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    DRAGHI SI E’ SVEGLIATO! – IL NUMERO UNO DELLE BCE AVVERTE CHE L’ITALIA NON HA SAPUTO BENEFICIARE DELLA POLITICA DI BASSI TASSI. CERTO: LE BANCHE ITALIANE HANNO CONTINUATO A FINANZIARE GLI AMICI DEGLI AMICI!


     
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    Carlotta Scozzari per Dagospia

    Per l'Italia è un po' come se la politica di bassi tassi di interesse della Banca centrale europea (Bce) non ci fosse mai stata. Una politica che avrebbe dovuto spingere i finanziamenti alle imprese e alle famiglie e contribuire perciò alla crescita di un'economia che invece, nel Belpaese più che altrove, arranca. E, soprattutto, una politica di cui altri paesi europei sono riusciti a beneficiare, a differenza che, appunto, l'Italia e i "cugini" francesi.

    mario draghimario draghi

    A parlare in maniera abbastanza esplicita del problema, sebbene la cosa sia passata un po' sotto silenzio, è stato ieri niente meno che il numero uno della Banca centrale europea, Mario Draghi, che ha dichiarato: "Gli effetti della politica monetaria di bassi tassi della Bce non si riflettono a quelli applicati in Italia e in Francia".

    Una frase laconica dietro a cui si cela l'immenso problema dell'erogazione del credito da parte delle banche italiane. Una questione che potrebbe essere riassunta così: negli anni d'oro dell'economia e della finanza, quando forse mai nessuno avrebbe immaginato che di lì a poco sarebbe esplosa una crisi di queste proporzioni, gli istituti di credito nostrani, da sempre abituati a un capitalismo incentrato sui conflitti di interesse e le strette di mano, hanno prestato denaro soprattutto ai propri amici. Senza cioè seguire principi di efficienza, badando a dare soldi a chi un domani potrà con maggiori probabilità restituirli.

    Antonio PatuelliAntonio Patuelli

    Poi, una volta esplosa la crisi, quei crediti facili e disinvolti il più delle volte hanno fatto fatica a tornare indietro e si sono così trasformati in quelle sofferenze che adesso pesano sui bilanci delle banche italiane. E' stato calcolato che sugli istituti di credito italiani grava un macigno da 300 miliardi di euro di crediti deteriorati, che fanno cioè fatica a tornare indietro (le sofferenze rappresentano il livello estremo e più pericoloso di questi finanziamenti di difficile riscossione).

    Non stupisce perciò che di questi tempi le banche di casa nostra, grandi e piccole, si stiano dando un gran da fare per creare delle società ad hoc dove buttare dentro questi prestiti quasi marci. In questo modo sarà poi più facile venderli a operatori specializzati nell'andare a riscuotere il credito porta a porta dai debitori. Un processo, per le banche, lungo, costoso e che non sempre sortisce effetti.

    FAMIGLIA GHIZZONIFAMIGLIA GHIZZONI

    Ma quali sono i prestiti facili e disinvolti che le banche hanno concesso negli anni delle vacche grasse? Uno dei casi più eclatanti è quello del finanziere franco-polacco Romain Zaleski, in buoni rapporti col presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli e finanziato a piene mani soprattutto dalla banca ora guidata da Carlo Messina, esposta verso la sua società Carlo Tassara per 1,2 miliardi sui 2,2 miliardi complessivi di debito.

    GIOVANNI BAZOLI E JOHN ELKANNGIOVANNI BAZOLI E JOHN ELKANN

    Un accordo per risolvere il nodo dell'eccesso di debito e non fare fallire la società, nel caso della Carlo Tassara di Zaleski, è da poco stato raggiunto. Quel che invece non si può dire di Sorgenia, la utility controllata dalla famiglia dell'ingegnere Carlo De Benedetti che proprio in questo momento è alle prese con la non semplice ricerca di un accordo con gli istituti di credito sul debito da 1,8 miliardi. Un macigno che se non viene ridotto di 600 milioni rischia di fare saltare in aria la società. E la banca che rischia di più, questa volta, è Mps, che vanta verso Sorgenia un credito di circa 600 milioni risalente ai tempi in cui a comandare era il presidente Giuseppe Mussari.

    Romain Zaleski Elia Valori e Sergio BalbinotRomain Zaleski Elia Valori e Sergio Balbinot

    Come dimenticare, poi, le vicende del gruppo Fondiaria-Sai ai tempi della gestione della famiglia Ligresti? Unicredit, prima che Fonsai passasse a Unipol, nell'estate del 2012, vantava un credito verso le società del gruppo di Don Salvatore da circa 500 milioni mentre il conto per la Mediobanca di Alberto Nagel saliva fino a oltre 1 miliardo.

    Ma questi sono solo i casi più eclatanti, perché c'è poi tutto un sottobosco di piccoli istituti, come Carige e Banca Marche, che stanno rischiando di finire schiacciati da tutta una serie di finanziamenti erogati nei tempi d'oro dai rispettivi padri padroni per lo più ad amici e conoscenti.

     

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