veltroni calcio
Giorgio Gandola per La Verità
«Con un gol sarei stato un grande, invece rimango alto 1.61 e non ho più niente da chiedere». Carlo Tavecchio lascia così, con un finale impressionista, e immediatamente nella stanza vuota della Federcalcio entrano come spifferi le suggestioni del futuro che arriva. Sarà una guerra di successione.
Silenziosa, laterale, con coltelli affilati da parte di coloro che ambiscono a sedersi sulla prestigiosa poltrona del pallone o almeno a controllarne l' immenso potere. Il primo pretendente è uscito allo scoperto ancora prima che Tavecchio prendesse il treno per la sua Brianza velenosa, sola andata: è Giovanni Malagò, numero uno del Coni, che ieri a margine degli Stati generali dello Sport si è lasciato scappare: «C' è la volontà di commissariare la Federcalcio, lo dice lo statuto.
renzi veltroni 5
Mi sembra l' unica soluzione». E ha fissato una Giunta straordinaria per domani pomeriggio.
In realtà potrebbe non essere l' unica soluzione, anzi non era quella che ha spinto Tavecchio ad abbandonare.
Poiché si è dimesso il presidente, ma non il Consiglio, sarebbe bastato un interim del vicepresidente vicario Cosimo Sibilia di 90 giorni e poi nuove elezioni, alle quali si sarebbe presentato in pole position lo stesso gran visir della Lega dilettanti per incassare il dividendo determinato dal salto della quaglia. Tradizionale roccaforte e scrigno di voti per Tavecchio, la Lega dilettanti (governata per 16 anni dall' ex sindaco di Ponte Lambro) era sempre stata una certezza. Quando si è accorto che stava passando in massa al fronte colpevolista, il responsabile politico della disfatta mondiale ha capito che l' avventura era finita.
MALAGO' SIBILIA
L' uscita di Malagò dimostra il suo interesse per la poltrona della Figc liberatasi a sorpresa. Il commissariamento fu la via d' uscita motivata dall' ingovernabilità anche in altre occasioni: nel 1986 dopo il disastro ai mondiali del Messico fu il presidente del Coni, Franco Carraro, a guidare la transizione. Esperienza ripetuta nel 1996 con Raffaele Pagnozzi, nel 2000 con Gianni Petrucci, nel 2006 con Guido Rossi e poi Luca Pancalli.
Alla domanda se il commissario sarà lui, Malagò ha risposto così: «Personalmente ho un' agenda molto molto complicata e soprattutto tra 90 giorni c' è un' Olimpiade in arrivo, lontana e con un fuso orario diverso. Penso che sia di buon senso trovare un' altra soluzione». Ma chi lo conosce bene scommette che l' obiettivo è percepito come un gelato alla vaniglia e l' agenda non sarà un problema.
L' altro candidato è Cosimo Sibilia - figlio del mai dimenticato Antonio, storico presidente dell' Avellino di Juary e del triplo bacio sulla guancia al leader della Camorra, Raffaele Cutolo -, dirigente con ottime entrature politiche bipartisan: è senatore di Forza Italia e al tempo stesso segretario del presidente del Senato, Pietro Grasso. Andrebbe bene al ministro dello Sport, Luca Lotti, quindi anche all' equivicino (copyright di Bruno Vespa) Malagò. Meno al mondo della sinistra radical chic che vedrebbe con maggior favore ex calciatori come Luca Vialli o Massimo Mauro, una scelta della coerenza con qualche possibilità di diventare un scelta folcloristica. Quanto a Matteo Renzi, non ha perso le speranze di far spiaggiare in Federcalcio un personaggio tornato scomodo a sinistra come Walter Veltroni.
gravina
Gli obiettivi che la nuova dirigenza deve garantire al sistema calcio in questi mesi di prevedibili tempeste sono tre: sostanziosi diritti tv, rappresentanti di Lega A e B (oggi commissariate da Tavecchio) e un allenatore della Nazionale degno di questo nome. Per il ruolo di ct i pretendenti restano tre: Roberto Mancini (disponibile di corsa), Antonio Conte (disponibile a rientrare) e Carlo Ancelotti (disponibile col condizionale). Nel senso che la prima scelta di Carletto resta una panchina in Premier League. Il presidente di Lega A dovrebbe essere Gabriele Gravina, numero uno di Lega Pro, ondivago in questi giorni di crisi federale proprio perché in cerca di nuove gratificazioni.
cairo
Quanto ai diritti tv, il vero business che tiene in piedi tutta la dorata baracca, la partita è apertissima: i club vorrebbero arrivare a un contratto da 1,4 miliardi, ben oltre i 900 milioni proposti dalle tv. La forbice è larga, gli incontri finora sono stati insoddisfacenti al punto che Urbano Cairo ha buttato lì: «O ci accontentano oppure ci facciamo un canale della Lega e produciamo le partite da soli».
Lo spauracchio per Rai, Mediaset e Sky è un vecchio progetto, quel «Lega Channel» ipotizzato da Infront e da un ex di peso, Marco Bogarelli, pronto a coordinare il lancio dell' operazione con Discovery come partner industriale. Dipende da cosa ci sarà scritto sulle offerte all' apertura delle buste il 15 dicembre. E davanti a questi scenari le ultime parole di Tavecchio diventano flebili sussurri.
bogarelli