Tommaso Cerno per "L'Espresso"
È come una finalissima il match Maradona-Fisco. Perché in palio c'è una coppa speciale. Il sogno del Pibe de oro di tornare in Italia e allenare il suo Napoli: "Il tempo risponderà", dice Diego Armando Maradona, 51 anni, dal 2011 alla guida dell'Al Wasl di Dubai. Non punta ad altre panchine, Juve, Inter o Milan, ma solo a quella del San Paolo.
E sceglie la vigilia degli Europei per lanciare l'ultima sfida a Equitalia, un appello (e una lettera) a Giorgio Napolitano: "Tutte le sentenze dal 1992 dimostrano che non ho mai evaso un euro, eppure sono stato umiliato in tutto il mondo. Solo perché mi chiamo Maradona e perché, evidentemente, mi considerano un po' napoletano", si sfoga con "l'Espresso".
Lo scontro con Equitalia proprio adesso. E c'è pure uno sponsor pronto a sostenerla. Che succede, Maradona torna in Italia?
"Io amo l'Italia e desidero con tutto il mio cuore tornare in Italia, anche per aiutare i bambini più bisognosi a giocare al calcio vero".
E un progetto più agonistico, invece: la panchina del Napoli?
"È un bellissimo sogno. E il tempo risponderà".
Cosa le manca più di Napoli?
"I napoletani, l'energia dei tifosi, il sole e l'amore della gente a cui io ho dato tanto naturalmente".
Allenerebbe anche altre squadre in Italia? Come Juve, Inter o Milan?
"Nel mio cuore c'è l'azzurro del Napoli. E il Napoli vinceva e, ancora oggi, batte la Juve. E poi i tifosi napoletani sono una forza della natura".
Per riuscirci deve superare uno scoglio non facile: il fisco contesta una vecchia evasione. Lei dice che non c'è. Come andò?
"Semplice. Io ero solo un dipendente di Ferlaino e della società sportiva Calcio Napoli: se il mio presidente, come dice anche la giustizia italiana, ha sempre pagato bene le tasse per i giocatori e non ha mai imbrogliato, come potrei averlo fatto io da solo che all'epoca avevo appena 25 anni? Questo dicono tutte le sentenze. Ora che ho potuto dire anche alle mie figlie e miei familiari la verità e gridare la mia innocenza sono contento, vorrei dare un calcio a questa storiaccia".
Torniamo allo sponsor: offre 3,5 milioni per chiudere la vicenda. Perché se è innocente?
"Io non chiedo sconti, né privilegi. Ho cercato la pace sociale, ma inutilmente: è come parlare con un robot. Il capo del fisco non mi vuole incontrare, ovvio che non abbia il coraggio di guardarmi negli occhi. Lui sa che non esiste nessuna violazione. Si persevera solo perché mi chiamo Maradona, se mi chiamavo Esposito era diverso. C'erano degli sponsor, sì, che volevano chiudere in bellezza questa operazione, ma mi hanno riferito che il fisco - dimostrandosi ancora cieco e sordo - non si è presentato alle trattative. Non vuole ascoltare i contribuenti, a differenza di quello che dichiara il dottor Befera".
Careca e Alemao fecero ricorso e risolsero tutto. Perché lei non fece come loro?
"Io non ero più a Napoli e ho saputo di questa vicenda solo anni dopo. E cioè dopo che mi hanno strappato orologi e orecchino all'aeroporto, solo per umiliarmi davanti al mondo. Ho cercato di difendermi, ma mi dicevano che non c'era modo perché si trattava di tasse vecchie. Purtroppo la giustizia in Italia non funziona e le conseguenze si vedono: sono innocente non solo perché non ci fu la notifica, ma perché il tribunale ha dichiarato nulle le pretese del fisco riferite a quel 1989".
Crede ce l'abbiano con lei?
"Mi perseguitano ancora, anche dopo aver chiarito tutto. Qualcuno del fisco, che già aveva partecipato alle cause perse contro di me, pur sapendo bene che non era mai esistita nessuna violazione fiscale e che ero estraneo a tutto, mi ha fatto passare agli occhi del mondo, che invece non conosceva le vere carte, per evasore. E mi ha calunniato, forse solo perché ero un po' napoletano e davo fastidio non essendo gestibile. Poi per mia fortuna, e perché Dio mi segue sempre, è arrivato il mio avvocato, Angelo Pisani, un ragazzo napoletano come tutti quelli che mi vogliono bene, che ha avuto il coraggio di smascherare questa cattiveria e di mettersi contro il sistema anche in tv: ora tutti possono leggere le sentenze, anche su Internet, che mi hanno sempre dato ragione".
Che farà adesso per farsi sentire?
"Andrò personalmente dai ministri della Giustizia e delle Finanze e chiederò udienza al presidente della Repubblica. Poi tornerò anche dal papa, per far perdonare chi ha fatto tante cattiverie, che però dovrà pagare di tasca sua i danni provocatimi in questi 25 anni di insulti e pignoramenti".
Lei simbolo delle "vittime di Equitalia". Ricco, famoso... non è un po' troppo?
