la corte di cassazione
L’offesa su internet equivale alla diffamazione mezzo stampa. Dare ad esempio del "bimbominkia" a qualcuno online costituisce reato per cui va punito. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione in una recente sentenza. Il termine "bimbominkia" non si può usare sui social perché definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media, spiega la Suprema corte. Oltretutto se l'epiteto viene usato in un gruppo Facebook con oltre duemila iscritti scatta il reato di diffamazione aggravata.
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La sentenza
La sentenza che coinvolge il termine “bimbominkia” riguarda l'animalista trapanese Enrico Rizzi, a cui è stata rivolta l'offesa. Oltretutto Rizzi in passato era stato condannato dalla Cassazione per le offese rivolte al presidente del consiglio regionale Diego Moltrer.
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All'indomani della sua morte aveva usato appellativi come “vigliacco” “infame” e “assassino” per via della sua passione per la caccia. Ora è stata un'amica di Moltrer ad insultare Rizzi definendolo "bimbominkia".
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Il termine “bimbominkia”
Nel gergo giovanile, il “bimbominkia” è un utente web che si comporta in modo stupido e infantile, intervenendo continuamente nelle discussioni e mostrandosi fastidioso o irriguardoso verso gli altri. Si caratterizza spesso in un quadro di precaria competenza linguistica e scarso spessore culturale per un uso marcato di elementi tipici della scrittura enfatica, espressiva e ludica.
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