PIERO AMARA
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Nel carcere umbro dov' è rinchiuso, Pietro Amara ha ricominciato a parlare con i magistrati. L'ex avvocato esterno dell'Eni, protagonista delle rivelazioni sulla presunta «loggia Ungheria» che avrebbe riunito giudici, avvocati, politici, imprenditori e alti esponenti delle forze di polizia, deve scontare tre anni e nove mesi di detenzione dopo le condanne per corruzione e altri reati accumulate con i patteggiamenti siglati nei tribunali di Roma e di Messina.
raffaele cantone foto di bacco
Voleva farlo fuori da una prigione, attraverso l'affidamento in prova previsto per le pene sotto i quattro anni, ma il tribunale di sorveglianza ha detto di no. Rientrato in cella a metà luglio, il legale aveva temporaneamente sospeso la sua collaborazione con gli inquirenti che devono sciogliere il mistero Ungheria e altre vicende in cui lo stesso Amara è coinvolto. Ma trascorsa l'estate, è tornato a rispondere alle domande dei pubblici ministeri di Perugia, e di Potenza. E aspetta quelli di altri uffici.
giovanni tinebra
Nel nuovo interrogatorio con il procuratore del capoluogo umbro Raffele Cantone e i sostituti Mario Formisano e Gemma Miliani, svoltosi ai primi di settembre, l'avvocato ha approfondito alcuni aspetti della ipotetica loggia, concentrandosi su episodi specifici che i magistrati hanno ora la possibilità di verificare. Amara ha riempito i precedenti verbali - prima a Milano e poi a Perugia - con decine di nomi altisonanti, venendo poi sommerso, non appena le sue dichiarazioni sono divenute di pubblico dominio, da altrettante denunce (o annunci di denunce) per calunnia da parte dei diretti interessati.
I quali negano la loro adesione alla presunta associazione segreta. In carcere l'avvocato è chiamato a replicare, e per adesso ha rilanciato raccontando fatti che ritiene possano essere riscontrati. Tra i tanti nomi tirati in ballo si sarebbe concentrato sull'ex procuratore di Caltanissetta (poi procuratore generale di Catania) Giovanni Tinebra, morto nel 2017; a suo dire uno dei principali esponenti della loggia.
GIUSEPPE CALAFIORE 1
Al di là del fatto che l'accusato non può replicare, Amara ha ricostruito una storia in cui l'allora magistrato avrebbe svolto un ruolo di mediazione per alleggerire la posizione dell'ex pm di Siracusa Maurizio Musco, amico di Amara successivamente rimosso dall'ordine giudiziario e all'epoca inquisito in un procedimento dov' era contestata addirittura l'aggravante di aver favorito la mafia. Tinebra, secondo Amara, si adoperò per ridimensionare le accuse e aprendo la strada al patteggiamento per un reato minore che poi si sarebbe impegnato a far prescrivere.
Gli inquirenti dovranno ora verificare questa versione per confermarla o smentirla, come hanno già fatto prima di chiedere l'archiviazione per l'ex componente del Consiglio superiore della magistratura Marco Mancinetti, di cui Amara aveva rivelato presunti favori richiesti per il figlio. Gli atti su Mancinetti sono poi stati trasmessi a Milano (dove l'avvocato aveva fatto le sue dichiarazioni) per valutare eventuali calunnie. Anche la Procura di Potenza, che a giugno aveva fatto arrestare e poi liberare Amara nell'indagine su una presunta corruzione, ha raccolto nuove dichiarazioni dell'indagato che ritiene riscontrate in buona parte.
piero amara
La Procura di Catania, invece, ha chiesto l'archiviazione per l'ex procuratore di Gela Lucia Lotti, di cui pure ha parlato l'avvocato, e ora il giudice delle indagini preliminari ha fissato l'udienza per discuterne. Al Csm Cantone ha comunicato che al momento non ci sono altri magistrati romani iscritti sul registro degli indagati, dove invece compaiono (per il reato di associazione segreta) i nomi di Amara e un paio di suoi amici che avrebbero collaborato con lui a raccogliere e conservare le prove sull'esistenza della loggia. Come l'avvocato siracusano Giuseppe Calafiore, che ai pm di Milano ha consegnato registrazioni di colloqui da cui si dovrebbe evincere che «Ungheria» non è un'invenzione.
piero amara luca lotti corrado formigli
La partita che l'avvocato, assistito dai difensori Salvino Mondello e Francesco Montali, ha ricominciato a giocare è quella della credibilità, anche per puntare a uscire dal carcere. Il tribunale di sorveglianza di Roma gli ha negato, per ora, l'affidamento in prova sostenendo che «la condotta collaborativa, fino ad oggi riconosciuta, ben può essere frutto di scelte dettate da opportunità processuale, tant' è vero che essa è stata la condizione necessaria per ridurre la pena e "patteggiare"».
GIUSEPPE CALAFIORE
Tuttavia «l'attività collaborativa è tuttora in corso, e va ancora vagliata l'attendibilità delle propalazioni rese nei numerosi procedimenti giudiziari». Secondo i giudici di Roma quella di Amara è la «personalità complessa di un soggetto invischiato in faccende che si inseriscono in un contesto criminale di spessore che destabilizza totalmente le istituzioni statuali. La vastità delle condotte tenute - affermano - inserite nelle pagine più "nere" che hanno investito i gangli vitali dell'amministrazione della giustizia, è stata tale da aver dominato e inquinato la storia giudiziaria del nostro Paese degli ultimi anni».