Alessandro Barbera e Marco Zatterin per “la Stampa”
jean claude juncker
Se la Commissione Ue agisse fino in fondo come una burocrazia, e giudicasse i governi europei sulla base dei numeri nudi senza metterli in prospettiva, l’Italia sarebbe a un passo dal finire nei guai.
Nel suo primo rapporto sugli «squilibri macroeconomici» - documento che giudica in modo analitico lo stato delle riforme e la loro capacità di far convergere le economie - Bruxelles ammette: «il ritmo delle riforme italiane sta crescendo» si vedono «sforzi importanti», anche se «i progressi sono disomogenei». Nel testo, datato 7 novembre, si sottolineano «le significative incertezze» nella revisione della spesa e le privatizzazioni «in ritardo», frasi che ipotecano la fiducia nella possibilità di raggiungere gli obiettivi di riduzione del debito.
jean claude juncker
Una montagna che appare un «serio elemento di vulnerabilità», e porta a ritenere necessaria nel 2015 - al netto degli effetti dell’azione governativa e della probabile flessibilità comunitaria - una correzione del saldo strutturale dello 0,9% del pil, 14 miliardi di euro per centrare gli obiettivi di medio termine concordati fra Roma e Bruxelles.
Non è una bocciatura, bensì un avvertimento.
L’analisi della Commissione si basa sul Documento di economia e finanza e sulla nota di aggiornamento, non valuta l’impatto della Legge di Stabilità (lo farà fra due settimane) e dunque nemmeno i 6 miliardi che nel frattempo l’Italia ha promesso di risparmiare.
RENZI E PADOAN
Bruxelles non ha chiesto di riscrivere la manovra per il 2015, ma fa impressione notare che l’aggiustamento indicato è quello di un anno fa, quando a Palazzo Chigi c’era Letta e le prospettive di crescita erano ben altre.
Non è un caso se il commissario per l’economia Pierre Moscovici ha ricordato «che la storia non è ancora finita», che esiste la possibilità che la Commissione chiede al governo Renzi «sforzi ulteriori» pari allo 0,2-0,4% del Pil. «E’ difficile che si arrivi a una procedura di deficit eccessivo - spiega una fonte Ue - ma resta la porta aperta per una «Excessive Imbalance Procedure», il meccanismo di vigilanza preventivo che punta a scongiurare l’emergere di disequilibri gravi. Sgombrato il campo dalle sigle, il punto è sempre lo stesso: il giudizio sui conti italiani resta sospeso, così come sulla capacità del governo di portare fino in fondo le riforme promesse, la precondizione perché Bruxelles non si impunti sui numeri.
matteo renzi pier carlo padoan
Il rapporto sottolinea la necessità che si proceda con i tagli alla spesa, esprime dubbi sulla richiesta dei ministeri di tagliarsi le spese da sé, elenca una per una le privatizzazioni saltate quest’anno: la vendita del 5% di Enel (curiosamente il rapporto non cita Eni), del 40% di Enav e Poste, la «poco significativa» partita di giro sulle quote di Sace a Cassa depositi e prestiti.
matteo renzi pier carlo padoan
Il documento sottolinea il mancato taglio delle agevolazioni fiscali, elenca i vantaggi della promessa riforma del mercato del lavoro, il cui giudizio è però rinviato ai decreti attuativi. La riforma della scuola è un ottimo proposito, ma «richiede un impegno duraturo». Le semplificazioni per chi fa impresa «sono state numerose, ma frammentarie», mentre si ammettono «passi avanti» per superare i colli di bottiglia nelle infrastrutture.
A proposito di bottiglie: Bruxelles ammette che i problemi di Renzi hanno a che vedere anche con la burocrazia. «I colli di bottiglia di natura istituzionale rappresentano il più grande impedimento perché le riforme si trasformino in un vantaggio per l’economia». L’attuazione delle riforme (anche quelle «adottate di recente») restano il «tallone d’Achille» del Paese. E lo scrive una burocrazia.