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    PERCHE' SI E' UCCISO GIACOMO SARTORI? - E' L'UNICA DOMANDA RIMASTA APERTA DOPO LE INDAGINI SULLA MORTE DEL 29ENNE, TROVATO IMPICCATO A UNA QUERCIA NELLE CAMPAGNE INTORNO A PAVIA - IL RAGAZZO ERA SCOMPARSO DOPO IL FURTO DELLO ZAINO IN UN LOCALE A MILANO - SEGUENDO LE TRACCE DEL CELLULARE GLI INQUIRENTI HANNO STABILITO CHE E' TORNATO A CASA PER DIVERSI MINUTI, PRIMA DI RIMETTERSI IN MACCHINA DOPO LA MEZZANOTTE - IN QUELLE ORE HA TENTATO DI...


     
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    Cesare Guizzi per il corriere.it

     

    il ritrovamento del corpo di giacomo sartori il ritrovamento del corpo di giacomo sartori

    C’è un solo mistero che le indagini non sono riuscite a chiarire: il motivo. Perché Giacomo Sartori, 29 anni, ha deciso di togliersi la vita nella notte tra il 17 e il 18 settembre nelle campagne di Casorate Primo, in provincia di Pavia, dove mai era stato in precedenza. Ma nelle inchieste sui suicidi sono proprio le ragioni che spingono al gesto estremo a rimanere più intime e incomprensibili.

     

    In questi quasi otto mesi la famiglia dell’informatico, originario di Mel nel Bellunese, ha messo insieme i coriandoli di una vita, istanti e parole alle quali non si era dato peso prima. Ha affrontato il dolore della morte trovando risposte che è giusto rimangano private.

     

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    Tutto il resto, il giallo della sua scomparsa dopo il furto dello zaino in un locale a Milano e il ritrovamento del corpo impiccato a una quercia vicino alla Cascina Caiella, ha trovato una soluzione nelle indagini dei carabinieri e della procura di Pavia. Il pm Andrea Zanoncelli è pronto a chiedere al giudice l’archiviazione: «Un’inchiesta che ha seguito lo stesso meticoloso protocollo previsto nei caso di omicidio». Tanto che ad occuparsene sono stati gli esperti investigatori della squadra Omicidi del Nucleo investigativo di Milano.

     

    E quindi analisi sulle telecamere, indagini informatiche, biologiche e medico legali. Tutto, insomma, quel che potesse chiudere il mistero sulla morte di Sartori. Ogni elemento emerso è risultato convergere su una sola ipotesi, quella del gesto autolesionistico. Non ci sono assassini, né misteriosi ladri che avrebbero convocato la vittima per una trattativa legata alla restituzione del computer. Anzi, Sartori non ha mai seguito il segnale del pc aziendale e del cellulare rubato.

     

    le ricerche di giacomo sartori le ricerche di giacomo sartori

    L’autopsia ha chiarito «l’assenza di segni violenza o di pressione esterna». Il Dna sulla catena e sul cavo elettrico utilizzati per uccidersi (un primo tentativo era andato a vuoto) era solo il suo. Lo stesso per il materiale biologico e le impronte sul cellulare che la vittima ha lasciato ai piedi dell’albero. E anche nell’auto di Sartori non c’erano altre tracce recenti di Dna ad esclusione delle sue. Unico dettaglio i sedili spostati rispetto alla normale posizione di guida, ma compatibili con il fatto che il ragazzo sia rimasto diverse ore in auto a pensare, e forse a dormire, prima di farla finita.

     

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    Il lavoro del medico legale ha permesso di chiarire che la vittima non aveva ingerito altro dopo aver lasciato il pub di Porta Venezia. Le indagini sul tracciato del cellulare hanno confermato che Sartori dopo il furto subito è tornato a casa, per diversi minuti, prima di rimettersi in macchina dopo la mezzanotte. In quelle ore ha tentato di collegarsi da remoto al sistema di gestione del pc aziendale. Secondo gli inquirenti avrebbe tentato di cancellare gli hard disk del pc aziendale rubato. Operazione impossibile visto che il computer è spento e scollegato.

     

    Cosa aveva su quel pc? Secondo il datore di lavoro materiale di poco conto, forse c’era qualcosa di più personale che Sartori invece voleva cancellare prima di farla finita. Probabilmente il furto dello zaino, il secondo subito in pochi mesi, gli ha provocato una sorta di burnout, di esaurimento emotivo. La vittima non aveva una fidanzata, frequentava pochi amici e sul lavoro faticava ad esprimere le proprie capacità.

     

    giacomo sartori giacomo sartori

    Ma perché uscire di casa di notte e muoversi, in autostrada, verso le campagne del Pavese? La telecamera del casello di Binasco lo riprende dopo l’una: è solo, nessuna macchina lo segue. All’1.40 il cellulare si spegne, non lascerà messaggi né farà o riceverà chiamate. I carabinieri lo hanno inviato in Germania per analizzarne la memoria: niente di rilevante. Poi Giacomo ha continuato a girovagare in auto tra Motta Visconti e Casorate, poi prima dell’alba trova il modo di farla finita «rubando» la corda e la catena tra gli attrezzi dell’agriturismo.

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