"Era mio dovere morale dare la solidarietà a chi non ha avuto la stessa mia forza nel difendersi. Tutti subiscono i pignoramenti e interessi scandalosi: da me vogliono ogni giorno 3.500 euro d'interessi per una violazione che non esiste. E che prima era 12 miliardi di lire, oggi oltre 40 milioni di euro. La legge è uguale per tutti, anche in Italia c'è scritto così, non si deve attaccare chi sembra ricco. Io non ho mai rubato nulla, ho sempre giocato e lavorato ogni giorno da quando avevo 13 anni".
Il calcio italiano che trova oggi è sconvolto dalle scommesse. Ai suoi tempi com'era?
"Nei miei anni c'era un altro calcio. Si giocava con i piedi e la testa, collegati al cuore. Si rideva, si esultava e si piangeva. Ora troppi giocano con le carte e con il denaro, inquinando lo sport".
Dopo il primo scudetto il Napoli era lanciato verso il bis. Poi crollò con la Fiorentina. Si parlò di combine: il Napoli di Maradona non poteva perdere così. Che risponde?
"Maradona scendeva in campo solo per la gioia di giocare e per fare festa con i tifosi. Il pallone è tondo si può vincere o perdere, ma non va mai toccato con i soldi. Solo con i piedi, con la testa e con una mossa alla Maradona".
A lei qualcuno chiese mai di vendere una partita del Napoli?
"Mai. Li avrei presi a calci. Non si possono deludere i tifosi, che si sacrificano e piangono per te. E poi questo scandalo fa male troppo ai bambini, che sognano i campioni".
Quanti giocatori devono essere d'accordo per vendere una partita?
"Non me ne intendo proprio, io giocavo col cuore e pensando a Dio, ma ora spetta ai dirigenti controllare. Ai miei tempi c'era solo il Totocalcio, oggi invece ci sono troppi giochi e scommesse di tutti i tipi. Quanta confusione. Ci sono tanti campioni, bisogna far rispettare le regole e liberare il calcio da altri interessi".
Agli Europei l'Italia arriva travolta dalle polemiche. Quante chance dà agli Azzurri?
"Certo la Spagna gioca forte e l'Italia parte sfavorita. Ma quando è ferita come nel '90, l'Italia poi può vincere... il calcio è sempre una sorpresa ed è per questo che è bello".
Alla sua "nemica" Juve darebbe le tre stelle sulla maglia per i trenta scudetti?
"Conta quanto cuore e passione si mette in campo e lo sforzo dei tifosi, non punti o medaglie sulla maglietta per fare bel calcio e vincere le partite".
Maradona è un mito del calcio, ma controverso. Vita notturna, droga, amicizie pericolose. Se torna in Italia, sarà lo stesso?
"Sbagliando si impara. Maradona è cresciuto. Ed ora spero di fare tante altre cose buone anche nel sociale, per i bambini più bisognosi. Così come spero di fare sempre buon calcio, lo sport vero è vita: ti insegna anche a resistere alle tentazioni e ti trasmette tanti valori".
È lei il più grande di tutti i tempi?
"Questo lo deve stabilire il tempo che è il miglior giudice, ma posso sempre sfidare chi vuole sul campo".
Qual è il suo gol più bello? E si è pentito del gol di mano ai Mondiali?
"Il gol più bello è quello contro l'Inghilterra ai Mondiali, dove scartai tutti fino ad arrivare in porta, ma anche i gol alla Juve piacevano tanto ai napoletani".
E quello di mano?
"Non ho mai segnato con le mani e non lo farei mai. Quella fu la mano di Dio e vinse il migliore, con l'altro gol fantastico".
La sfida Maradona-Pelè ha un terzo incomodo: Leo Messi. Argentino come lei. È più grande di Maradona?
"Io e Messi abbiamo anche la "M" in comune, ma quelli di oggi sono altri tempi e quelle in campo altre squadre. Oggi si gioca un altro calcio: io giocavo anche solo contro tutti e ho fatto vincere il Mondiale all'Argentina".
E Pelè?
"A Napoli una delle canzoni più cantate ricordo era "Maradona è megl'e Pelè"...".
2 - MATCH CON LE TASSE ALLA MOVIOLA
Da "l'Espresso"
Ecco le tappe del contenzioso fra Maradona e il fisco.
1984-88 L'Agenzia delle entrate sospetta un'interposizione fittizia nel pagamento degli stranieri del Napoli Maradona, Careca e Alemao per circa 13 miliardi di lire.
1989 Viene notificato al Calcio Napoli e ai giocatori l'accertamento fiscale. Maradona ha lasciato Napoli e non riceve la notifica.
1990 Ferlaino, Careca e Alemao contestano gli accertamenti e fanno ricorso. Partono due
processi.
1992-1994 Il tribunale penale e la commissione tributaria di Napoli annullano gli accertamenti di Ferlaino, Careca e Alemao. Nella sentenza si parla anche dell'estraneità di Maradona.
1998 Il "debito" di Maradona resta nei computer della società di riscossione, in quanto il giocatore non aveva opposto il ricorso.
2001 A Maradona viene notificato un avviso di mora all'aeroporto di Fiumicino. Gli vengono sequestrati due orologi e, in un secondo viaggio, l'orecchino. Nel 2005 viene sequestrato anche il cachet di "Ballando con le stelle"
2010 L'avvocato Angelo Pisani, docente di processo tributario alla Parthenope di Napoli, assume la difesa di Maradona e riapre il caso.