Vera Martinella per il Corriere della Sera - Salute
Difendere la sessualità dal tumore alla prostata è possibile. Sia con la radioterapia, adottando determinati accorgimenti nella zona da irradiare, sia con la chirurgia, optando per interventi che salvino i nervi deputatati all'erezione.
TUMORE ALLA PROSTATA
Si può inoltre ricorrere ai farmaci contro la disfunzione erettile e alla riabilitazione, che sarebbe bene iniziare il prima possibile. Ci sono, poi, il sostegno psicologico e la consulenza con esperti sessuologi, per gli uomini e per la coppia.
Senza contare che in quasi la metà dei 35mila nuovi casi diagnosticati ogni anno nel nostro Paese di tumore alla prostata si può adottare la sorveglianza attiva che consiste nel monitorare il tumore con specifici controlli senza fare terapie, evitando così del tutto il rischio dei principali effetti collaterali, cioè incontinenza urinaria e disfunzione erettile.
PROSTATA
«Si può fare molto per la sessualità, ancora oggi troppo spesso trascurata per l'imbarazzo ad affrontare il tema, pur essendo un aspetto cruciale per il benessere di malati e partner» sottolinea Riccardo Valdagni, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), il cui congresso annuale si tiene in questi giorni a Milano.
A oggi si stima che in Italia vivano 480mila uomini con una diagnosi di carcinoma prostatico, la maggior parte dei quali ha ricevuto uno o più trattamenti che possono aver lasciato conseguenze indesiderate. «Oltre la metà di queste persone ha problemi nella sfera sessuale - dice Giario Conti, primario di Urologia all' ospedale Sant' Anna di Como -, che non significa solo erezione, ma anche calo del desiderio e perdita della libido, oltre a un generale malessere psicologico che non consente di avere una piena e soddisfacente vita sessuale».
SESSO PROSTATA
Ci sono anche effetti collaterali meno noti su cui la ricerca sta puntando l'attenzione: «Fra questi la climacturia, cioè la perdita di urine al momento dell'orgasmo, l'orgasmo doloroso, meno intenso o diverso - spiega Andrea Salonia, andrologo urologo e direttore dell'Istituto di Ricerca Urologica al San Raffaele di Milano -. A cui si aggiungono alterazioni riguardanti la forma e le dimensioni del pene».
Il primo passo per preservare l'attività sessuale nei pazienti sottoposti a radioterapia è studiare al meglio la zona da irradiare: «Solo recentemente abbiamo scoperto che l'origine dell'impotenza è molto probabilmente legata all' irradiazione indesiderata della base del pene, il cosiddetto bulbo penieno - chiarisce Valdagni -. L' utilizzo della risonanza magnetica nella pianificazione del trattamento consente all' oncologo radioterapista di "vedere" in maniera ottimale il bulbo e evitare quindi che le radiazioni tocchino quest' area assai sensibile, preservando così l' erezione».
uomini e prostata
Quanto all' intervento chirurgico, è determinante, quando possibile, risparmiare i nervi deputati all' erezione: «Sono appunto le procedure nerve-sparing, riservate a pazienti con un carcinoma di rischio basso o intermedio, che riescono ad asportare tutta la massa senza ledere i nervi - chiarisce Alberto Lapini, prossimo presidente di SIUrO e responsabile della Prostate Cancer Unit all' ospedale Careggi di Firenze -.
Si possono eseguire sia con chirurgia tradizionale sia con il robot, con risultati pressoché identici salvo un più rapido recupero post-operatorio con la robotica. Infine, dopo l'intervento è bene iniziare un programma riabilitativo precoce, senza aspettare mesi o anni come ancora spesso avviene, cominciando con farmaci idonei».
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Non solo per avere rapporti, ma anche per mantenere ossigenati i corpi cavernosi e favorire la vasodilatazione, così da ridurre il rischio di fibrosi e retrazione (ovvero che il pene si riduca di dimensione e si «atrofizzi»).
«In base alla nota 75 dell' Agenzia Italiana del Farmaco - ricorda Salonia - i malati sottoposti a prostatectomia radicale e quelli trattati con radioterapia possono ricevere i farmaci per bocca contro la disfunzione erettile ( sildenafil, tadalafil, vardenafil e avanafil ) con copertura del Sistema Sanitario Nazionale secondo un piano terapeutico stabilito dallo specialista.
E lo stesso vale per alprostadil somministrato per via intracavernosa, ovvero con iniezioni all' interno del pene».
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Altro aspetto importante è quello di scegliere un centro di cura con esperienza: «Oggi le unità dedicate alla cura dei tumori della prostata (o prostate cancer unit) sono sempre più diffuse - aggiunge Lapini -. Al loro interno è presente un team multidisciplinare che consente di fare scelte terapeutiche più corrette, come hanno dimostrato ormai diversi studi scientifici: il confronto fra i vari esperti (urologo, radioterapista, oncologo, psicologo, sessuologo, riabilitatore) sul singolo caso permette di offrire al paziente tutte le opzioni a disposizione nel suo caso, spiegando pro e contro di ogni trattamento. Aiutandolo anche a un migliore recupero per quanto concerne la sessualità».
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«È importante che il paziente faccia domande a proposito della vita intima - conclude Lapini - che si informi sul "dopo" e sulle possibili soluzioni da adottare. Va detto che è più facile che ciò avvenga quanto è da solo con il medico, senza la presenza della partner».
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