1 – SALARIO MINIMO IL PIANO M5S PER SFIDARE I SINDACATI
Marco Patucchi per “la Repubblica”
giuseppe conte e luigi di maio con la postepay per il reddito di cittadinanza
Era stato il reddito di cittadinanza per le politiche di un anno fa, sarà il salario minimo per le europee del prossimo maggio. Il vicepremier e il presidente del Consiglio hanno innalzato uno dei vessilli del Movimento 5 Stelle in vista dell' imminente campagna elettorale: Luigi Di Maio, un minuto dopo la vittoria di Nicola Zingaretti alle primarie Pd, lo ha sfidato a sbilanciarsi sul salario minimo, mentre Giuseppe Conte in un suo intervento sulle pagine di Repubblica ha auspicato una misura a livello europeo.
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Sullo sfondo già ci sono varie proposte di legge targate M5S, Pd, LeU e FdI. Ma anche le cautele dei sindacati, delle imprese e degli esperti. «Leggi affrettate e invise alle parti sociali non sono il metodo migliore per riforme del mercato del lavoro efficaci e durature», avvertono su lavoce.info Chiara Giannetto e Andrea Garnero (che è un economista dell' Ocse).
La questione centrale è proprio il ruolo di sindacati e aziende che rivendicano da sempre l' assoluta titolarità, attraverso la contrattazione, in materia di salari e che, dunque, guardano con sospetto ad eventuali sconfinamenti dello Stato o del legislatore. «Tra l' 80 e il 90% dei lavoratori italiani è coperto dai contratti nazionali - ha detto di recente il leader della Cgil, Maurizio Landini - noi proponiamo di renderli validi per tutti.
MAURIZIO LANDINI OSPITE DI ALLA LAVAGNA
Se invece il Parlamento stabilisce un salario che può essere persino più basso dei limiti contrattuali, diventa una legge che contrasta la contrattazione collettiva». Secondo i sostenitori del salario minimo, in fondo la misura soccorrerebbe quel 10-20% di lavoratori tagliati fuori dalla contrattazione collettiva e che guadagnano mediamente il 20% in meno rispetto al minimo tabellare: si tratta di almeno 2,3 milioni e 3 milioni se si considerano anche i cosiddetti "lavoratori autonomi economicamente dipendenti" (le finte partite Iva, per intenderci).
Per la maggior parte i lavoratori sottopagati sono in piccole aziende e nel Mezzogiorno. D' altro canto al Cnel sono depositati ben 868 contratti nazionali dei quali solo un terzo siglati dai sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil): al netto di altri accordi firmati da sindacati autonomi "corretti", sono dunque centinaia i contratti "pirata".
zingaretti suda all'assemblea pd 4
«Tutto vero - sottolinea Francesco Seghezzi, direttore della fondazione Adapt - ma credo che le stesse imprese che eludono i contratti collettivi non si farebbero grandi problemi ad aggirare anche un salario minimo fissato per legge. Quello che serve è un rafforzamento delle ispezioni». La pensa più o meno così anche Guglielmo Loy che, dopo tanti anni di attività sindacale nella Uil, oggi è presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell' Inps: «Ormai l' attività prevalente degli ispettori non è sul lavoro nero totale, ma sulle buste paga "farlocche", sui finti part-time, quindi l' elusione andrebbe avanti anche con il salario minimo legale.
Credo che la contrattazione continui ad essere lo strumento più flessibile per mediare tra salari e sostenibilità delle aziende e che vada fatta un' attenta analisi anche dell' impatto del salario minimo sulle dinamiche previdenziali e contributive».
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Sul dilemma tra salario minimo per legge e contrattazione collettiva, fanno riflettere le conclusioni di uno studio della Fondazione Anna Kuliscioff, curato da Claudio Negro: «Se il salario minimo viene fissato a ridosso dei minimi tabellari dei contratti collettivi, certamente potrebbe risultare depotenziata la contrattazione nazionale, anche se va ricordato che quest' ultima si occupa di altre cose oltre al salario base: diritti sindacali, orari, inquadramento, formazione.
Viceversa, fissando un minimo molto inferiore ai minimi contrattuali si può indurre parte delle imprese ad adottarlo per risparmiare rispetto al contratto collettivo nazionale». Insomma, è una questione di euro, come evidenzia anche Andrea Garnero: «I salari minimi nell' Ocse variano tra il 40 e il 60% del salario mediano.
DI MAIO E LA CARD PER IL REDDITO DI CITTADINANZA BY LUGHINO
In Italia vorrebbe dire tra i 5 e i 7 euro all' ora. Il livello sarebbe anche compatibile con i minimi tabellari fissati dalla contrattazione collettiva. Invece, 9-10 euro l' ora significherebbero un salario minimo al 75-80% del mediano, ben al di sopra degli altri Paesi».
La proposta del Pd, ricordiamolo, è di 9 euro netti mentre quella pentastellata è di 9 euro lordi. Infine c' è una questione territoriale: vista la diversità dei livelli di sviluppo e dei relativi poteri d' acquisto tra le regioni italiane, un salario minimo ragionevole in Lombardia potrebbe essere fuori mercato in molte zone del Sud, mentre un livello accettabile al Sud potrebbe essere irrisorio al Nord.
«Se si vuole fare un' operazione con effetti reali sulle retribuzioni - rileva lo studio della Fondazione Anna Kuliscioff - sarebbe opportuno individuare un minimo orario medio per poi riparametrarlo per aree territoriali». Qualcosa che somiglia molto alle care, vecchie "gabbie salariali".
