Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
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Il suicidio era l'unica, disperata via d'uscita, da volere davvero o solo da inscenare, che Carlotta Benusiglio fosse in grado di intravedere per sottrarsi alla condizione di vittima di stalking che ormai le era insopportabile.
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Marco Venturi, che aveva tutti gli elementi per poter immaginare che dopo l'ennesimo scontro l'ex fidanzata avrebbe potuto fare qualcosa di grave ma non se ne curò, viene condannato a 6 anni di reclusione in abbreviato perché la morte della sua ex compagna viene ritenuta «conseguenza» degli atti persecutori che le aveva inflitto. La Procura aveva chiesto per lui 30 anni di carcere.
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Un caso giudiziario Per la prima volta, una sentenza mette in relazione lo stalking subito da una donna e il suo suicidio, addossando la responsabilità del secondo - come conseguenza del primo - al suo persecutore.
Il caso è quello della stilista ed ex modella di 37 anni Carlotta Benusiglio che il 31 maggio 2016 fu trovata impiccata a un albero dei giardini di Piazza Napoli, a Milano. In sei anni il caso giudiziario ha oscillato tra la tesi del suicidio e quella dell'omicidio commesso da Marco Venturi, oggi 46enne, che avrebbe poi inscenato la volontà dell'ex compagna di togliersi la vita legando con lucida freddezza il suo corpo a un ramo. Un'ipotesi che ora il giudice dell'udienza preliminare accantona definitivamente.
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Le indagini
Le prime indagini su Venturi per istigazione al suicidio si chiusero a ottobre 2016 con una richiesta di archiviazione che, però, un mese dopo fu revocata da un altro pm (il precedente si era trasferito) il quale ribaltò tutto e chiese il suo arresto per omicidio volontario che, però, fu negato dal gip, dal Tribunale del Riesame e dalla Cassazione per mancanza di sufficienti elementi di colpevolezza.
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Il cadavere fu riesumato ma anche una nuova autopsia non riuscì a escludere definitivamente l'ipotesi del suicidio. Sembrò ottenere questo risultato inizialmente una consulenza tecnica voluta dalla famiglia Benusiglio sulle immagini delle telecamere di sorveglianza che erano già agli atti dell'inchiesta.
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Registrano la coppia alle 3,39 in Piazza Napoli dopo l'ultima violenta lite, lei davanti e lui che la segue a pochi metri; poi lei da sola che alle 3,40 attraversa la strada e va verso il parco; quindi lui solo dalle 3,42 alle 3,50, mentre preleva i soldi da un bancomat.
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Dicono anche che alle 3,41 una sagoma vicina all'albero ostruisce la luce di un lampione: sarebbe il corpo della donna appena morta. La consulenza della famiglia sosteneva che alle 3,41 e 49 dallo stesso albero si allontana qualcosa che potrebbe essere la sagoma di Venturi, ma per la polizia e per il perito del giudice si tratta solo di un effetto elettronico, un «artefatto di compressione».
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Le vessazioni
Venturi aveva a lungo sottoposto la ex modella a quelli che tecnicamente sono «atti persecutori» - è stato condannato anche per questo - in un rapporto molto conflittuale, tempestandola di telefonate e messaggi, presentandosi sotto casa, spiando i suoi movimenti fino ad aggredirla e minacciarla.
La disperazione
Tutto ciò potrebbe aver fatto precipitare Carlotta Benusiglio nella disperazione fino a scegliere di morire. Su come questo sia avvenuto non è ancora chiaro, forse lo sarà tra 90 giorni con le motivazioni della sentenza.
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Due le possibilità: che si sia uccisa volontariamente oppure a causa di un incidente. «Uno dei due deve lasciarci la pelle, ecco quando finirà», scriveva dieci giorni prima a un'amica. Annuncio o minaccia? Già il Tribunale del Riesame non escluse che la donna avesse voluto «platealmente "sfidare" Venturi con un gesto estremo, magari dimostrativo di una capacità, gesto rapidamente sfuggito di mano (...) e dalle conseguenze tragiche».
L'uomo forse aveva chiara la situazione, ma per negligenza lasciò colpevolmente che l'ex compagna si allontanasse da sola nella notte in quello stato, ma non è responsabile diretto della sua morte.
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«In attesa delle motivazioni, è certo che la sentenza dice che sono stati i suoi comportamenti a portare alla morte di Carlotta», afferma l'avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia. «Siamo contenti. Non è stato condannato a tanti anni ma volevamo che fosse ridata dignità a Carlotta. Credevo nella giustizia, è arrivata», afferma commossa Giorgia, sorella della vittima.
I difensori di Venturi, gli avvocati Veronica Rasoli e Andrea Belotti, guardano con fiducia all'appello: «Per ora è importante che sia caduta l'ipotesi che lo descriveva come un assassino che strangola e poi inscena un suicidio per impiccagione».