italiana. Secondo il legale infatti la " XIII disposizione transitoria e finale" entrerebbe in contraddizione con altri articoli riconosciuti dalla stessa Carta.
Cinque in particolare.
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In altre parole la Costituzione sarebbe stata violata dalla XIII disposizione transitoria e finale. Entrata in vigore nel 1948, recita: "i beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato" e " i trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli".
Dunque i gioielli della Corona dovrebbero andare alla Stato.
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L'avvocato tuttavia ricorda l'articolo 42 della Carta, che al comma 3 "vieta espressamente che i beni di proprietà privata possano essere espropriati senza che venga conferito un indennizzo". E ancora ci sono gli articoli 24, 25, 27 e 111, che portano il legale ad affermare che "non possono essere confiscati i gioielli di casa Savoia senza un equo e giusto processo".
E se la costituzione non dovesse bastare per tutelare i diritti dei monarchi, i Savoia sono pronti a ricorrere alla Carta europea dei diritti dell'uomo, chiamata in causa dal legale per ricordare come i gioielli siano beni "personali" e non "della Corona", quindi dovrebbero essere restituiti ai reali. Una questione spinosa su cui il tribunale civile di Roma si esprimerà a giorni.
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