1 - PONTI E DRONI: IL CONFLITTO VIRA SU KHERSON
Andrea Marinelli e Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
soldati ucraini guardano la danza degli studenti
In attesa di sviluppi marcati sul campo, le analisi si concentrano sui punti deboli e di forza dei due schieramenti. L'attenzione e la «narrazione» si concentrano su quanto avviene nel settore meridionale di Kherson. Kiev promette da tempo un'offensiva e continua a colpire con le artiglierie: lunedì ha rivendicato di aver distrutto nell'ultimo mese 50 depositi di munizioni. Gli avversari avrebbero spostato truppe per rinforzare le posizioni e ciò avrebbe determinato un rallentamento dell'attività nella zona nord. Per l'esperto Tom Cooper, i tiri sui ponti stradali creano fastidi ai russi, ma sarebbero ben più profondi se danneggiassero anche quelli ferroviari.
UCRAINA - SOLDATI UCRAINI LANCIANO UN JAVELIN MISSILE DI FABBRICAZIONE AMERICANA
L'Armata non può fare a meno dei treni per trasportare uomini e rifornimenti. Lo stesso Cooper sottolinea l'importanza dei droni da ricognizione russi Orlan 10, impiegati per assistere il fuoco dell'artiglieria. Sono velivoli a basso costo, presenti in gran numero, fondamentali nella fase offensiva.
L'Armata li lancia a ripetizione, supera le difese, corregge la mira. I difensori hanno poche contromisure: quelle elettroniche; le mitragliere anti-aeree; i missili portatili tipo Strela/Stinger, ma non bastano. E Mosca potrebbe ottenere droni dall'Iran.
Sul nostro taccuino c'è poi una «parola»: gradualismo. Gli Usa, con i partner Nato, tendono a fornire armi migliori a Kiev soltanto dopo, non prima di avanzate sensibili dei russi. L'esercito di Zelensky ha ricevuto 16 esemplari di Himars e ne vorrebbe di più, insieme ad altri cannoni da 155 mm. Esistono due problemi.
soldati ucraini mariupol
Il primo è politico: non vogliono accrescere lo scontro con Mosca. Il secondo è tecnico: serve tempo per addestrare i militari, gli ucraini devono essere in grado di assorbirli, potrebbe sorgere un problema di scorte di munizioni. Quanto agli aiuti poco tempestivi, una citazione la merita la Germania. Dopo mesi, sono finalmente arrivati i primi tre blindati anti-aerei Gepard dei 15 promessi. Un cammino lento, in parte dovuto ad ostacoli pratici, ma anche alle ben note acrobazie di Berlino, sempre indecisa sul supporto bellico.
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2 - KIEV SPINGE LA CONTROFFENSIVA "STIAMO LIBERANDO KHERSON"
Riccardo Coletti per “la Stampa”
La controffensiva di Kherson continua, «entro settembre la regione verrà definitivamente liberata - assicura Sergiy Khlan, governatore dell'oblast ora in mano russa -. Tutti i piani degli occupanti falliranno». L'obiettivo è ambizioso, ma per la prima volta dal 24 febbraio sul fronte Sud si stanno ammassando truppe ucraine. Sono i battaglioni smobilitati dal Lugansk e i volontari della difesa territoriale addestrati a Kiev. Al loro fianco l'artiglieria. Quella sovietica, datata ma ancora efficiente, e quella americana, i cannoni da 155 millimetri che hanno reso difficile l'avanzata russa in Donbas.
soldati ucraini
Il segnale d'inizio dell'offensiva è arrivato dal cielo quando quel che resta dell'aviazione ucraina ha colpito oltre le linee nemiche. «Due aerei da guerra hanno condotto un attacco su un deposito di munizioni russo e una caserma nell'area vicino a Snihurivka (oblast di Mykolaiv). In totale, «le forze armate ucraine hanno ucciso 65 soldati russi, distrutto un sistema di comunicazione mobile Redut-2US, 11 veicoli corazzati ed altri mezzi logistici», annunciava tre giorni fa il comando operativo ucraino.
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«Nonostante le dichiarazioni degli occupanti russi, l'Ucraina sta liberando i suoi territori nel Sud - ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky -. Gli occupanti hanno cercato di prendere piede nella regione di Kherson, hanno rilasciato varie dichiarazioni audaci, ma le nostre forze armate stanno avanzando passo dopo passo in tutta la regione».
Almeno 4 battaglioni hanno lasciato il Donbass per spostarsi verso le coste del Mar Nero. Ora sono di stanza a Mykolaiv e presto potrebbero ricevere il nulla osta per un'avanzata di terra. Per muoversi verso i villaggi alle porte di Kherson da cui partirà l'assalto finale.
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L'obbiettivo resta ambizioso ma raggiungibile. Mariupol è caduta, il Luhansk perso ed in Donbass i russi hanno una potenza di fuoco decisamente superiore. Dopo la resa delle acciaierie Azov l'Ucraina ha cambiato strategia: basta difesa ad oltranza. Basta offrire prigionieri al nemico, benzina per la propaganda. Severodonetsk e Lysychansk sono state abbandonante quando i russi erano alle porte: quando gli uomini del Cremlino erano ad un passo da chiuderle a tenaglia.
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Kherson ormai è un simbolo per entrambi i governi. Mosca ha più volte annunciato un referendum che non è mai stato indetto. L'autoproclamaznione non è mai avvenuta; in compenso il rublo circola da settimane, i cellulari si appoggiano a ripetitori russi e le banche sono tutte sotto il controllo di Mosca. Stessa cosa per gli apparati statali. Una morsa militare e politica che non è riuscita a soffocare la resistenza interna. Nell'ultimo mese chi è ancora fedele a Kiev ha organizzato almeno 4 attacchi mirati. In uno, a fine maggio, ha preso la vita un amministratore filorusso.
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Il Cremlino non resta a guardare. Nelle ultime 48 ore Mykolaiv è stata pesantemente bombardata. Attacchi via mare con i Kalibr alternati a bombardamenti aerei a suon di S-300. Tra gli obbiettivi colpiti una caserma in pieno centro città dove avrebbero perso la vita decine di soldati. Anche ieri mattina la città si è svegliata con il frastuono delle bombe. Il cielo corvino colore del fumo per ora, ma non ci sarebbero state vittime civili.
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Mykolaiv, scalo portuale sul Mar Nero ad Est di Odessa, da mesi è una città di fronte, non passa giorno senza che venga bombardata. Lì si ammassano truppe e mezzi; da lì inizierà l'assalto per la liberazione di Kherson. Sull'operazione militare regna il riserbo. L'unico a rompere il selezione è Vitaly Kim, governatore della Regione che ha annunciato un possibile coprifuoco di 48 ore. Ha anche lanciato un appello ai suoi concittadini offrendo «ricompense in denaro a chi denuncerà spie o collaboratori filo russi».
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La Russia, invece, ha scelto di giocare a carte scoperte. È lo stesso Serghei Lavrov, ministro degli Esteri e fedelissimo di Putin, ad annunciare che Donetsk e Lugansk non bastano più. «Ora la geografia è diversa - ha dichiarato all'agenzia di stampa Ria Novosti - ne fanno parte anche le regioni di Kherson, Zaporizhzhia e una serie di altri territori». La chiosa è una minaccia all'Ucraina ed a tutto l'Occidente: «Questo processo sta proseguendo in modo logico e persistente e la Russia potrebbe aver bisogno di spingersi ancora più a fondo».