Il lato nascosto delle parole è il titolo della lezione che il linguista Luca Serianni tenne nel 2018 a Roma ad alcuni bambini (5-13 anni) plusdotati, cioè con un'intelligenza decisamente superiore alla media. Organizzato dall'Associazione genitori di bambini e ragazzi plusdotati (Aget), l'incontro durò un'ora. Eccone un estratto.
LUCA SERIANNI
Sapete dirmi cosa è una lingua? È una facoltà tipica ed esclusiva della nostra specie. Il linguaggio lo si acquisisce senza sforzo. Voi, per esempio, non commettete mai errori veri e propri. Mai vi verrebbe in mente di esprimervi con una frase come «dillo a io»: tutti i parlanti, anche gli analfabeti, sanno che in questa frase si usa "me" e non "io".
Basta l'uso a non farci sbagliare. In realtà esiste una lingua artificiale, l'esperanto. Ma anche nelle poche famiglie che lo hanno adottato e poi insegnato ai figli, l'esperanto è cambiato e la sua funzione di lingua immutabile è venuta meno. Ogni generazione, infatti, impercettibilmente cambia la lingua.
A Roma antica si parlava il latino; l'italiano altro non è che il latino così come si è modificato nel tempo, una generazione dopo l'altra. Singole parole, parole comuni, hanno mutato nel tempo il loro significato. ragazzo, per esempio È una parola di origine araba che voleva dire "fattorino".
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Quindi indicava un garzone. In tempi più recenti, fino a pochi decenni fa, significava anche "bambino" e i toscani più anziani ancora dicono "ragazzo" riferendosi a un bambino piccolo. È la stessa ragione per cui abbiamo i "libri per ragazzi", benché non siano certo testi rivolti ai ventenni.
Giacomo Leopardi scrive nel primo '800 una canzone dedicata a un vincitore del pallone e lo chiama "garzon bennato", cioè ragazzo di nobili natali e nobili sentimenti. Dante Alighieri, nel rappresentare due dannati nell'Inferno puniti con un prurito che non riescono a dominare, dice che questi due si grattavano così come il garzone di stalla, quando teme di essere picchiato dal padrone, striglia il dorso del cavallo.
Nei dialetti veneti, abbiamo toso per ragazzo e tosa per ragazza, termine che sopravvive in una serie di cognomi (Tosi e Tosello, per esempio). Viene dal latino tonsus, che significa "tosato": poiché i pidocchi erano comuni, si usava rapare a zero i maschietti e perciò il toso era il ragazzo. In Sicilia, ancora oggi, una forma per indicare il bambino/ragazzo è caruso (anche in questo caso spesso è un cognome): "caruso" vorrebbe dire qualcosa di corrispondente a "cariato", cioè "calvo": la parola ci dice che il bambino/ragazzo veniva rapato a zero.
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DONNA E CASA
A proposito della parola "donna", dovete sapere che ci rimanda a domina, che voleva dire "signora". Benché raro, esisteva anche un maschile, "donno", cioè signore, che sopravvive ancora oggi. Sapete sotto quale forma? "Don" (per esempio don Matteo).
L'etimologia di "signore" e "signora" è il latino senior: di sicuro conoscete questa parola e probabilmente la contrapponete a junior. Voleva dire "più vecchio". Senior era quindi epiteto di persone autorevoli. Qui vicino c'è Palazzo Madama, sede del Senato.Il senatus esisteva anche nell'antica Roma. Si chiama così proprio perché indica l'insieme delle persone più anziane e autorevoli. In un certo senso potremmo definirlo "vecchiume", ma noi ci guarderemo bene dal farlo.
Casa in latino era domus. La conoscete di certo, non lontano da qui c'è la Domus Aurea. Ha un continuatore diretto nel "duomo", l'edificio che, per dimensione e importanza, spiccava sulle povere case di un abitato. Casa in latino, invece, voleva dire "catapecchia", "stamberga"; oggi è passata a indicare un'abitazione, senza sfumature negative.
"Donna", domus, e poi "dominio": attraverso la riflessione etimologica ritroviamo la stessa famiglia.
CANI, GATTI E ALTRI ANIMALI
Se solo pensate a quanto sia diffusa la pubblicità degli alimenti per cani, si capisce quanto sia importante per noi questo animale. Ma per molto molto tempo "cane" ha indicato un animale particolarmente vile e disprezzato.
INCIDENTE A LUCA SERIANNI
Ancora oggi se diciamo a qualcuno «Sei un cane!», costui ha tutte le ragioni per offendersi. Se gli diciamo «sei un gatto!», no. Come mai? Perché il gatto è entrato nelle nostre case da meno tempo. Prova ne è il fatto che fino a due secoli fa i gatti non avevano un nome, proprio come le galline e le mucche.
Altri nomi di animali hanno una sfumatura negativa. «Quel tale è un verme» non è certo un complimento: è qualcuno che si comporta male, è inaffidabile, non si prende le sue responsabilità. Peggio ancora se diciamo che qualcuno è un porco, o un porcello: nella migliore delle ipotesi è sporco... Lo stesso per vacca, per serpente... Come vedete, l'uomo si mette sempre al centro dell'attenzione.
FUOCO E FOCUS, FAVOLA E FAMA
Dal latino all'italiano molte parole si sono perse. È il caso di puer, cioè ragazzo e bambino. Puer non si dice più.
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Però abbiamo ancora "puerile". Oppure ignis, cioè fuoco. La parola ignis si è perduta, ma resiste in "ignifugo": una sostanza ignifuga evita la propagazione del fuoco. Quanto a focus, invece, era il focolare dove ardeva il fuoco per cucinare e riscaldarsi: le case erano freddissime e ci si raccoglieva lì per avere un po' di calore.
Ancora, il verbo che in latino indica l'azione di parlare è fari. Lo ritroviamo in fabula, e quindi in "favola", un racconto che è in primo luogo raccontato, perché le favole vere e proprie sono raccontate, non lette. Da fari abbiamo fama: in origine era qualcosa che gli altri dicevano scambiandosi notizie su qualcuno. E ora ditemi i vostri nomi Ecco, Sonia è un nome recente, di origine russa.
Corrisponde a Sofia, che è di origine greca e celebra la saggezza, la sapienza.
Sonia era sconosciuto in Europa fino alla fine dell'800, quando si diffuse grazie alle traduzioni in francese dei grandi romanzi russi come Delitto e castigo e lo Zio Vanja. Ci sono poi nomi con una storia molto antica, come Luca, che era un evangelista. Ha avuto scarsa circolazione nel Medioevo e si è affermato solo nel secondo '900.
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Quando lo hanno dato a me, era decisamente raro e c'erano persone che si meravigliavano perché, in quanto terminante in "a", poteva sembrare un nome da femmina. Michele ha avuto grande tradizione anche nel medioevo.
Era il nome dell'arcangelo che simboleggia il trionfo sul male. Edoardo appartiene alla fitta serie di nomi di tradizione germanica. Il suo significato originario è "guardiano dei beni", quindi indica qualcuno di cui possiamo fidarci. Oggi contano fattori imponderabili legati al gusto dei genitori.
Un tempo non era così. Soprattutto ai maschi si dava il nome dei nonni, un'usanza ancora radicata nell'Italia meridionale, dove si portano nomi altrove rari come Gennaro o Salvatore.
simonetta fiori francesco rutelli luca serianni
Vi è piaciuto questo viaggio nelle parole? Avete domande? Ricordate che lo scienziato e lo studioso lavorano per questo, per dare una risposta alle vostre domande.
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