Federico Rampini per “la Repubblica”
TIM COOK FA VISITA ALLA FABBRICA FOXCONN IN CINA
All' improvviso arriva una tregua parziale nella guerra dei dazi. Unilaterale, imprevista, anche se fortemente desiderata da tante parti. È l' Amministrazione Trump a ripensarci: rinvia di tre mesi un bel po' di quei dazi che dovevano colpire i beni di consumo "made in China" più diffusi tra i consumatori americani. In particolare la scampano smartphone e computer. È una mossa opportunistica: viene incontro alle pressioni di molte aziende americane che assemblano in Cina (vedi Apple) o dei gruppi della grande distribuzione (Walmart, BestBuy), e accoglie implicitamente l' argomento secondo cui sarebbero i consumatori americani a pagare i dazi.
XI JINPING DONALD TRUMP
I mercati interpretano la decisione come un ammorbidimento del protezionismo, e celebrano con rialzi soprattutto per le azioni delle aziende più colpite dai dazi.
Si diffonde anche la speranza che la prossima mossa distensiva possa venire da Pechino, per esempio con il ritorno ad acquisti massicci di cereali e soia dagli agricoltori del Midwest.
foxconn.
La guerra commerciale sta cominciando le prove di una de-escalation? Per adesso rimangono in vigore i superdazi del 25% che Donald Trump ha inflitto su 250 miliardi di dollari di importazioni annue dalla Cina. Inoltre è sempre in arrivo la seconda ondata: dazi del 10% che scattano dal primo settembre. Però questa seconda ondata avrebbe dovuto colpire subito altri 300 miliardi di importazioni dalla Cina, arrivando così a tassare la quasi totalità dei prodotti made in China. E invece la lista dei beni tassati ieri è stata decurtata.
guerra commerciale stati uniti cina 3
Ne sono usciti molti prodotti elettronici, come appunto laptop e telefonini, ma anche giocattoli per bambini. Altri prodotti sono tolti dalla lista dei dazi per ragioni di sicurezza nazionale. Rinviando al primo dicembre la loro tassazione, di fatto Washington consente alle reti della grande distribuzione di fare scorte in vista del Natale. Si evita così che da qui alla fine dell' anno i consumatori subiscano rincari, come probabilmente avverrebbe: almeno nelle previsioni, i dazi verrebbero infatti trasferiti dalle aziende al compratore finale.
xi jinping
Una "inflazione da protezionismo" non sarebbe forse catastrofica dopo un decennio di deflazione; però i consumatori potrebbero prendersela con Trump, a un anno dal voto.
In attesa di eventuali reazioni da Pechino, per adesso il rinvio dei dazi è un punto a favore di Xi Jinping. Sembra dimostrare infatti che la posizione negoziale di Trump non gode di una superiorità soverchiante, né è così rigida come sembrava (Qualche segnale di flessibilità c' era stato già su Huawei, e l' anno scorso su Zte).
il dormitorio della fabbrica foxconn di hengyang
Può darsi che Xi veda confermato il calcolo che molti osservatori gli hanno attribuito: secondo cui ai cinesi conviene far passare tempo, avvicinarsi all' elezione presidenziale del novembre 2020. Fino a ieri nel braccio di ferro erano emerse alcune debolezze della Cina: il rallentamento della sua crescita economica è un prezzo che sta pagando per la tensione protezionistica.
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Il rinvio dei dazi mette in bella evidenza una debolezza americana già nota: diverse multinazionali Usa hanno costruito nell' ultimo quarto di secolo una catena logistica articolata su almeno due continenti, con basi produttive delocalizzate in Cina e altri paesi asiatici.
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I dazi hanno sconvolto i calcoli economici che erano alla base di quella catena logistica. Alcune multinazionali hanno cominciato a prendere atto che siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, e hanno avviato i piani B o C per ridimensionare la loro dipendenza dalla Cina. Ma non sono piani che si attuano in pochi mesi; nel frattempo fare lobbying a Washington paga.
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