Silvia Bizio per “la Repubblica”
KEITH EMERSON
Era considerato uno dei più grandi tastieristi della sua generazione, passando alla storia con gli Emerson, Lake & Palmer per le loro pirotecniche evoluzioni, giganti del progressive rock.
È stata proprio quella leggendaria abilità, con le dita che volavano sulla tastiera, a spingere Keith Emerson, 71 anni, a togliersi la vita. Secondo fonti della polizia riportate su tutti siti, il musicista è morto per un colpo “auto inflitto” d’arma da fuoco alla testa.
La sua compagna da tanti anni, Mari Kawaguchi, lo ha trovato morto verso l’1.30 del mattino di venerdì nel condominio su Marine Avenue nella zona costiera di Santa Monica, California. Keith Emerson soffriva da tempo di un disordine degenerativo nel tessuto nervoso della mano destra e poteva suonare solo con otto dita. Sapeva benissimo che il problema sarebbe peggiorato, e come risultato, soffriva di depressione.
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Non solo, ma negli ultimi anni il musicista, nato in Inghilterra a Todmorden nel 1944, soffriva anche di diverticolite. Aveva programmato un tour in Giappone per la prossima settimana, lasciando credere a chi era al corrente del suo problema che lo stesse affrontando, continuando a fare musica malgrado tutto.
«La musica era sempre nella sua testa», ha detto la sua compagna. «Anche quando dormiva, ero sicura stesse sempre pensando alla musica. A volte si svegliava e componeva. Era tutto così bello».
Sui social media i membri della band e tanti altri artisti continuano a postare i loro ricordi. Carl Palmer, il batterista del gruppo, ha detto: «Keith era un’anima gentile il cui amore per la musica e passione per le sue performance come tastierista rimarranno senza eguali negli anni a venire.
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Era un pioniere e un innovatore il cui genio musicale ci ha toccato tutti nel mondo del rock, classico e jazz. Ricorderò sempre il suo caldo sorriso, il suo senso dell’umorismo, era un vero showman che trascinava il pubblico, dedicato all’arte della musica. Sono molto fortunato ad averlo conosciuto e ad aver fatto musica con lui».
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La compagna dell’artista racconta: «Keith odiava essere definito una rockstar o una star del progressive rock. Voleva essere conosciuto come un compositore. Non ha mai ceduto al fascino del successo commerciale. Diceva sempre: “Io non sono una rockstar, non lo sono mai stato. Tutto quello che voglio è suonare” ».