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    “PIA SPARÒ DOVE QUEL BASTARDO AVREBBE DOVUTO AVERE UN CUORE, E INVECE AVEVA SOLO UNA POMPA CHE SMISE ISTANTANEAMENTE DI FARE IL SUO SPORCO LAVORO” – MAURIZIO DE GIOVANNI RACCONTA LA CONTESSA ASSASSINA PIA BELLENTANI CHE UCCISE L'AMANTE A VILLA D'ESTE, SUL LAGO DI COMO, NEL '48 DURANTE UNA SERATA MONDANA. QUANDO GLI CHIESE UN'ULTIMA VOLTA AL BALLO SE ERA DAVVERO FINITA E NE RICEVETTE UNA FREDDA RISATA DI ASSENSO, PIA PREMETTE IL GRILLETTO. LEI LO AMAVA DI UN AMORE BESTIALE… - LO SPARO DALLA PELLICCIA DI ERMELLINO


     
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    Maurizio De Giovanni per il “Corriere della Sera”

     

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    Forse per capire perché Pia premette il grilletto, nella tasca della sua pelliccia di ermellino, bisogna considerare l'amore. Certo, la tentazione di dare la colpa a quel tempo c'è, ed è forte. Perché la sera del quindici settembre del 1948 la guerra risuonava ancora nelle orecchie ed era finita da un respiro, e la vita e la morte si guardavano in faccia da pari a pari e tutto sommato ci si sentiva ancora su un filo, sospesi sull'abisso.

     

    Ma è anche vero che nel mondo di Pia, fatto di valzer e di cristallo, di gioielli e appunto di pellicce, di autisti in livrea, la guerra non era poi una percezione vivida di bombe e sangue e mutilazioni; Pia e la sua gente ballavano, e pranzavano serviti da camerieri in guanti bianchi e non dovevano porsi il problema della sopravvivenza. E quindi no, non saremmo dell'opinione che si debba dare la colpa alla precarietà dell'esistenza se Pia premette il grilletto.

     

    E nemmeno individueremmo il motivo nel luogo, anche se il Grand Hotel Villa d'Este di Cernobbio, sul lago di Como, tendenzialmente non è il posto più giocoso e allegro del pianeta, con la sua sfarzosa, solenne sala da pranzo e da ballo dove la musica dell'orchestra suonava ancora mentre Pia stringeva le labbra dopo aver pronunciato l'ultima, minacciosa frase rivolta all'uomo che le aveva insegnato cosa fosse l'amore. Ecco, l'amore.

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    Daremmo maggior rilievo all'amore, giacché Pia, quando ancora non era la contessa Bellentani ed era una ragazzina introversa e sensibilissima nella Sulmona degli anni Trenta, era proprio quello che cercava dentro di sé: un sentimento che la portasse via con la forza e la violenza di un uragano, che diventasse un mondo all'interno del quale vivere senza lasciare fuori nulla di sé. L'amore che da ragazza aveva addirittura scambiato per vocazione, quando nel collegio delle suore avrebbe voluto la loro quiete e la loro sazietà, o in alternativa quello dei romanzi che divorava, senza avere la cognizione del languore che sentiva.

     

    pia bellentani pelliccia ermellino pia bellentani pelliccia ermellino

    L'amore che non vedeva nei rigidi severi genitori, che ne sorvegliavano l'incipiente esclamativa bellezza, il collo lungo e le gambe raffinate, gli occhi di un meraviglioso inquietante blu sotto la cascata di capelli neri. L'amore che non riconosceva nei numerosi corteggiatori, respinti con naturale freddezza condivisa dalla madre, nessuno all'altezza, nessun uragano. Fino al conte, tanto più grande di lei, tanto ricco e tanto sicuro di sé, se non l'uragano almeno la sicurezza di una mano che sapeva dove condurla.

     

    Ma niente amore, e quindi il vuoto, e quindi la nostalgia di quello che non aveva avuto ma di cui sentiva la mancanza. L'amore che le due figlie non potevano dare, l'amore che non c'era nella ridda di amici importanti, appartenenti al mondo che ballava sul ponte del transatlantico mentre affondava nel povero dopoguerra. Finché arrivò Carlo. Carlo era sbagliato, e quindi giusto. Carlo dalle mille amanti, Carlo dalla moglie straniera e indulgente, Carlo col fascino dell'avventuriero in perenne volo e dai fragorosi atterraggi. Carlo dal sorriso abbagliante e dall'ironia tagliente, Carlo che collezionava cuori infranti come trofei.

     

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    Era Carlo, l'uragano. Era Carlo che diede a Pia il senso e la dimensione esatta di quello che per tutta la vita aveva cercato, senza nemmeno essere sicura che esistesse. Carlo era tutto tranne che la sicurezza: lui era l'incerto, l'instabile, lo sfuggente. Il contrario del conte, il contrario dei genitori, il contrario dell'intero universo che l'accarezzava e la vezzeggiava, che la teneva in una bambagia che Pia comprese immediatamente, con lui, essere una dannata prigione.

     

    Chissà quanto del fascino di Carlo era per Pia nel fatto che l'offendesse. Che per lui contasse poco il blu dei suoi occhi o la bellezza dei capelli, che ne deridesse l'origine meridionale e la squallida eleganza degli abiti, che immancabilmente sottolineasse con allegro sarcasmo le corna del conte. Pia diventò con dolorosa improprietà amica della moglie, rilevandone il disinteresse per altro che non fosse il mantenimento dei figli, e maniacale osservatrice di Mimì, l'ultima amante che la stava scalzando.

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    Bisogna considerare l'amore, per capire perché Pia premette il grilletto. Perché Pia amava Carlo di un amore bestiale, che non ammetteva distacchi e che assomigliava alla morte. Per cui, quando gli chiese un'ultima volta al ballo se era davvero finita e ne ricevette una fredda risata di assenso, Pia sparò dove quel bastardo avrebbe dovuto avere un cuore, e invece aveva solo una pompa che smise istantaneamente di fare il suo sporco lavoro. Solo perché l'uragano aveva smesso di portarla con sé.

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