Estratto dell’articolo di Claudia Guasco per “Il Messaggero”
Toomaj Salehi
La voce del dissenso iraniano, durante le proteste scoppiate dopo l'uccisione di Mahsa Amini, correva su Youtube al ritmo di versi rap: «Il loro crimine è stato danzare con i capelli al vento. Il loro crimine è stato che lui o lei erano coraggiosi e criticavano i 44 anni del vostro regime. Gli anni del vostro fallimento».
Toomaj Salehi, 33 anni, combatte il regime degli ayatollah con la sua musica. Testi espliciti, nessun nome d'arte, video con la sua faccia in primo piano. Non si è mai nascosto, per il governo di Teheran è un simbolo pericoloso, le sue parole dovevano essere soffocate.
Toomaj Salehi
Ad aprile è stato condannato a morte, ma ieri la Corte suprema iraniana ha annullato l'esecuzione capitale. Lo ha annunciato su X il suo avvocato Amir Raesian, specificando che «il caso sarà rinviato a un altro ramo della Corte per essere esaminato».
Non è un'assoluzione, le accuse nei suoi confronti non sono state modificate, tuttavia il ricorso d'appello dei difensori è stato accolto dai giudici scongiurando il rischio di un'impiccagione che, in base al sistema giudiziario dell'Iran che nega garanzie e trasparenza, poteva avvenire in qualsiasi momento.
[…] L'ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto alle autorità di Teheran di revocare la condanna a morte del rapper, insistendo per il suo «rilascio immediato e incondizionato».
Toomaj Salehi
Il governo italiano, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha espresso «ferma condanna per la sentenza», la parlamentare tedesca Ye-One Rhie ha sollecitato «l'immediata liberazione», Amnesty International si è mobilitata, oltre cento personalità di spicco del mondo della musica, della cultura e dell'attivismo per i diritti umani hanno firmato una petizione reclamando il rilascio di Toomaj, tra loro anche Sting, i Coldplay e la scrittrice Margaret Atwood. «L'arte deve poter criticare, provocare, mettere in discussione e sfidare l'autorità.
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Toomaj Salehi
Nato in un villaggio rurale del distretto di Sardasht, nella parte più occidentale dell'Iran, Salehi è figlio di una famiglia di contadini, dopo le scuole di trasferisce nella regione di Isfahan e lavora come operaio in un'azienda metallurgica. Ma la sua vocazione è la musica e l'obiettivo dei versi rap appare subito chiaro: l'opposizione al regime di Khomeini e a una teocrazia che soffoca le libertà. Toomaj finisce in carcere per la prima volta a settembre 2021: «Propaganda e insulti alla suprema autorità religiosa dell'Iran», le accuse.
Viene rilasciato nove giorni dopo in attesa del processo, a gennaio 2022 la Corte islamica rivoluzionaria di Shahin Shahr lo condanna a sei mesi di prigione e una multa.
Toomaj Salehi
A fine luglio torna libero, ma Teheran sta per diventare una polveriera e lui come sempre è in prima linea. Il 16 settembre Mahsa Amini, studentessa di 22 anni, muore in cella mentre è in custodia della polizia religiosa per la mancata osservanza della legge sull'obbligo del velo, Salehi fa suo lo slogan «Donne, vita, libertà» e con le canzoni sostiene l'opposizione. Scrive "Questo è il campo di battaglia", provocando la collera delle autorità religiose.
Le strofe sono un'aperta ostilità: «Gridiamo il diritto e siamo sordi ai dittatori. Combatteremo fino alla morte, spalla a spalla. L'Iran non è una preda obbediente per questi criminali». Il 30 ottobre 2022 Toomaj è incarcerato per «attività propagandistica contro il governo, collaborazione con gli oppositori al governo e formazione di gruppi con l'intenzione di creare insicurezza nel Paese». Il verdetto viene pronunciato ad aprile: 6 anni e 3 mesi di carcere, dopo 252 giorni di isolamento. […]
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