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    SVENDOLA! - PER I RIVA L’“AMICO NICHI” ERA UNA MANNA DAL CIELO - RISATE, ABBRACCI E “AIUTINI” TRA VENDOLA E ARCHINA’


     
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    Giacomo Amadori per "Libero"

    RIVA E VENDOLA resizeRIVA E VENDOLA resize MAURO FORTINI DIETRO NICHI VENDOLAMAURO FORTINI DIETRO NICHI VENDOLA

    Ieri, sul suo blog personale, Nichi Vendola si è esibito nel suo pezzo forte: la narrazione. Si è difeso dopo lo tsunami di critiche che gli è piovuto addosso all'ascolto delle sue risate telefoniche con Girolamo Archinà, responsabile dei rapporti istituzionali della famiglia Riva, il loro Richelieu.

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    E però sghignazzare sui maltrattamenti subiti in conferenza stampa da un giornalista poco gradito ai Riva non gli ha portato applausi né consensi. Allora Vendola, «umiliato», ha preso il computer e ha raccontato: «Sono stato eletto per migliorare la vita della mia comunità. E la vita dei tarantini e dei pugliesi non sarebbe migliorata chiudendo la fabbrica e cacciando nella disperazione ventimila famiglie. Sarebbe migliorata solo costringendo la fabbrica a diventare moderna. E questo, per me che non avevo i poteri della legge marziale o dell'esproprio proletario, passava attraverso la trattativa. Anche con chi consideravo il nemico. Questo dovrò e vorrò chiarire ai giudici».

    NICHI VENDOLANICHI VENDOLA

    RASSICURAZIONI PRESIDENZIALI
    «Con chi consideravo un nemico» scrive Vendola, ossia con i Riva. Peccato che gli inquirenti, in anni di indagini, non abbiano percepito questa presunta ostilità, tanto da iscrivere l'affabulatore di Terlizzi sul registro degli indagati per abuso d'ufficio. Un abuso che sarebbe stato realizzato per favorire i padroni delle cokerie. Tra le motivazioni di questa decisione c'è la telefonata con cui Vendola rassicura Archinà sulla sua disponibilità: «Volevo dirglielo perché poteva chiamare Riva e dirgli che il presidente non si è defilato».

    FABIO RIVA  E GIROLAMO ARCHINAFABIO RIVA E GIROLAMO ARCHINA

    Il problema in quel momento sono i dati sulle emissioni dell'Arpa, l'agenzia regionale per la protezione ambientale, che rischiano di essere per l'Ilva una mazzata. Nel giugno del 2010 i vertici dell'azienda sono stati raggiunti dal primo avviso di garanzia in relazione alle emissioni di benzo(a)pirene da parte delle cokerie Ilva. Per questo, secondo l'accusa, occorre mettere la museruola ad Arpa e al suo direttore, il professor Giorgio Assennato.

    Scrivono i giudici: «Il complesso delle intercettazioni relative alle pressioni sul professor Assennato è da ritenersi oltre ogni ragionevole dubbio assolutamente attendibile così come è altrettanto evidente che il tutto si era svolto sotto l'attenta regia del presidente Vendola e del suo capo di gabinetto avvocato Manna».

    GIROLAMO ARCHINA' - ILVAGIROLAMO ARCHINA' - ILVA

    Per questo il 15 luglio Vendola & C. incontrano Fabio Riva (figlio del patròn Emilio) in Regione. Mentre, a mo' di lezione, Assennato sarebbe stato tenuto fuori e rimproverato da un dirigente su incarico di Vendola. Ma è il giorno dopo che avviene un fatto particolarmente interessante e sinora poco evidenziato. Viene notificato ai vertici dell'Ilva un'ulteriore richiesta di incidente probatorio nel procedimento in cui sono indagati Emilio Riva e l'altro figlio Nicola, insieme con due dirigenti.

    fabio rivafabio riva

    Continuano i magistrati: «La nuova iscrizione nel registro degli indagati e la connessa richiesta di incidente probatorio, unita ai recenti dati delle emissioni rilevati dall'Arpa nel periodo gennaio/maggio che registravano un raddoppio delle medesime emissioni rispetto ai dati precedenti, immediatamente scatenavano le reazioni del management Ilva».

    LA TRIANGOLAZIONE
    In quelle ore scoppia ufficialmente la guerra tra la procura di Taranto e l'Ilva. E la presidenza della Regione non appare esattamente neutrale. Infatti una copia dell'avviso giudiziario viene immediatamente inviata dall'ingegner Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento e tra i destinatari del provvedimento, ad Archinà.

    E Archinà che fa? Lo gira all'avvocato Francesco Manna, capo di gabinetto di Vendola, neanche si trattasse dell'ufficio legale dell'Ilva. Questa triangolazione è puntualmente descritta nell'informativa della Guardia di finanza, dove si legge che il 16 luglio 2010 alle ore 14 e 18 Archinà scrive a Manna: «Gentile, ciò che temevo si è verificato grazie ad Arpa Puglia e al sindaco di Taranto. Mi chiedo a che serve essere leali e collaborativi? Ti saluto cordialmente».

    NICHI VENDOLA E PIERLUIGI BERSANINICHI VENDOLA E PIERLUIGI BERSANI

    Alle 15 e 44 dello stesso giorno Manna inoltra ad Archinà la seguente risposta: «Ho dato copia dell'allegato al Presidente. Un abbraccio». In pratica, tra un abbraccio, una risata e un saluto, Vendola e il suo capo segreteria trovano il tempo di occuparsi delle carte giudiziarie del loro «nemico».

    Eppure, ieri, dal suo blog, Vendola ha concionato: «Nessuno si è mai chiesto perché nessuna autorità avesse mai collocato a Taranto una sola centralina che monitorasse gli inquinanti sputati dalla bocca del siderurgico? Quei monitoraggi li facciamo noi. Raccogliamo i dati sull'inquinamento, che nessuno, sottolineo nessuno, aveva voluto certificare fino ad allora». Ma quando la procura decide di fermare quei fumi, allora Vendola & C. diventano i migliori difensori dei Riva.

     

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