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2 – TUTTI ENTUSIASTI DEL SALARIO MINIMO? NON PROPRIO
Andrea Garnero e Chiara Giannetto per www.lavoce.info
Sulla carta in Parlamento c’è un’ampia maggioranza favorevole all’introduzione del salario minimo. La norma va però ben ponderata. Perché leggi affrettate e invise alle parti sociali raramente portano a riforme del mercato del lavoro efficaci e durature.
Cinque proposte per il salario minimo
Il salario minimo legale è tornato ad animare il dibattito politico italiano ma questa volta si comincia ad entrare nei dettagli. Movimento 5 stelle e Partito democratico al Senato e Pd, Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia alla Camera hanno presentato cinque diverse proposte di legge. Il salario minimo è anche il primo tema del capitolo lavoro del contratto di governo tra Lega e M5s. Quindi, sulla carta esiste in Parlamento un’ampia maggioranza favorevole. Tuttavia, un’analisi comparata mostra che le posizioni dei partiti sono piuttosto diverse (si veda riassunto in Tabella 1).
Elementi principali delle proposte di legge sul salario minimo depositate al Senato e alla Camera - tabella di www.lavoce.info
A 9 euro netti, il Pd fa la proposta più generosa per i lavoratori (e quindi più onerosa per i datori di lavoro), mentre il M5s propone 9 euro lordi. In entrambi i casi, soprattutto quello del Pd, si tratta di valori ben al di sopra della media Ocse se comparati ai valori dei salari medi o mediani. Le proposte di LeU e FdI, invece, con formulazioni molto simili, propongono di fissare il minimo al 50 per cento del salario medio indicato dall’Istat (quindi circa 7 euro), ma con variazioni regionali a seconda del livello di reddito, della produttività del lavoro e del tasso di occupazione regionale. Un’ipotesi comprensibile in un paese diseguale come l’Italia, anche se non se ne trova traccia in Europa e tra i paesi Ocse, minimi regionali esistono solo in grandi paesi federali come Usa, Canada o Messico.
conte abbraccia di maio dopo l'approvazione della manovra alla camera
Per quanto riguarda l’evoluzione futura, le proposte M5s e Pd al Senato propongono aumenti automatici, legati all’andamento dell’inflazione, mentre LeU lo collega all’andamento dei redditi. Invece, Pd alla Camera e FdI propongono di istituire una commissione composta da esperti e parti sociali che sia incaricata di stabilire gli aumenti, come succede in Germania o nel Regno Unito. Differenze significative emergono anche per quanto riguarda la frequenza degli aggiornamenti: Pd e M5s propongono aumenti annuali, FdI ogni tre anni, LeU ogni quattro.
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In molti paesi sono previste valori inferiori per i giovani o altre categorie, da noi solo LeU e FdI prevedono un’esenzione per gli apprendisti. Infine, tutte le proposte, salvo quella del M5S, indicano sanzioni per chi non rispetti i nuovi minimi.
Cosa resta della contrattazione nazionale
Il nodo più delicato nel caso italiano è il rapporto del nuovo minimo con i contratti collettivi esistenti. I sindacati, infatti, non vedono di buon occhio un minimo per legge: temono che la contrattazione nazionale venga esautorata e i salari minimi abbassati. FdI, come già la legge delega del Jobs act, prevede che il minimo si applichi solo a chi non è coperto da un contratto collettivo.
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Tuttavia, come già discusso in precedenza, dato che tutti i lavoratori dipendenti sono di fatto coperti da un contratto collettivo nazionale, non è chiaro a chi si faccia riferimento. Il Pd alla Camera precisa che si applicherà a chi non è coperto da un contratto collettivo firmato da parti rappresentative.
Il M5s, rifacendosi a una giurisprudenza recente sugli appalti e le cooperative, fa la proposta più vicina a quanto richiedono i sindacati e cioè accompagna l’introduzione di un minimo legale con un’estensione per legge dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi firmati da parti rappresentative.
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Una sorta di doppia protezione (minimo legale e minimo contrattuale) che tuttavia continua a lasciare i sindacati non del tutto convinti (un’estensione completa dei contratti collettivi, però, è incostituzionale) e che, se non sarà accompagnata da adeguati margini di flessibilità, rischia di rendere il sistema di negoziazione salariale ancora più rigido, con effetti potenzialmente nefasti per occupazione e investimenti nelle aree meno ricche nel paese.
Infine, il Pd al Senato include anche una clausola di aumento proporzionale dei livelli retributivi superiori, con modalità da definire per decreto del ministro del Lavoro. Non è chiaro come questo dovrebbe avvenire, ma si tratterebbe di una novità assoluta tra i paesi Ocse.
il sito per il reddito di cittadinanza 5
Al di là del comune intento generale, se si entra nei dettagli si capisce quanto l’introduzione di un salario minimo legale, pur nella sua relativa semplicità, richieda una discussione approfondita. Un minimo per legge sarebbe comunque solo un pezzo del puzzle sulla “questione salariale” italiana che ha le radici in vent’anni di crescita della produttività anemica e che non chiuderebbe il pluridecennale dibattito sul rapporto fra contrattazione nazionale e accordi aziendale e sulla necessità di un decentramento “ben bilanciato”.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
Leggi affrettate e invise alle parti sociali (che sul terreno, poi devono appropriarsi degli strumenti previsti dalla legge e vigilare sul loro rispetto) sono raramente il metodo migliore per riforme del mercato del lavoro efficaci e durature. Il Parlamento farebbe bene a dedicare tutto il tempo necessario al tema e sfruttare la convergenza per linee generali tra maggioranza e opposizioni per discutere in modo circostanziato i vari dettagli. Da parte loro, le parti sociali dovrebbero partecipare al dibattito in maniera più attiva e propositiva senza restare sull’Aventino del sistema esistente sperando che “passi ‘a nuttata” e il tema esca nuovamente dall’agenda.