Dagotraduzione da Dnyuz
Animali e uomini
Nel corso della storia l'uomo ha nutrito ogni sorta di animale, non solo quelli domestici. Perché? E che impatto ha questo comportamento sugli esseri umani, sugli animali e sull'ambiente?
Un gruppo di cinque ricercatori guidati dall'archeologa Naomi Sykes sta indagando sul fenomeno in Gran Bretagna e Scozia. La ricerca è ancora in corso ma gli scienziati credono che cibare gli animali abbia a che vedere con l'estinzione di alcune specie.
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Addomesticare gli animali, e cibarli, può essere la condanna a morte dei loro progenitori selvaggi. Gli antenati dei cavalli e dei bovini non esistono più. E anche se ci sono ancora lupi in giro, non prosperano come i cani.
In alcuni casi nutriamo gli animali per fini pratici. Ingrassiamo i polli per poterne mangiare le uova, e poi la carne, sfamiamo i cavalli per poterli cavalvare e prepariamo i pasti alle cavie da laboratorio, perché ci servono vive.
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Ma una grande quantità del cibo che destiniamo agli animali non ha alcun ritorno pratico. Le acquile nere di Delhi si nutrono di spazzatura e degli animali che ne sono attratti, ma vengono anche foraggiate dai musulmani, che per tradizione lanciano loro pezzi di carne in aria. Molti indiani sfamano i cani di strada come fossero loro vicini di casa. Ricchi e poveri dividono spesso il loro cibo con gli animali.
La ricerca di Sykes e dei suoi colleghi però è partita dai polli. Lavorando su alcuni siti antichi in Gran Bretagna, la dottoressa è rimasta sorpresa nello scoprire che gli isotopi di ossa di pollo fossilizzati restituivano strani risultati. Gli isotopi sono atomi di elementi chimici come carbonio o azoto utilizzati dagli scienziati per stabilire il contenuto dei pasti di animali e uomini.
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«Nei siti in cui venivano sacrificati agli dei di Mercurio e Mitra molti polli» durante l'occupazione romana della Gran Bretagna, «alcuni dei valori sembravano davvero bizzarri»: le galline venivano sottoposte a una dieta speciale a base di miglio.
Con gli anni, i polli sono diventati una delle principali fonti di cibo. Ma sono un esempio, secondo Sykes, di un processo in cui nutrire l'animale era più importante che mangiarlo.
I romani era soliti portare con loro anche cani e gatti. E negli insediamenti se ne trova traccia. Ma come mai, si è chiesta Sykes, per nutrire i gatti utilizziamo il pesce? Potrebbe essere una tradizione legata al cristianesimo?
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«Penso che i primi a legare con i gatti, almeno in Gran Bretagna, siano stati i monaci. Ne avevano bisogno per cacciare i topi, famelici divoratori di carte e documenti che richiedevano ai religiosi molte ore di lavoro. I monaci, costretti al digiuno, mangiavano spesso pesce».
Forse sono stati i monaci, in ogni caso la pratica si è diffusa. Tanto che oggi la pesca che alimenta il mercato dei cibo per gatti è un settore a sé. Un fenomeno preoccupante per il suo impatto ambientale. I consumatori esercitano pressioni sulle flotte che pescano per il mercato degli uomini, ma non su quelle che pescano per il cibo degli animali.
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Un altro fenomeno misterioso da spiegare è per quale motivo consideriamo alcuni uccelli come amabili ma ne disdegniamo altri? In Gran Bretagna la spesa per nutrire gli uccelli si aggira intorno ai 200 milioni di sterline. Ma non per tutti gli uccelli. I piccioni, per esempio, non sono molto amati.
Nel 1500 in Inghilterra la legge riconosceva un compenso a chi uccideva alcuni animali, non solo ratti e topi, ma anche «corvi, nibbi reali, uccelli rapaci». Perché abbiamo cambiato prospettiva? Una delle ipotesi è che le basse temperature dell'epoca, nota come una piccola era glaciale, rendessero il cibo scarso inducendo gli animali a rivolgersi agli insediamenti umani per sopravvivere.
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I campioni di ossa mostreranno se in effetti nel 1500 i rapaci dipendessero di più dal cibo umano che dal foraggio tradizionale.
La dottoressa Sykes vede gran parte dell'abitudine umana di nutrire gli animali come una forma di addomesticamento. Sembra anche che alcuni animali che ora mangiamo, come polli e conigli, possano essere entrati nella nostra vita non come cibo, ma come bestie da nutrire.
L'alimentazione degli uccelli è solo un esempio, ma è anche un campanello d'allarme secondo Sykes: l'addomesticamento e l'estinzione spesso vanno di pari passo anche se la causa e l'effetto non sono chiari.
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L'uro ha lasciato il posto al bestiame. Ci sono molti gatti domestici in Gran Bretagna, ma solo pochi gatti selvatici scozzesi. I lupi sono ancora qui, ma non i lupi da cui discendono i cani. Sono estinti. E i lupi moderni stanno solo resistendo, mentre i cani potrebbero essere un miliardo. Il loro futuro, almeno in termini di numeri, è luminoso. Finché ci saranno persone, ci saranno cani. Nessuno sa che aspetto avranno e se dovremmo lavare loro i denti giorno e notte e spendere una fortuna per i loro tagli di capelli. Ma saranno qui.
Lo stesso non si può dire dei lupi. E se le creature selvagge si estinguono, perdiamo tutti.