vegas
Francesco Spini per “la Stampa”
Di Lamberto Cardia, suo predecessore alla guida della Consob, tutti conoscevano la grande passione per la Roma e le domeniche passate allo stadio. Pochissimi, invece, nei sette anni successivi hanno mai sentito da Giuseppe Vegas il commento su un gol o la recriminazione di un rigore. Niente calcio, nella vita di questo tecnico-politico, abile navigatore anche quando il mare impensierisce il più avvezzo dei nostromi.
Niente calcio fino a ieri, quando ha accolto con un certo entusiasmo l' idea - che trova grande sponsor in Claudio Lotito - di catapultarsi dal noioso mondo della Borsa di cui è sceriffo con alterne fortune, oggi al termine di mandato, al rutilante circo del pallone che per lui è semplicemente «un asset fondamentale per il Paese». Che poi gli piaccia, poco importa. Anzi, proprio il suo freddo distacco, fanno notare dietro le quinte, ne rende la candidatura più credibile. Tanto più che il calcio è sport solo in parte, è molto conti, organizzazione, regole, società, alcune delle quali quotate. Un lavoro che per un presidente di Lega Serie A si traduce soprattutto in rapporti istituzionali. Che per Vegas sono pane quotidiano da che aveva da poco dismesso i calzoni corti.
Quanto alle competenze più specifiche, arriveranno.
LOTITO
Anche quando, nel 2010, lo hanno chiamato alla Consob, non è che avesse tutta questa dimestichezza con la Borsa.
«Mi toccherà studiare», confidò al tempo agli amici. Che lo conoscevano come navigato tecnico della finanza pubblica con una carriera da commis di Stato, alto funzionario del Senato, sfociata negli incarichi di governo, quindi in Parlamento, folgorato sulla via di Arcore, dopo aver bazzicato per anni i Liberali (prima Repubblica, epoca Zanone), lui cultore del diritto ecclesiastico. Sugli scranni dell' esecutivo lo chiama per la prima volta Augusto Fantozzi, quand' era ministro delle Finanze del governo Dini.
Ed eccolo sottosegretario.
Corre l' anno 1995, con la politica ci prende gusto. Nel '96 arriva la candidatura che lo porterà per tre lustri in Parlamento.
Silvio Berlusconi lo apprezza.
Giulio Tremonti lo arruola: questa volta - siamo nel 2005 - come viceministro dell' Economia. Carica da cui si dimetterà per passare a un' autorità che si direbbe indipendente, la Consob appunto, destinazione per cui lo sostengono tutti, anche l' opposizione.
GIULIO TREMONTI
Negli anni alla Consob Vegas vorrebbe volare altissimo, come le citazioni classiche cui non rinuncia mai, e invece inciampa spesso e volentieri. Mediaticamente è roboante l' accusa della trasmissione tv Report, secondo cui ha fatto pressione per cancellare i cosiddetti «scenari probabilistici» dai prospetti informativi, una sorta di bussola per i risparmiatori. Prima dice che così chiedeva l' Europa, poi nega tutto. Gran polverone, lo accusano di essere ostaggio delle banche che dovrebbe vigilare. Dimettersi? Macché. Dopotutto resiste a ben altro: nel recinto su cui vigila succede di tutto e la grana più grossa si chiama Monte dei Paschi.
Nella partita della finanza gli capita di finire fuori gioco, ma nessun arbitro fischia: nel 2012 partecipa a una riunione in cui spiega ai suoi vigilati (Mediobanca e Unipol) come sistemare il caso Fonsai senza incappare in sgradite Opa. Un paio d' anni orsono si dice che Renzi stesse facendo di tutto per sostituirlo. Ma in un' audizione in Parlamento, Vegas adombra sospetti di insider trading legati alla legge cancella-banche popolari voluta da Renzi. Una lezione per i signori del pallone: una volta imbarcato, liberarsi di Vegas non è impossibile. Complicato, sì
RENZI MALAGO'