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    PERCHÉ IL FENOMENO DELLE BABY GANG STA DILAGANDO? - IL TEMA DEI CRIMINI COMMESSI DAI GIOVANI È UNO DEI PIÙ DISCUSSI SUL WEB, CON UN INCREMENTO DI INTERESSE ONLINE DEL 1251% TRA IL 2020 E IL 2021 - IN ITALIA, LE CITTÀ CON IL PIÙ ALTO TASSO DI REATI COMMESSI DA MINORI SONO MILANO, ROMA E TORINO, MA ANCHE IN EUROPA IL FENOMENO SI STA ESPANDENDO - L'82% DELLE PERSONE RIMASTE VITTIME DI UN'AGGRESSIONE HA RIVELATO DI NON AVER SPORTO DENUNCIA. IL MOTIVO? "TANTO I COLPEVOLI NON SI TROVANO MAI…"


     
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    BABY GANG BABY GANG

    Leonardo Di Paco Massimiliano Peggio per “la Stampa”

     

    Violenza di strada come forma di espressione sociale. Torino si colloca al terzo posto della classifica nazionale per reati commessi da minori, dopo Milano e Roma, ma con densità di abitanti di gran lunga superiore. L'82% delle persone, rimaste vittime di un'aggressione in città, non ha presentato denuncia. Perché? Un po' per sfiducia nelle forze dell'ordine, o perché «i colpevoli non si trovano mai», o semplicemente perché fare una denuncia rischia di essere solo una perdita di tempo.

    BABY GANG BABY GANG

     

    Radiografia di un fenomeno informe e sfuggente, quello delle baby gang e delle devianze giovanili. Stanno provando a realizzarla i ricercatori torinesi che hanno aderito al progetto europeo di sicurezza urbana Icarus, partendo dai big data elaborati dall'unità scientifica della polizia municipale. Progetto che coinvolge tre assessorati: sicurezza, politiche sociali, politiche educative. Sul web la questione appassiona.

    baby gang ragazze baby gang ragazze

     

     Analizzando il flusso informativo pubblicato su tutte le fonti aperte, social media e siti informativi professionali, le notizie e i commenti sul tema baby gang hanno conquistato vette altissime di attenzione. Tra il 2020 e il 2021 si è registrato un incremento di interesse del 1251%, solo a Torino. Da una decina di giorni, in sordina, i ricercatori di Icarus hanno lanciato un sondaggio anonimo con passaparola.

     

    baby gang baby gang

    Partendo dall'ambiente universitario. Le domande: hai subito un'aggressione da parte di una baby gang o ne hai sentito parlare? Dov' è accaduto? In quale fascia oraria? Hai fatto denuncia?

    Ecco i primi risultati. La maggior parte delle aggressioni è avvenuta tra le 23 e mezzanotte, poi tra le 12 e le 19. Così raccontano le persone che hanno vissuto in prima persona un fatto. Dove? Per chi ha avuto un'esperienza diretta soprattutto sui mezzi di trasporto, metro e tram; poi nelle vie del centro, e infine nelle zone di movida, San Salvario e Santa Giulia. Stando agli intervistati del «sentito dire», la classifica si capovolge: in cima ci sono le zone della movida, poi i quartieri di periferia, a seguire i mezzi di trasporto e subito dopo le vie del centro.

     

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    Domanda cardine: qual è l'età stimata degli aggressori? Sia chi ha avuto un'esperienza diretta, sia quelli del «sentito dire» rispondono in maggioranza 14-18 anni. In quanti erano gli assalitori? Qui il risultato si fa interessante. Stando alle risposte di chi ha vissuto sulla propria pelle un reato si toccano gli estremi: o per mano di un branco di «sette o più persone» o per opera un rapinatore «solitario». Per l'opinione pubblica il fenomeno si connota per lo più in branco.

     

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    Il Comune di Torino, al pari della città di Lisbona, nell'ambito del progetto europeo di sicurezza urbana, ha scelto di studiare a fondo le devianze giovanili. Non solo per comprenderne le origini, ma anche per individuare delle cure, migliorare le condizioni sociali della città e prevenire derive incontrollabili. Da qui parte la radiografia del fenomeno, cui ieri educatori, investigatori, assistenti sociali, giornalisti, hanno dedicato una giornata di studi, portando ognuno in dote la propria esperienza.

     

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    Perché occorre trovare rapidamente una soluzione all'ondata di baby gang e microcriminalità minorile? Perché, dicono i ricercatori, è un fenomeno in aumento; tra i giovani si sta diffondendo una scarsa sensibilità per le ingiustizie, e si sta radicando troppa tolleranza alla violenza, che si traduce in omertà e mancanza di solidarietà. I correttivi ci sono.

     

    Educatori ed esperti, messi a confronti propongo vari tipi di interventi, ma quasi tutti concordano nel chiedere alla politica strategie stabili, a lungo termine, anche visionarie; il superamento della gestione in bandi dirottando più fondi alle attività sociali di prossimità, ai progetti di sostegno delle famiglie, soprattutto straniere, e ai percorsi educativi. Per insegnare che la violenza non è un linguaggio. È solo una sconfitta.

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