Estratto dell'articolo di Lorenza Rapini per “La Stampa”
ALESSANDRO CERIONI
«Il mio letto è su un soppalco. Sì, è un po’ basso, una quarantina di centimetri, e il monolocale è piccolo. Ma ora forse ho trovato un’altra casa»: nella Milano degli affitti folli per gli studenti, Alessandro Cerioni racconta la sua vita in 9 metri quadrati. Come se fosse normale, come se quello spazio si potesse considerare un appartamento. Vivere così vuol dire sacrificarsi. Risparmiare su tutto, anche sui rapporti umani a volte, perché non si può certo invitare un compagno di studi a casa, se di casa si può parlare.
Cerioni è marchigiano: è a Milano per il primo anno di dottorato al Politecnico. «Per il monolocale, che è vicino a Porta Venezia - prosegue -, spendo 650 euro più le bollette, 100 euro ogni due mesi. Io per fortuna ho la borsa di studio associata al dottorato, ma non riesco a mantenermi autonomamente. I miei mi aiutano, anche se vorrei essere indipendente. Ora forse ho trovato un’altra casa, una stanza singola in un appartamento: spenderei una cifra identica, ma almeno avrei 15 metri quadrati e una cucina e un bagno a parte».
ALESSANDRO CERIONI STANZA 9 METRI
Ha un confronto a portata di mano: «L’ultimo anno di studi l’ho fatto in Svezia. Anche lì i costi erano alti. Se mi fossi fermato lì per il dottorato, avrei avuto un costo analogo di casa, a fronte di una borsa di studio di 30 mila euro all’anno: un po’ diverso da qui». Viene un ultimo dubbio: ma in quei 9 metri, il gabinetto c’è? «Certo che c’è, è nella doccia», risponde lo studente. Si vive in 9 metri perché averne di più vorrebbe dire sostenere costi che non si possono chiedere alle famiglie. Si vive in 9 metri perché già così i ragazzi sanno di essere un peso per mamma e papà e allora bisogna studiare il più possibile, fare in fretta. Si vive in 9 metri perché qualcuno lo permette, anche.
renato pozzetto il ragazzo di campagna
(…)